Lettera aperta ad Antonio Socci
Caro Antonio,
anzitutto scusa se mi rivolgo a te, che non ho mai avuto il piacere di incontrare di persona, dandoti del tu. Ritengo però che mi resti solo questo tono per affrontare adeguatamente la delicata materia che vorrei trattare: non oso dire che si tratti di te, soprattutto perché non sono tuo amico, eppure devo osare, perché sono tuo fratello.
Come avrai avuto modo di vedere, sono recentemente intervenuto su una tua recente uscita “a proposito” (si fa per dire) del Santo Padre: LaPorzione.it era in migrazione, e quindi mi sono giovato dell’accogliente ospitalità dell’amica Costanza sul suo blog. Come scrissi in quell’occasione, la stesura del mio lungo articolo è venuta di getto, quasi un reflusso fisiologico, stimolata dalla tristezza che le tue parole mi avevano messo in cuore. Veramente «un baratro è l’uomo, e il suo cuore un abisso», perché – pensai con le parole dell’Imitazione di Cristo – «non c’è santità, Signore, se sottrai la tua mano; a nulla serve la sapienza, se smetti di reggere; nessuna fortezza giova, se cessi di conservare».
E lo so che anche tu, come don Rodrigo, sapresti bene andare in Chiesa, se volessi sentire un sermone, ma non ti tratto da più di quel che sei, se invece vengo a predicare a casa tua. Qualche giorno fa, parlando con un’amica dell’amara piega che hai preso, lei diceva: «Sì, Socci sta sbagliando, ma la Chiesa dov’è? Dov’è l’abbraccio della comunità? Dov’è la correzione fraterna? Possibile che non ci sia un teologo, sacerdote o laico, che si prenda la briga di rispondergli?». Le ho risposto ciò che ho visto, ossia che hai impedito ogni commento sul tuo blog, che su Facebook banni senza esitazione le persone che osano mostrarti le loro perplessità, che citi così tante volte santa Caterina da dar l’idea di ritenere che a un senese, di tanto in tanto, tocchi declamare geremiadi (e quelle di Caterina erano tutt’altro che tali).
Comunque, poiché quando non corrono i cavalli trottano gli asini, ora ti dico anch’io qualcosa. Come accennavo, voglio tenere tutt’altro tono rispetto a quello che ho tenuto sul blog di Costanza, e quindi non tornerò neppure su quegli argomenti specifici. Un amico mi ha richiamato, l’altro giorno, a leggere il tuo post sul “caso D’Escoto”, peraltro l’ultimo che a stamattina ancora compare sul tuo blog. Non ti nascondo che all’amarezza che mi era sgorgata in cuore la volta precedente si è mescolato un sorriso agrodolce, stavolta, come di chi riconosce in un nuovo sintomo dell’infermo l’esattezza della diagnosi già effettuata in precedenza: ma tu guarda che coincidenza, che analogia s’impone tra il caso D’Escoto e il caso Williamson!
E non ho potuto fare a meno di tornare a una tua pagina del 2009 (…cito finem habebit devotio nostra…). Vorrei dunque rileggerle con te, magari citandole per praticità e chiarezza con due colori diversi, e mi piacerebbe tanto che tu mi aiutassi a capire dov’è finito l’uomo che cinque anni fa vedeva nella remissione di quella scomunica un segno di misericordia paterna. In fondo, potrei forse azzardare che il problema è tutto lì: che ne è della tua esperienza di misericordia? «Expertus, certo lo ricordi, potest credere».
Anzitutto – forse è bene ricordarlo – il tuo pregiudizio positivo nei confronti di Benedetto XVI non ti ha impedito, come non lo ha impedito a lui stesso!, di valutare quella di Williamson una “sciagurata performance”. E forse avresti coerentemente potuto giudicare in modo analogo le dichiarazioni di D’Escoto a pochi giorni dalla remissione della sospensione a divinis (sanzione peraltro di per sé molto più mite della scomunica). Ecco come l’hai raccontata pochi giorni fa:
Infatti l’indomani, 5 agosto, “La Prensa” di Managua riporta alcune bombastiche dichiarazioni rese in quelle ore dallo stesso D’Escoto alla tv governativa Canal 4.
Titolo dell’articolo: “D’Escoto: Fidel Castro è eletto da Dio”. Il religioso ed ex ministro, appena riammesso alla celebrazione eucaristica da Bergoglio, ha affermato: “Il Vaticano può mettere a tacere tutto il mondo, (ma) allora Dio farà in modo che le pietre parlino e che trasmettano il Suo messaggio. Tuttavia (Dio) non ha fatto questo, ha scelto il più grande latinoamericano di quasi tutti i tempi: Fidel Castro”.
