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Quale Chiesa?

Come si può fraintendere lo spirito di un testo nell’esatto opposto del suo contenuto

Avevamo premesso che saremmo giunti a vedere come e perché la Dominus Iesus era stata (ed è tuttora) punto di seria crisi tra i cristiani; d’altra parte dovremmo pure capire perché è stato scritto un documento come quello, che in fondo non fa che ribadire poche semplici cose che sappiamo da venti secoli a questa parte. Già, e le due questioni sono in fondo collegate, perché la Dominus Iesus è stata più un evento che un documento. Eppure – si potrebbe obiettare – se in fondo il testo parla della presunzione di Cristo e di quella della Chiesa, al limite dovrebbero scontentarsi soltanto i non-cristiani, ovvero quella marea di gente che verrebbe a sentirsi dire che per quanto sia buona e brava in realtà non può salvarsi in alcun altro modo che mediante Cristo e mediante la sua Chiesa.

Invece no: sono stati soprattutto i cristiani a litigare tra di loro, per questo documento, perché dovendo trattare la suddetta questione c’era un punto che non poteva essere eluso – qual è la Chiesa di Cristo?

La domanda è tutt’altro che banale, se si pensa che sì e no un secolo fa la cristianità aveva visto germinare più o meno al suo interno un fenomeno culturale (chiamato “modernismo”) che aveva delle idee piuttosto chiare, in merito: «Gesù ha predicato il Regno, ed è venuta la Chiesa» (A. Loisy). Il fatto che quest’idea è tutt’altro che scomparsa dal sentire comune degli uomini denota che c’è una questione rimasta in sospeso: che legame c’è tra Gesù e la Chiesa? Come ad aggiungere, in commento: «No, perché se Gesù non ha fondato alcuna Chiesa, e se la Chiesa non c’entra niente con Gesù, allora è arbitrario trattare congiuntamente le due pretese di Cristo e della Chiesa». Ecco perché, fin dal secondo secolo dopo Cristo, i cristiani si sono sempre adoperati a mostrare (a suon di genealogie episcopali e di documenti di età apostolica) la continuità sussistente tra le loro comunità e l’intenzione originaria di Gesù, che doveva essere precisamente quella di fondare la Chiesa.

Ora, di nuovo, quale Chiesa? Già, perché i cristiani, nel frattempo, per tante e diverse storie si sono divisi molte volte e in molti modi, dall’antichità fino ai nostri giorni: in questo modo la cosa che Gesù ha vivamente raccomandato – «che siano tutti una cosa sola, perché il mondo creda» (Gv 17,21) – è stata molte volte sfregiata e calpestata. La conseguenza di questa prevaricazione non è semplicemente morale, bensì è tale da impedire di comprendere la continuità tra Gesù (con quello che ha inteso lasciare al mondo in concomitanza con l’invio dello Spirito) e le Chiese. La Chiesa di Roma aveva guadagnato prestissimo una grandissima autorità tra le altre Chiese, prima soprattutto in Occidente ma immediatamente a seguire anche in Oriente; è avvenuto che essa sia stata il baluardo più saldo della cristianità tardo-antica contro la dissoluzione che le migrazioni dei popoli germanici comportavano. Il fatto è che nel corso dei secoli essa ha accostato alla sua grande autorità apostolica anche una strepitosa continuità di permanenza nella confessione della retta dottrina a dispetto delle dottrine eterodosse che qua e là continuamente pullulavano. Roma ha parlato dunque come una Chiesa che si esprime per tutte le Chiese rivolgendosi a tutte le Chiese: naturale, quindi, che il suo asserto più secco sia stato questo: «La Chiesa di Cristo è la Chiesa cattolica» (questo è il succo dell’ecclesiologia del Concilio di Trento e del Concilio Vaticano I). E quindi? Che cosa ne è degli ortodossi? E dei protestanti?

E la Dominus Iesus che dice in merito? Il documento di cui parliamo, a dire il vero, raccoglie il contenuto della dottrina di Trento e del Vaticano I preferendo tuttavia alle loro formule una nuova – geniale! – che ha fatto la sua comparsa nella Costituzione Dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II (al n. 8): «La Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica». Dov’è la genialità? Un’espressione come questa permette di comprendere che anche il precedente (più secco) “è” non va compreso nel senso che fuori dalla Chiesa cattolica non c’è la Chiesa di Cristo, bensì nel senso che nella Chiesa cattolica sono stati conservati tutti gli elementi essenziali della Chiesa che Gesù Cristo ha voluto e fondato. Ecco, adesso magari diventa meno ostico intuire le ragioni dell’orticaria venuta a tanti cristiani non cattolici: si potrebbe intendere, con questa formula, che c’è una Chiesa di serie A e delle Chiese di serie B. Anzi, alla serie B si dovrebbe aggiungere una “serie C” tale da non poter essere designata neanche con la parola “Chiese”, bensì con la perifrasi “comunità ecclesiali”. Il Concilio Vaticano II ha scelto quest’espressione per indicare quei gruppi di cristiani la cui conformazione (pur richiamandosi essenzialmente alla professione di fede in Gesù Cristo) difetta di molti e vistosi tratti distintivi del tipo di gruppo voluto da Gesù – sono le comunità che non hanno conservato i sacramenti, una chiara successione capace di stabilire una connessione tra quella comunità e le radici apostoliche che ogni Chiesa ha…

