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Il Papa, il Concilio, la Chiesa: «Io c’ero, noi ci siamo»

Dai sampietrini antistanti la Basilica Vaticana, stamane, pulsava il cuore della fede.

Più di una volta Benedetto XVI ha scandito con gioia particolare i radi gradini sul sagrato della basilica vaticana. Quando, ancora cardinale, presiedette le esequie di Giovanni Paolo II, certo, e quando poi ebbe la consolazione di proclamarlo beato; quando compì ottant’anni e in diverse altre occasioni. Quella di questa mattina non può considerarsi inferiore ad alcuna delle altre: cinquant’anni fa il trentacinquenne Joseph Ratzinger accompagnava Josef Frings, il grande cardinale arcivescovo di Colonia, come consulente teologico, e sarebbe stato durante tutte le sessioni del Concilio quasi i suoi occhî, visto che il porporato era ormai pressoché cieco. Resa un po’ roca dai decennî e dall’emozione, la medesima voce che suggeriva gli interventi a Frings risuonava oggi isolata, in tutta Piazza San Pietro, ad aprire il solenne anniversario giubilare dell’apertura del Concilio.

Benedetto XVI ha voluto salutare con particolare affetto i pochi che, tra i presenti oggi, sono stati testimoni come lui (quantunque con ruoli differenti) della grande assise conciliare di mezzo secolo fa; non ha permesso, però, il Papa, che la celebrazione odierna prendesse la piega e il profumo di una rimpatriata – al contrario, la nota dominante di tutta la celebrazione è stata la continuità dei due eventi tra loro e con tutta la tradizione, dal passato verso l’avvenire, heri, hodie, semper.

Nessuno, tra quanti hanno imparato a gustare il profilo sobrio delle celebrazioni di Benedetto XVI, si aspettava un’autocelebrazione, ma l’intelligenza teologico-spirituale del Papa è andata ancora oltre, dal momento che neanche i Padri Conciliari, e neppure lo stesso Concilio, sono stati veramente il fulcro del memoriale misterico di stamane: i Padri sono stati ricordati con venerazione, e del Concilio sono stati esaltati i documenti diretti e i prodotti indiretti (in particolare il Catechismo della Chiesa Cattolica), ma tutto questo sarebbe stato ancora il segno di una Chiesa trionfalistica e immemore del patrimonio di autoconsapevolezza riacquisito particolarmente in quest’ultimo concilio.  «Il Vangelo di oggi – sono parole dell’omelia di Benedetto XVI – ci dice che Gesù Cristo, consacrato dal Padre nello Spirito Santo, è il vero e perenne soggetto dell’evangelizzazione. “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18). Questa missione di Cristo, questo suo movimento continua nello spazio e nel tempo, attraversa i secoli e i continenti. È un movimento che parte dal Padre e, con la forza dello Spirito, va a portare il lieto annuncio ai poveri di ogni tempo – poveri in senso materiale e spirituale».

S’è celebrata una Chiesa mediana, stamane: mezzo necessario della felicità di ogni uomo; necessaria in quanto mezzo, per la salvezza di tutti. Tale felicità può darsi – è il senso dell’esistere stesso della Chiesa – solo nella fede di/in Gesù Cristo: la voce di Benedetto XVI ha sussultato di viva partecipazione, quando per l’ennesima volta è tornata a declinare il problema dell’interpretazione corretta del Concilio: «Se oggi la Chiesa propone un nuovo Anno della fede e la nuova evangelizzazione, non è per onorare una ricorrenza, ma perché ce n’è bisogno, ancor più che 50 anni fa! E la risposta da dare a questo bisogno è la stessa voluta dai Papi e dai Padri del Concilio e contenuta nei suoi documenti».

La Chiesa si rinnova riattingendo se stessa alla propria fonte, che è il Cristo vissuto e tramandato dallo Spirito nella propria storia. Ecco perché Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, ha osservato: «Abbiamo contemplato il rinnovamento dello spirito e “il ritorno alle origini” attraverso lo studio liturgico, la ricerca biblica e la dottrina patristica». La piazza restava attonita, al sentire un patriarca ortodosso costantinopolitano prendere la parola – e prenderla così – davanti alla tomba del Principe degli Apostoli.

Come in un’ecografia, l’antica Roma – così viene chiamata nei documenti dei concilî ecumenici – ha visto pulsare in sé, sotto e oltre coltri di chiacchiere ed eterni vecchiumi, il cuore della fede che rende la vita bella e felice.

 

About Giovanni Marcotullio (156 Articles)
Nato a Pescara il 28 settembre 1984, ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio "G. D'Annunzio" in Pescara. Ha studiato Filosofia e Teologia a Milano, Chieti e Roma, conseguendo il titolo di Baccelliere in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Prosegue i suoi studi specializzandosi in Teologia e Scienze Patristiche presso l'Institutum Patristicum "Augustinianum" in Roma. Ha svolto attività di articolista e di saggista su testate locali e nazionali (come "Il Centro" e "Avvenire"), nonché sulle pagine della rivista internazionale di filosofia personalista "Prospettiva Persona", per la quale collabora anche in Redazione.
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  1. «…e dite loro che è del Papa»

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