D’Escoto che – dice “La Prensa” – è “attuale consigliere per gli affari di frontiera e per le relazioni internazionali del Governo, del presidente del Nicaragua, il sandinista Daniel Ortega” (ma non aveva abbandonato la politica?), ha anche aggiunto: “E’ attraverso Fidel Castro che lo Spirito Santo ci trasmette il messaggio, questo messaggio di Gesù sulla necessità di lottare per stabilire con forza e in maniera irreversibile il Regno di Dio in terra, che è la Sua alternativa al potere”.
Dopo questa esaltazione teologica del tiranno di Cuba, che opprime da decenni un intero popolo con la dittatura comunista, D’Escoto si è rallegrato per il provvedimento di revoca della sospensione da parte di papa Francesco.
Povero Francesco, verrebbe da dire una volta appurata la veracità delle informazioni: amaramente beffato a sinistra come Benedetto fu amaramente beffato a destra. E chi avrebbe avuto il coraggio di dire che Benedetto sosteneva posizioni lefebvriane? Certamente non tu, visto che quel giorno ti scagliavi contro la miopia di Sì sì no no, giornale satellite della Comunità S. Pio X:
A costo di subire un vero linciaggio mediatico, il Papa della mitezza (che davvero è il “Papa buono”) ha teso la mano ai lefebvriani, come un padre misericordioso a un figlio scappato di casa. Ebbene, adesso c’è chi ricambia mordendogli la mano.
L’attacco a Benedetto XVI della rivista lefebvriana “Sì, sì, no, no” – di cui ancora nessuno si è accorto – appare pesantissimo. In sostanza accusano Ratzinger di eresia. Nientemeno!
Com’è ironica la sorte di chi si ritrova a “costruire fuori dal fondamento posto”, vero Antonio? Proprio mentre dalla Curia arrivano voci che ricordano le tue di un tempo, tu prendi “le parti del fratello maggiore”, utilmente ravvisato in p. Manelli, e accusi il Vicario di Cristo di minare (tu dici, con più enfasi, “annientare”) deliberatamente un ordine religioso precisamente perché sarebbe “troppo ortodosso”:
Il guanto di velluto usato da Bergoglio verso il potente e famoso “compagno” D’Escoto contrasta col pugno di ferro che ha usato per colpire un bravo e umile religioso dalla vita santa, padre Stefano Manelli, figlio spirituale di padre Pio e fondatore dei Francescani dell’Immacolata.
Anche padre Manelli aveva scritto al papa, ma la sua lettera non è stata nemmeno presa in considerazione.
La sua famiglia religiosa, ortodossa, disciplinata e piena di vocazioni è stata annientata per volere di Bergoglio, in quanto applicava il motu proprio di Benedetto XVI sulla liturgia. Ed era troppo ortodossa.
Qualcuno potrebbe poi aggiungere che uno dei punti in cui l’analogia si ferma è che (almeno) la riammissione ad divina è stata concessa a fronte di una supplica (oggi si chiamano “richieste”), mentre la remissione della scomunica fu un tentativo di avvicinamento mosso dal Santo Padre per primo, come segno di buona volontà. Potrei essere io questo qualcuno, ma mi seccherebbe poi dover sopportare il sospetto di essere un detrattore di Benedetto XVI. Io, che lo amo e lo venero come si venerano i Padri della Chiesa.
Suvvia, Antonio, siamo franchi: che c’entra il commissariamento dei Francescani dell’Immacolata col caso D’Escoto? Sembra come quando si guarda il cielo e si fanno le forme con le stelle: possiamo vederci tutto quello che vuoi, ma solo a condizione di non prenderci sul serio che per l’istante in cui colleghiamo quei punti di luce. Tu invece disegni un ombrello con le stelle e poi corri all’osservatorio a dire che hai scoperto una nuova costellazione, e che per di più in quel segno celeste si racchiude l’avvertimento contro una tempesta siderale. In realtà, come sai bene, quando si affastellano date e dati si dà più evidenza della visione d’insieme di chi li affastella che dell’evidenza dei fatti, che può dunque risultare nient’altro che millantata. E nella fattispecie, per legare due eventi ecclesiali enormemente distinti e disparati, devi inventare un’assurda canonizzazione della Teologia della Liberazione – la quale non può che apparire grottesca a chiunque abbia sfogliato testi e documenti – cui giustapponi pure il fantasma di un’avversione di Francesco al motu proprio di Benedetto sulla liturgia tridentina. Ma dico io, se anche non volessi ricordarti lo stigma che si presero quegli imprudenti Vescovi pugliesi che alla prima plenaria utile della CEI strizzarono l’occhio a Francesco chiedendo che la Summorum Pontificum andasse al macero… anche se volessimo restare più in superficie, non ricordi che il primo predecessore sulla cui tomba Francesco s’è inginocchiato pubblicamente (a neanche dodici ore di pontificato all’attivo) è stato S. Pio V?