Va da sé, quindi, che non poche comunità protestanti (specie quelle di fondazione più recente, che davvero talvolta conservano appena l’indispensabile perché possano dirsi gruppi di cristiani!) si sono sentite molto urtate dalla Dominus Iesus, che ha ritenuto necessario servirsi di quell’espressione conciliare per far fronte ad alcuni problemi teologici.

Ma vediamo un po’ cos’hanno detto. Ermanno Genre, della Facoltà Valdese di Teologia di Roma, scrive: «La Dominus Iesus è talmente ossessionata nel difendere la vera dottrina, che non si accorge di calpestare la dignità delle persone, dentro e fuori la Chiesa, dentro e fuori il cristianesimo» (su Camillianum 1, 185-194). Il tono dei commenti si aggira in generale attorno a questi standard, normalmente senza grandi spunti di riflessione. Fa eccezione la nota di Giovanni Traettino, presidente delle Chiese evangeliche della Riconciliazione, il quale afferma che considerando il «tentativo di recupero della figura e del pontificato di Pio IX (il papa del Vaticano I), affiancato – in un gioco di equilibri “religiosi”, politici e teologici preoccupante – alla figura e al pontificato di Giovanni XXIII (il papa del Vaticano II) [e] si avrà la misura del tentativo di “normalizzazione” antiprogressista in atto in Vaticano». Qui c’è qualcosa di molto chiaro (e di altrettanto non condivisibile): si presuppone aprioristicamente che i due Concilî vaticani siano diametralmente opposti tra loro per spirito e dottrina, quindi si cerca di screditare quel consueto processo di rilettura del passato sulla spola tra le origini e il presente che costituisce precisamente la spina dorsale della Tradizione cristiana. Davanti a una dinamica tanto articolata e fine, le categorie di “conservatori” e “progressisti” sono strumenti concettuali di rozzezza paleolitica.

Non sono stati però i protestanti a fare le letture più deformate della Dominus Iesus, e lo mostriamo con uno stralcio di La Repubblica (che dà talvolta l’idea di avere per unico scopo la diffamazione della Chiesa in Italia, “quindi” anche del Vaticano): «La Dichiarazione sostiene con forza che esiste un’unica Chiesa di Cristo, quella cattolica […]. Secondo il documento in questione la posizione dei seguaci delle altre religioni è ancora più drammatica, perché si trovano in una oggettiva situazione gravemente deficitaria rispetto a quella della Chiesa Cattolica» (La Repubblica, 7 settembre 2000). Ecco così allegramente misconosciuto lo sforzo del pensiero atto a tenere insieme con quel “sussiste” la necessità di individuare delle sicurezze nell’identificare la Chiesa di Cristo con l’opportunità di non negare acriticamente gli evidenti frutti che il multiforme Spirito del Signore porta “dove vuole”.

Meno irrazionali gli ortodossi, che anzi riconoscono alla Dichiarazione il merito di aver ribadito la necessità d’individuare una connessione tra il semplice fenomeno ecclesiale e la Chiesa che Gesù Cristo ha fondato. Si chiede Michail Evdokimov: «Era proprio necessario giustapporre in uno stesso testo una messa in guardia contro il relativismo interreligioso e una contro il relativismo ecumenico, in cui sono prese di mira le Chiese della Riforma?» (Service Orthodoxe de Presse, 21). Ciò che il Russo sembra temere è la possibilità che davvero la “serie C” di cui dicevamo prima risulti troppo pesantemente declassata. D’altro canto i russi riconoscono pure che ciò che altri avrebbero poi chiamato “ecumenismo delle coccole” non risolve affatto i problemi esistenti, e magari ne solleva di nuovi. Scrive Aleksej Judin a proposito del’“ecumenismo romantico”: «Del resto si trattava davvero di illusioni, bellissime ma pur sempre tali, dei grandi romantici dell’ecumenismo, i quali non si accorgevano o non volevano accorgersi che il loro tentativo di smussare o erodere i criteri inflessibili dell’ecclesiologia cattolica, nel desiderio sincero di avvicinarsi all’ortodossia, non solo non incontrava un’adeguata risposta dall’altra parte, ma spingeva in un vicolo cieco lo stesso procedere del dialogo» («La Dominus Iesus vista dalla Russia», in La nuova Europa 6, 19).

