La solitudine delle “comunità”
Una donna, un imprevisto che spesso volte chiamiamo gioia e tanta solitudine. È questa la notizia che si legge, oltre le righe, nella storia della suora che, qualche giorno fa, ha partorito un bimbo. Doppi sensi, battutine a sesso unico, interrogativi sulle affermazioni di una ragazza troppo furba o troppo ingenua, ma senza dubbio 3 kg che pesano come un macigno nella vita di una donna che non è stata, probabilmente, mai donna e di una comunità che non è mai stata, sicuramente, comunità. Eh sì, perché la sorpresa per un parto così “naturale” fa gridare allo scandalo o affermare quella maschilista affermazione che «in fondo il sesso lo fan tutti», ma ancora non insinua il dubbio sul valore delle comunità e l’“innaturale” stare insieme per essere completamenti soli.
La suora-madre cela, purtroppo, il tacito malessere comune, la sorda testimonianza, il grido afono di confratelli uniti da un “abito” troppo stretto per accogliere cambiamenti e troppo largo per mostrare i profili delle persone. Quella stessa suora e la sua comunità – che continuiamo a chiamar così per consuetudine – come tante suore, come tanti frati e preti, come tanti laici impegnati nelle comunità parrocchiali, mostrano in pubblico il valore della preghiera comune, delle celebrazioni di unità, ma velano di nero, troppo spesso, le relazioni, l’amicizia e la possibilità di sentirsi ascoltati e accolti nelle differenze. Nascondono l’ideale iscritto nel senso più profondo della comunità, la possibilità di poter condividere problemi e gioie e di sentire sincera compassione, reciproco e rispettoso aiuto. Lo scandalo è vivere e pregare fianco a fianco e non accorgersi dei cambiamenti dell’altro.
Il rischio, insomma, è che una suora che rivela la naturalezza fisica di essere donna, insieme all’incapacità di esserlo realmente assumendosi ogni responsabilità ,sia l’ennesima occasione per trovare il capro espiatorio o le Maddalene di turno da allontanare e “lapidare”, invece di un’opportunità – e qui lo Spirito Santo potrebbe davvero averci messo lo “zampino” – per interrogarsi sul senso e il valore dello stare insieme, ripartendo dal principio della realtà e dai fallimenti e per trasformare le nostre “caste” fraternità in “feconde” relazionalità.
Qui non si tratta di essere “sessisti”, maschilisti e quant’altro. Qui si tratta, secondo me, di spalancare il cuore alla misericordia, all’affetto, alla vicinanza (almeno nella preghiera) senza pretendere di sapere o di voler capire.Voler entrare nei dettagli della vicenda sa di prurigine e malsano interessamento. L’importante è che Dio sa tutto e non le ritira certamente il Suo amore.
Grazie per questo editoriale, che ci invita a riflettere sulla qualità delle relazioni e sul dialogo vero e profondo all’interno delle nostre comunità religiose, ma, secondo me, anche all’interno di una famiglia, di una coppia, perchè si può ben condividere lo stesso letto, senza però che ci sia una comunicazione vera e sincera fra i due. Se ci mettessimo di più in ascolto dell’altro invece che di noi stessi, intuiremmo cosa si nasconde dietro una facciata e aiuteremmo l’altro ad aprirsi, senza paura di sentirsi rimproverato o giudicato. Suor Nerina SSF
Cit. < >
Non capisco perché l’uso dell’aggettivo “maschilistica” in questo caso.
Forse che un’affermazione di questo genere non possa provenire da una donna?
O che se anche fosse pronunciato da una donna abbia comunque un’accezione “maschilista”? Ma per quale motivo?
O forse ancora l’autrice ha una visione troppo “femministica” dell’uomo? (quest’ultima frase non ha alcun senso: l’ho scritta solo per provocazione, dato che a mio avviso neanche la frase citata ha un senso; o meglio, io non sono riuscito a capirlo!!)
Mi piacerebbe che l’autore…
riporto di nuovo la citazione che non riesco a vedere :
Cit. ” maschilista affermazione che «in fondo il sesso lo fan tutti» “
Ha ragione, giocando con i suoni delle parole ho utilizzato l’aggettivo meno appropriato che non correggo per rispetto del digitale e perché non penso che stravolga le motivazioni e il contenuto dell’editoriale! Grazie per la lettura e la precisazione
CHI SONO IOPER GIUDICARE? PRIMA DI CONDANNAREDOVREMMO RIFLETTERE A LUNGO PERCHE’ NON SAPPIAMO COME VERAMENTE SONO ANDATE LE COSE.QUINDI RICORDIAMOCI CHE CHI E’ SENZA PECCATO SCAGLI LAPRIMA PIETRA.
L’ARTICOLO MI è MOLTO PIACIUTO
La notizia,nella fulgida era di internet, è rimbalzata quale boccone, ghiotto e goloso.” La solitudine delle comunità” pone un argine a quanti hanno visto nella sensazionalità dell’evento,l’elemento pruriginoso o squisitamente sessuale.Tema, questo oggi, di alto impatto sociale, ha suscitato i più variopinti commenti tra cristiani,benpensanti e non. La solitudine,intesa provocatoriamente come emblema di un disastroso egoismo,mette al centro un problema nel problema. Primo, della stessa cui intravedo il grande disagio umano e di ruolo. Chi ha arruolato questa donna(lasciami passare il termine) mi chiedo,ha sondato la fattiva…