Non parlarmi di documenti eterodossi, di venata eresia, di deviazione romana e di grande apostasia: mi rattrista già abbastanza leggere di questi vaneggiamenti in certi siti sedicenti cattolici, siti in cui da qualche tempo hai il triste privilegio di essere citato come auctoritas. Ora non mi va di stare a mostrarti punto per punto che ognuna delle “affermazioni dubbie” del Santo Padre (Dio ne scampi!) è solidamente fondata sulla Tradizione recente e antica, e ultimamente sulla Rivelazione divina: un saggio di questo esercizio l’ho già dato la scorsa volta, quando ho pubblicato sul blog di Costanza, ma soprattutto questo è un esercizio che tu sapresti fare benissimo (o almeno lo saprebbe fare la tua parte migliore). Guarda qui, cosa scrivevi quello stesso giorno circa il famoso “primato della coscienza” che tanto ha fatto sterilmente polemizzare quando Papa Francesco da parte sua vi ha fatto richiamo (nelle interviste con Scalfari e in quella con Spadaro, per esempio):
Solo persone disinformate o in malafede possono stupirsi di questa sublime apologia della coscienza personale. Perché si trova già nel Catechismo della Chiesa cattolica laddove cita lo stesso Newman: “La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo” (n. 1778).
E’ l’insegnamento millenario della Chiesa, visto che già Innocenzo III, recepito nel Catechismo universale (n. 1790), affermava: “agire contro coscienza conduce alla dannazione”. E’ dottrina tanto tradizionale che proprio dietro ad essa si sono riparati per anni gli stessi lefebvriani per legittimare la loro “ribellione”. Oggi la condannano? Se non accettano più né il Papa vivente, né il Concilio, né il primato della coscienza, il loro legame con la tradizione dove si fonda?
Quanto è vero ciò che scrivi. E verrebbe da chiederti dove si fondi, oggi, il tuo legame con la Tradizione. Su Medjugorje, Maria Valtorta, Conchiglia? Mi risparmio pure di tornare a controllare se anche tu ti sia unito allo starnazzare comune su quei richiami di Francesco: in fondo non cambierebbe granché. Vorrei però dirti una cosa: spero che tu abbia seriamente riflettuto sul modo in cui hai gravemente distorto i documenti che hai citato “a proposito” (si fa per dire) della posizione di Francesco su guerra e pace. Avrai visto che quei documenti in realtà, lungi dal dire ciò che tu pretendevi che dicessero, giungevano a contraddirlo (e coerentemente): ciò mostra che la tua foga ideologica, il “sacro (?) furore” che ti porta a dar di mazza su Francesco, inquina pure la tua professionalità giornalistica. Non vorrei mai trovarmi a decidere se in una circostanza seria sono stato inetto o maligno, ma questa è la situazione in cui ti sei trovato e ti trovi, abusando delle fonti e distorcendole come hai fatto e fai. E quando mai si può servire la Verità mentendo? Ciò che parafrasa il detto evangelico:
Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Un altro limite dell’affastellare date e dati fuggendo il confronto con la comunità (e magari il richiamo di amici e colleghi) è che facilmente la trama prende le sembianze di un complotto, e l’ordito pare rivelare un ordigno in controluce. Questo può pure essere avvincente come strumento di stesura di un romanzo, e tuttavia la sana arte narrativa ci insegna che altro è il piacere spirituale di ripercorrere la vicenda di una storia che viene riordinata e altro il vizio intellettuale che, compiacendosi di chiaroscuri forti, si dà manieristicamente alla ricerca (e chiaramente all’invenzione) di testimonianze e prove che dicano di tempi buî e di “romantici rottami”.
Oggi, nell’epoca Bergoglio, si torna indietro proprio a Rahner, a quella filosofia che già tanti danni ha fatto fra i gesuiti e nella Chiesa. E in questo vuoto abissale i cattolici tornano ad essere sballottati qua e là “da ogni vento di dottrina”.
Subalterni ad ogni ideologia e inquinati da qualunque eresia. Una grande tenebra avvolge Roma.
Più che potenti e vibranti tenebre io vedo del banale smog. Nebbia e fumo. E li vedo, scusa la franchezza, nella tua testa: come sei arrivato a dividere il papato dall’episcopato romano? Sulla base di quale principio ecclesiologico? Di quale canone conciliare? Di quale precedente storico? Anche lo studente al primo corso di diritto canonico sa che non esiste papato al di fuori del romanus pontificatus – e che formula volevi che usasse, Benedetto XVI, per mostrare la sua volontà di abdicare? Ma quanto a questo sei in buona compagnia: nella mirabile ostinazione che ti ha portato (te come tanti altri) a considerare tutte le possibili varianti di una vicenda eccetto quell’unica che, semplicemente, il diretto interessato ha umilmente espresso. Così facendo hai però immesso nel placido volgere dei giorni (anche le ore più gravi e solenni sono divise da secondi di uguale misura) una tachicardia che non può venire se non da te stesso.