Quasi una situazione di stallo, dunque, della quale conviene prendere onestamente atto, e la Dominus Iesus sembra un documento ben consapevole di tali difficoltà, anzi visibilmente animato dall’urgenza di ribadire poche cose, (teoricamente) ben note, messe a repentaglio dalla temperie culturale dominante.

 

About Giovanni Marcotullio (156 Articles)
Nato a Pescara il 28 settembre 1984, ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio "G. D'Annunzio" in Pescara. Ha studiato Filosofia e Teologia a Milano, Chieti e Roma, conseguendo il titolo di Baccelliere in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Prosegue i suoi studi specializzandosi in Teologia e Scienze Patristiche presso l'Institutum Patristicum "Augustinianum" in Roma. Ha svolto attività di articolista e di saggista su testate locali e nazionali (come "Il Centro" e "Avvenire"), nonché sulle pagine della rivista internazionale di filosofia personalista "Prospettiva Persona", per la quale collabora anche in Redazione.
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14 Comments on Quale Chiesa?

  1. nunzia scarpa // 29 Giugno 2011 a 14:56 //

    Gesù ha fondato una chiesa …..non un edificio opera d’uomo, ma qualcosa di grande e spirituale in ogni cuore dove Gesù vive c’è un pezzetto di chiesa

    • è vero Nunzia, ma la Chiesa che Gesù ha fondato non è un accessorio che arriva “dopo” che uno incontra Gesù e comincia a credere in lui. Di fatto non sapremmo neanche il nome di Gesù, senza l’annuncio della Chiesa: anche se uno avesse incontrato Gesù solo leggendo un Vangelo dimenticato su un tavolo da uno sconosciuto, quel Vangelo (che è tra le prime opere letterarie della Chiesa) non sarebbe mai giunto lì senza la Chiesa. Nella Chiesa, come nella vita e nelle famiglie, si è già da sempre immersi, fino al momento in cui – magari dopo una crisi e una ribellione – ci si rende conto positivamente di esserci. Ogni volta che la Chiesa viene intesa come meramente spirituale c’è qualcosa che non quadra: Gesù è vero uomo, di vera carne fisica, senza smettere per questo si essere il vero Figlio di Dio – così dev’essere anche la sua Chiesa.

    • giuseppe // 30 Giugno 2011 a 17:12 //

      Brava Nunzia. Dio è architetto e savio costruttore. L’edificio è spirituale. Anche l’uomo costruisce, edifica torri che dovrebbero arrivare al cielo, sceglie gerarchie ed adotta sistemi, ma le lingue vennero, e sono confuse. Continuiamo a guardare al cielo da dove ci viene l’aiuto per continuare il cammino. Non disprezziamo quanti si affaticano nell’organizzare e gestire templi, tante anime pie operano disinteressatamente per amore di Gesù, molti anche con sacrificio, e meritano tutto il nostro rispetto, ma le chiese non sono la chiesa. (Luc. 12:32)

      • Povero Paolo, allora, che si prendeva pena per “tutte le chiese” (2Cor 11,28). E quella famosa colletta? E perché tutta quella politica tra apostoli, quelle mezze dichiarazioni, quelle raccomandazioni… perché tanta simulazione machiavellica per un edificio meramente spirituale?
        Chi lavora per Gesù non merita solo rispetto, ma gratitudine, perché si tratta di servi di Dio che hanno cura delle membra doloranti del corpo di Cristo. “Doloranti” è scritto, perché infliggiamo alla carne immacolata del Verbo le nostre innumerevoli contraddizioni; e tuttavia gli arti lacerati del corpo di Cristo chi vorrà amputarli?

        • giuseppe // 1 Luglio 2011 a 17:30 //

          L’Evangelo è eterno, ma i tempi e le circostanze cambiano,e la luce, per quelli che si dispongono a riceverla, cresce. Ognuno risponde per la luce che ha. Rispetto meritano anche quelli, che pur amando lo stesso Dio e i propri simili, sentono di poterli servire meglio entrambi liberi da appartenenze e vincoli chiesiastici. (Luc. 9:49-50)

          • Che confusionario Luca, allora! Ma come, dopo aver spiegato chiaramente che si può ritenere a ragion veduta di servire meglio Dio e gli uomini “liberi da appartenenze e vincoli chiesastici” – secondo la tua illuminante esegesi – l’evangelista smemorato si sarebbe dato a ricordare che Gesù disse ai suoi: «Chi ascolta voi ascolta me»? Non solo, ma avrebbe anche rincarato la dose: «Chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10,16). Com’è scritto male, questo Evangelo! Oppure forse la questione della Chiesa è tutt’altro che ininfluente per il contatto con Gesù…

  2. giuseppe // 28 Giugno 2011 a 12:09 //

    L’ossessione cattolica romana di accreditarsi come unica e vera chiesa si è sempre espressa in molte forme, una più sconclusionata dell’altra. Sconfortante prenderne atto, e ancora più sconfortante vedere quanti perdono tempo a contrastare la carne con la carne. L’ecumenismo, quello tutto umano di ricerca di unità fra chiese, è un male assoluto. La vera unità è nello spirito dei veri credenti che vivono fuori e dentro le chiese.Grazie a Dio, in questo panorama desolato c’è un rimanente che oltre a sentirsi estraneo al mondo si sente estraneo al mondo religioso e alle sue manovre politiche.

