Lape Dream, la rinascita dopo la violenza
Dal 2007 ad oggi 89 donne a Pescara hanno ricominciato una nuova vita sfuggendo ai soprusi, alle violenze ed alle torture subite nei loro Paesi d’origine perennemente sconvolti da rivolte e guerre civili: dati, questi ultimi, da ricordare all’indomani della Giornata mondiale del Rifugiato. Parliamo di donne single e madri con bambino prevalentemente africane, 23 nigeriane, 19 eritree, 14 somale, 5 camerunensi e non solo, aventi o in attesa di ricevere lo status di rifugiato politico, ora definito di protezione internazionale, che hanno trovato posto fra i 15 a disposizione nella Casa “Lape Dream”, ovvero Laboratorio pescarese donne rifugiate ed asilanti in movimento, di via Stradonetto.
È questa l’oasi di pace, gestita dalla Caritas diocesana su progetto del Comune di Pescara, nella quale donne con alle spalle la prigionia nelle carceri libiche a seguito degli accordi sui respingimenti, solo per aver cercato di arrivare in Italia per scampare alle violenze della primavera araba, vittime dell’infibulazione o dei matrimoni combinati, hanno 6 mesi per rinascere a nuova vita, integrarsi nel nostro Paese, trovare un lavoro e rendersi autonome: «Al loro arrivo – ha raccontato Luigina Tartaglia, operatrice dell’accoglienza – incontriamo donne disorientate dal punto di vista emotivo, in quanto fuggendo non hanno un progetto definito e vivono il trauma dello strappo».
Il tutto parte con una richiesta fatta pervenire in Questura, la quale rilascerà lo status di protezione avendo compiuto le verifiche del caso, nel frattempo grazie alla banca dati dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, le donne vengono indirizzate alla casa “Lape Dream” dove trovano un alloggio, un kit igienico e viveri per una settimana. Da qui parte il vero riscatto con la frequenza di corsi di italiano, corsi di cucina ed economia domestica:«Così – ha spiegato Teresa Taricani, operatrice legale – inizia l’orientamento lavorativo, con la redazione di un curriculum vitae e l’inserimento nelle liste del Centro per l’impiego. L’80% di loro trovano lavoro presso famiglie, ristoranti, stabilimenti e aziende private, nonostante la crisi abbia ridotto anche a loro molte possibilità».
Insomma per molte delle ospiti è stato possibile realizzare il sogno di una nuova vita, vissuta da donne libere, andando a vivere in una casa tutta loro dopo 6 mesi indimenticabili vissuti a casa “Lape Dream”: «A volte – ha ricordato Alessia Nespoli, operatrice sociale – per loro è dura, ma anche se alcune donne non ottengono risultati concreti, attraverso quest’esperienza riescono comunque a trovare le risorse interiori per farcela. Noi siamo solo un supporto».