“Gli italiani? Colti dalla nascita”
Scrittore, sceneggiatore, docente universitario, storico, giornalista, politico e conduttore televisivo. Tutto questo è stato ed è tutt’ora Giordano Bruno Guerri. Nato a Monticiano (Siena) nel 1950 è da tre anni il presidente della Fondazione “Vittoriale degli Italiani” e quindi custode di un importante patrimonio immobiliare e letterario ereditato da Gabriele D’Annunzio.
Il prestigioso incarico è stato conferito a Guerri a seguito di una sua pubblicazione dedicata al Vate, “L’amante guerriero”, nel 2008. In effetti, rileggendo attentamente la biografia dei due autori, appare evidente come il loro incontro letterario non sia stato il frutto di una semplice coincidenza, ma piuttosto di una logica conseguenza del percorso umano e artistico di Giordano Bruno Guerri, caratterizzato da quella stessa “poliedricità dannunziana” dell’inventarsi ogni volta un mestiere diverso, un nuovo obiettivo da perseguire, arrivando così a “scrivere” capitoli diversi della sua vita sulla quale si potrebbe davvero scrivere un libro, vista la tale ricchezza di spunti ed episodi anche contraddittori ed al di sopra delle righe.
Come nella seconda metà degli anni sessanta quando, trasferitosi a Milano con i suoi familiari, a 18 anni interruppe bruscamente gli studi liceali, preferendo avviarsi al lavoro e improvvisandosi nei mestieri più disparati: dall’apprendista cromatore a venditore di libri a domicilio, da assicuratore a ad addetto alle consegne dei giornali, fino a darsi all’accattonaggio. Solo dopo le proteste del ’68 Giordano Bruno Guerri concluse in un colpo il liceo, iscrivendosi poi alla facoltà di Lettere Moderne dell’università Cattolica di Milano, laureandosi nel 1974 con voto di 110 e lode e presentando una tesi sulla figura del fascista Giuseppe Bottai, la quale venne pubblicata nel 1976 da Feltrinelli con il titolo “Giuseppe Bottai, un fascista critico”.
Sarà questo lavoro ad affermare Guerri come uno degli storici più autorevoli ed innovativi del fascismo, considerato anche uno dei padri del revisionismo. E l’autore senese, definitosi agnostico, nel tempo non ha mancato di rivolgere critiche accese alla Chiesa cattolica che, per tutta risposta, lo ha ripetutamente richiamato e infine scomunicato. È accaduto nel 1985 e poi ancora nel 1993 quando Guerri ha pubblicato rispettivamente un primo libro, dedicato alla figura di Santa Maria Goretti, ed un secondo, un saggio-inchiesta sui confessori. Successivamente, lo storico toscano ha avviato la sua carriera giornalistica, arrivando a dirigere la rivista “Storia Illustrata”, nel 1985, e il quotidiano “L’indipendente”, dal 2004 al 2005.
Negli anni novanta, inoltre, e nei primi anni 2000, l’artista ha più volte lavorato in televisione in qualità di conduttore e sceneggiatore di fiction storiche. Oggi, a seguito del suo alto incarico al “Vittoriale degli Italiani”, Giordano Bruno Guerri è stato nominato dall’amministrazione comunale di Pescara “città dannunziana”, per l’anno in corso, super consulente dell’immagine cittadina, scatenando le ire dell’opposizione che non ha digerito il principesco cachè da 90mila euro, con l’incarico di organizzare e sviluppare al meglio gli eventi culturali e dannunziani previsti, prossimamente, nella città natale del Vate.
Professore, nella sua vita ha fatto di tutto: qual è l’aspetto che più privilegia del suo lavoro?
«A me piace molto scrivere. L’ho dimostrato pubblicando, forse, un numero anche eccessivo di libri. Del resto mi piace agire. Il lavoro dello storico è un lavoro di grande solitudine, mentre lavoro molto bene in gruppo, come accade per il mio incarico al “Vittoriale” e qui a Pescara dove opero in stretta collaborazione con il sindaco, con gioia ed entusiasmo, perché questa è una città fantastica che va assolutamente valorizzata. Conto che ci riusciremo molto presto, attraverso un nuovo modo di fare le cose. Un modo originale, non banale, non qualsiasi, ma pensato e studiato».
Che idea si è fatto della cultura pescarese e quale sarà il suo apporto alla città?
«Pescara ha una vita culturale intensissima. Io ho già incontrato tutti i protagonisti e non ho mai cessato di fare scoperte. Infatti, c’è un insieme di attività notevole per qualità e quantità, ma purtroppo succede che talvolta si accendono mille candele e non si riesce a fare un falò, perché non ci si unisce. Quello che ora sto cercando di fare è proprio accendere il falò unendo le candele. Per questo ho incontrato tutti gli artefici della cultura pescarese, Edoardo Tiboni, Nicola Mattoscio, Lucio Fumo, e penso che metteremo tutte le manifestazioni estive sotto un unico cartellone, con un unico nome. Questo aiuterà enormemente la comunicazione non solo alla cittadinanza, ma anche verso l’esterno perché tutto quello che non viene comunicato, ahimè, non esiste».