    • Posizione legittima, Giuseppe, ma altrettanto opinabile. E se ti chiedessi di mostrarci come e perché dovrebbe essere sufficiente vivere l’unità “nello spirito” laddove la Chiesa di Cristo è attestata essere suo corpo vivo e vivificante, tu che diresti? Concretamente, non vorrai negare che tanti, tantissimi di quelli che tu dici vivere “fuori e dentro le chiese”, di fatto vivono “dentro” la chiesa cattolica romana, e alcuni di loro avranno anche raccolto l’ansia ecumenica disseminata dal Redentore, senza dimenticare la storia del cristianesimo e la grazia immensa che per esso è stata ed è Roma.

      • giuseppe // 28 Giugno 2011 a 15:34 //

        Caro Giovanni è chiaro che includevo la chiesa romana fra quelle dove non mancano i santi, quelli in carne ed ossa, che adorano e servono il Padre nella maniera a Lui gradita. Alle tue oneste domande rispondo proponendoti la lettura di un libro dove troverai (se leggerai senza pregiudizio) qualche risposta. Nel link che segue trovi la prefazione.
        Se vorrai ti segnalerò altro link che contiene il resto.

        http://laparola.org/e107_files/downloads/Giuseppe%20Petrelli%20pdf/La%20Chiesa,%20la%20invisibile.pdf

        • Gentile Giuseppe, ho letto con interesse la prefazione del testo, e sono pronto a leggere il resto. Non parto da pregiudizî, ma difficilmente non concludo la mia analisi con un giudizio (come hai fatto tu, del resto: bisogna mettere alla prova gli spiriti, per vedere da dove vengono, giusto?). Finora non vedo, nel testo, convincenti risposte alle mie domande, che tu hai definito “oneste”, ma di certo non ho paura della verità…
          Ti sono comunque grato per esserti inserito nella discussione, e spero tu voglia continuare a farlo.

          • giuseppe // 29 Giugno 2011 a 01:11 //

            http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/LA-CHIESA-LA-INVISIBILE/D5387712.html

            Sarò lieto di confrontarmi, conoscere il tuo pensiero, e farti conoscere il mio, nel reciproco rispetto.
            Il mio unico scopo è quello di condividere il mio amore per il Signore con quanti sono interessati a Lui, alla Persona di Cristo, e al divino piano d’amore per ogni singolo credente e per l’intera umanità.
            Dispuste dottrinali e beghe chiesastiche le lascio volentieri ad altri.
            La pace di Gesù.

    • La politica è un’implicazione necessaria di una Chiesa incardinata nel mistero dell’incarnazione: non è ingenuo e (a dirla tutta) utopistico illudersi di poter prescindere dalle forme storiche del cristianesimo senza venir meno al comando del Signore – di lavorare per l’unità visibile?
      Chi vorrà negare l’immensa verità umana di tante pagine poetiche (non parlo della sola Scrittura)? E a quale medico, tuttavia, verrà in mente di curare un blocco renale o una congestione intestinale suggerendo al paziente di concentrarsi su una lirica di Hoelderlin?

  3. Pier Giorgio Giorgi // 27 Giugno 2011 a 14:14 //

    Le difficoltà non ci devono scoraggiare. Noi cristiani siamo uomini del dialogo e come tali dobbiamo continuare ad avere rapporti con i fratelli non cattolici e con le altre religioni secondo lo Spirito di Assisi, quella magnifica intuizione di Giovanni Paolo II che nell’ottobre del 1986 convocò nel capoluogo umbro i rappresentati di tutte le religioni del mondo affinchè pregassero insieme l’unico Dio per la Pace. Papa Wojtyla era uomo di preghiera. Prima di ogni incontro importante si ritirava nella sua cappella privata a pregare. A volte pregava per una notte intera prima di ricevere un capo di stato o ledear religioso. Ecco,…

    • Pier Giorgio Giorgi // 27 Giugno 2011 a 14:15 //

      Ecco, perchè qualunque dialogo possa portare frutto bisogna partire dalla preghiera e dall’invocazione allo Spirito Santo. Dobbiamo avere fede perchè la presenza di Dio riconduce tutti all’unità.

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