“Il posto giusto è di chi scende per servire”

«Chi, in questo mondo e in questa storia forse viene spinto in avanti e arriva ai primi posti, deve sapere di essere in pericolo, deve guardare ancora di più al Signore, misurarsi a Lui, misurarsi alla responsabilità per l’altro, deve diventare colui che serve». È questo uno dei passi centrali dell’omelia della Santa Messa presieduta ieri da Benedetto XVI, nella cappella del Governatorato in Vaticano, in occasione del tradizionale seminario estivo dei suoi ex allievi, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis.
L’incontro con gli studenti, come di consueto, si è tenuto a Castel Gandolfo, ma quest’anno Benedetto XVI non vi ha partecipato. Questa trentottesima edizione è stata incentrata sul tema “La questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione” alla luce della produzione filosofica e teologica di Rémi Brague, teologo francese insignito lo scorso anno del “Premio Ratzinger” per la teologia.
Una cinquantina di persone, ha fatto sapere Radio Vaticana che ha diffuso la traduzione dell’omelia, hanno partecipato alla liturgia eucaristica concelebrata, con il Papa emerito, dai cardinali Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; gli arcivescovi Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia, e Barthelemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della cultura, e il vescovo ausiliare di Amburgo, monsignor Hans-Jochen Jaschke: «Un posto che può sembrare molto buono – ha affermato Benedetto XVI, commentando il Vangelo di ieri dove i primi sono stati rovesciati e improvvisamente sono diventati ultimi, può rivelarsi per essere un posto molto brutto. E, dunque, qualunque sia il posto che la Storia vorrà assegnarci, quello che è determinante è la responsabilità davanti a Lui e la responsabilità per l’amore, per la giustizia e per la verità.
Noi ci troviamo sulla via di Cristo, sulla giusta via – ha spiegato – se in Sua vece e come Lui proviamo a diventare persone che “scendono” per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell’amore. Senza la gratuità del perdono nessuna società può crescere, tanto è vero che le più grandi cose della vita, cioè l’amore, l’amicizia, la bontà, il perdono, non le possiamo pagare, sono gratis. Così, pur nella lotta per la giustizia nel mondo non dobbiamo mai dimenticare la “gratuità” di Dio, il continuo dare e ricevere, e dobbiamo costruire sul fatto che il Signore dona a noi, che ci sono persone buone che ci donano “gratis” la loro bontà, che ci sopportano a titolo gratuito, ci amano e sono buone con noi gratis. E poi, a nostra volta, donare questa ‘gratuità’ per avvicinare così il mondo a Dio, per diventare simili a Lui, per aprirci a Lui».