Il Presidente: si gioca, ma non è un gioco
Questa notte non ho dormito per Marini. Non era un sogno con Valeriona, non ho dormito, ho detto, ma semplicemente dei crampi ai pensieri hanno disturbato il sonno in un contorcersi di riflessioni che hanno un capo e non hanno un termine. Ho iniziato dicendo, «per fortuna che non c’è Marini», Franco, l’abruzzese. Poco dopo, però, l’esclamazione che sembrava potermi assicurare ore di cuscino tranquille ha incurvato il punto esclamativo in una domanda. «Perché Marini no?». Un interrogativo senza risposta, o con più risposte… insomma è la stessa cosa. Come è possibile che un candidato nelle liste del Pd, tra i fondatori del partito democratico, non sia sostenuto dai suoi compagni? E come è possibile che la sua piccola “amica” di lista, la capolista, abbia non solo non votato la sua spalla preelettorale in palchi e piazze, ma addirittura vantato il boicottaggio?
Subito la risposta: «perché Marini non è voluto dalla gente, nemmeno i suoi conterranei l’hanno sostenuto». Girato il cuscino ho pensato finalmente al tepore del cotone abbottonato del guanciale. Occhi chiusi, pensieri spenti, in standby, ma come ogni calcolatore che si rispetti pronto a riaccendersi al primo quesito. «Ma i voti degli abruzzesi, nel tanto discusso sistema elettorale, erano tutti per la Pezzopane?». Ho riacceso la luce, «evidentemente No, almeno questa risposta era più chiara».
Ho scelto allora di alzarmi, di prepararmi un buon caffè e di iniziare le equazioni, «perché un risultato ai miei calcoli – mi sono detto – dovrà pur esserci!».
«Ma sì, è ovvio – ho continuato – i compagni non vogliono nessun accordo con Berlusconi». È chiaro, nonostante le percentuali per la governabilità e le responsabilità sul difficile periodo dovrebbero portarci ad altro! Lo avevo già scritto tra le speranze di maturità democratica dell’editoriale post-elettorale.
E allora perché il “povero” Franco, perché proprio lui, che, ora, addirittura, non si arrende e spera nel quarto scrutinio? «Che strano Pier Luigi, si è preso gioco del suo gruppo, li ha traditi» – ho pensato – eppure Bersani non è nuovo al mondo parlamentare, è un “vecchio” del sistema ed è certamente più intelligente di un inciucio. «Che non si siano giocati il nome del “povero” Marini, offrendogli punti simpatia, come a Berlusconi in campagna elettorale, solo per tentare di accontentare il centro destra e per accattivarsi, nel tentativo “guarda un po’” non riuscito – ma probabilmente programmato – qualche voto di fiducia al governo?». Tutto sembrava ritornare, i risultati sono così più coerenti e hanno un senso in questo modo le fughe di Bersani dai giornalisti il giorno prima del voto, la scelta per Marini come colpo di testa del bolognese, l’abbraccio con Alfano, il quorum non raggiunto! «E bravi – ed è l’unico modo che ho per pensare che ci sia una strategia nel Pd – una storia ben articolata, dove il capo fa il martire, l’agnello sacrificale in cerca di consensi opposti e il partito mantiene la sua identità anti-berlusconiana».
E allora che sia Rodotà, De Caprio, Rocco Siffredi – lui ha già ottenuto un voto, ma non ha i numeri in età – il nuovo Presidente. E si accende un’altra riflessione – ormai è l’alba – più incline alla mia sensibilità antropologica: «Pescare nomi di ‘laici’ della politica, da una parte o dall’altra, stimabili o meno, non è un fatto triste? – rifletto e mi chiedo – è semplicemente il fallimento della ‘politica’ o più subdolamente l’abitudine generale alla disistima?».
Chiudo il cervello, mi preparo, accendo il pc, controllo le mail, entro in rete e trovo Prodi. Continuo a non capirci nulla, ma è solo il terzo scrutinio. Passo e chiudo!