Ha in mente un obiettivo particolare che vorrebbe realizzare a Pescara?
«Ne ho tanti, ma uno in particolare, che servirebbe a dimostrare che la cultura non è solo quella classica come D’Annunzio, sarebbe la realizzazione di una grande fiera mondiale dell’innovazione. Pescara è anche una città estremamente moderna, dinamica, commerciale, industriale e bisogna apprezzare questo aspetto».
Essendo lei direttore del “Vittoriale degli Italiani”, potremmo dire che ad unirla alla nostra città sia indubbiamente la passione per Gabriele D’Annunzio. A suo parere, nella sua vita, il Vate cosa si è portato dietro della sua terra d’Abruzzo e oggi, è veramente ricordato per quello che realmente è stato?
«La figura di D’Annunzio, purtroppo, è stata distorta dai pregiudizi politici. È passato per un proto-fascista, mentre era un libertario come dimostra la costituzione che scrisse per la città di Fiume, uno dei testi legislativi più avanzati e moderni del Novecento. Viene fatto passare per un decadente e invece era un modernizzatore assoluto. Era sempre avanti a tutti gli altri per ogni cosa: nella politica, nella società, nel costume, nella letteratura. Gli va restituita, e ci stiamo riuscendo, un’immagine nuova e vera. Dell’Abruzzo, poi, ha preso tutto: le radici, le tradizioni culturali, il gusto e la gioia di vivere che io ritrovo in questa terra meravigliosa, sempre amata da D’Annunzio. Non a caso sabato 12 Marzo, nel giorno d’anniversario della sua nascita, io porterò a Pescara una mostra che sta facendo il giro del mondo. Esporremo molte cose, oggetti abruzzesi che il Vate custodiva in casa, con amore».
La cultura, in Italia, di questi tempi sta attraversando un momento di crisi. Il ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, stava per essere sfiduciato e, attualmente, vede ancora tremare la sua poltrona. Come sta davvero la cultura in Italia e da dove ripartire per rilanciarla?
«Ma la cultura, in Italia, sta benone! Perché noi siamo un popolo colto dalla nascita, che nei secoli ha accumulato il senso del bello. Da qui è arrivata tutta la nostra potenza nel design, nella moda, nello stile e nel gusto. Siamo un popolo che ha il senso del bello: questa è la base della cultura. Poi ci sono gli incidenti, ovvii, che accadono per via dell’incuria, per una cattiva amministrazione, che non dipendono certo da Bondi. L’episodio del crollo del muro a Pompei, è stato un attacco politico. Quindi non serve ripartire, si tratta di continuare, di studiare e soprattutto di curare molto la scuola. Perché è quest’ultima il vero problema del paese. Deve essere più formativa dando maggior attenzione ai ragazzi, dalle scuole materne fino all’università».
Giorni fa, Massimo Cacciari affermava dalle pagine de “L’Espresso” che, in Italia, ci sia il rischio di guardare sempre al passato, senza che la cultura di adesso permetta di creare la storia del futuro: cosa ne pensa?
«È il rischio che si corre in tutti i tempi. Ma io da storico, pur con tutta la stima per Cacciari, so che in ogni periodo si sono rimpianti i tempi andati, dicendo che era sempre meglio una volta. Non è vero, non lo sapremo finché non sarà passato un po’ di tempo. Magari oggi abbiamo degli artisti, degli scrittori che non comprendiamo, ma di cui un giorno si dirà che sono grandissimi. Io lo credo e me lo auguro».
Nella sua lunga carriera, lei non ha mancato di rivolgere dure critiche alla Chiese, ricevendone dalla stessa altrettante. In realtà, qual è la sua posizione: la sua è una critica costruttiva?
«Io sono agnostico, non religioso. La mia critica alla storia, all’attualità della Chiesa è puramente storiografica. Io ho scritto in particolare un libro “Gli italiani sotto la Chiesa”, che ora sto aggiornando, in quanto la Chiesa è una realtà umana e quindi passibile di errori , e di errori ne ha fatti parecchi».
E qual è la sua opinione sulla Chiesa attuale?
«Sta migliorando, è sulla buona strada. Certamente trovo che la Chiesa si stia modernizzando. Procede sempre con una prudenza maggiore rispetto alle altre realtà sociali, ma questo è comprensibile perché la Chiesa ha tempi millenari, lunghissimi. Però, mi sembra ci siano delle novità importanti».
Quanto durerà il suo incarico a Pescara?
«Io spero a vita, ma il contratto è annuale».