Hai dunque enfatizzato alcune parole e alcuni silenzî, ne hai minimizzati, omessi o negati altri, hai costruito i personaggî del tuo mondo fantastico (sicuramente più movimentato di quello reale, ma tutto sommato meno avvincente perché falso) e hai preso a urlare a gran voce perché tutti noi ci unissimo a te nell’attestare la tua visione. Giusto per darne un esempio, ecco, mi torna in mente uno dei tuoi ultimi post, da cui quasi sembrava che Francesco si fosse premurato di organizzare la “partita interreligiosa per la pace” di dieci giorni fa:
Caro papa Bergoglio, mentre massacrano i nostri fratelli cristiani per la loro fede e i loro vescovi implorano aiuto, non si fanno allegre partite di calcio con Maradona (con il contorno di canzoni assai profane), ma si fanno novene, digiuni e penitenze, offrendo a Dio le nostre lacrime e i nostri cuori.
Scusa ma viene da sorridere: non per la frecciata su Imagine (anch’io, nel mio piccolissimo, scrissi qualcosa su quella canzonaccia), ma per la frenesia giustizialista che traspare dalle tue parole. Vedi una cosa criticabile (e in tal caso lo è davvero, in parte) e subito parti alla ricerca di un capro espiatorio: la ricerca poi dura poco, perché hai già deciso a chi addossare la colpa. Ma che l’ha organizzata lui, quella partita? O avrebbe fatto meglio a non ricevere in Vaticano quei calciatori, che in fondo hanno messo in gioco (in tutti i sensi) la loro piccola-grande abilità e la loro piccola-grande influenza mediatica?
Certi salti logici non possono ritrovarsi nei figlî del Logos: il nostro problema è spesso la difficoltà di fare sintesi (un problema che sento particolarmente), quella di essere chiari e di farci capire… la tendenza a mescolare le carte, però, è roba da La Repubblica, La Stampa… è roba da gente “disinformata o in malafede”. E tu non sei così.
Se posso essere franco, ti dirò che si sente una tremenda solitudine, nel modo in cui ti esprimi, e un dolore formidabile. Io non so spiegarmi come un giornalista bravo e informato, preparato e onesto, possa lasciarsi andare a galoppate fantaecclesiologiche come quelle cui da un po’ ti vedo incline (e in cui inzuppano gustosamente il loro pane sporco giornali che sperano di confondere il loro reazionarismo con un millantato amore alla sacra Tradizione). Un dolore poco minore me lo dànno quelli che – ultimamente crescono di numero – ti chiamano invasato e invocano esorcismi su di te. Anche dalla bocca di Giobbe volarono parole grosse, ma la Scrittura ti conforta mostrandoti che quando l’Onnipotente prese finalmente a parlare “dal turbine” fu lui, Giobbe, e non i tre bacchettoni, a vedersi al contempo sconfessato e giustificato da Dio. Così, di tutto cuore, auguro a te, nonché alle lacrime tue e dei tuoi.
Però devo richiamarti alla tua responsabilità, alla tua fortezza paterna, ossia a quella che sa mettere da parte il dolore personale per addossarsi le sorti altrui: bada che con questo furibondo dimenarti stai confondendo tante persone buone e semplici, che non verranno salvate dai sospetti e da presunte rivelazioni di improbabili dietrologie, ma «in silentio et in spe». E questo vale pure per te, chiaramente, nonché per quelli che ami. E oso sperare che, in fondo a questa lettera, tu voglia un po’ di bene anche a me, che nient’altro spero se non di vederti di nuovo gioioso e fiducioso.
Ti abbraccio fraternamente in Cristo,
che ci ha creati e redenti.
«Ne nos mente dividamur:
caveamus!
Cessent iurgia maligna;
cessent lites.
Et in medio nostri sit
Christus Deus».
Così parla l’Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio: «[…] Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista. Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».
(Apoc 1, 14.17-20)
Caro Giovanni, non basta la ” buona fede ” per essere in grado di redarguire un fratello, specie se questo si chiama Antonio Socci. Lasciami dire che, come dice l’intervento della U.P. onlus, a te manca umiltà cristiana e conoscienza ( specie di te stesso ). Mi sembrano fuori luogo i velati e velenosi riferimenti alla tragica situazione personale che vive Socci. Tanto per capirci: Socci non scrive annebbiato dal dolore come un moderno Giobbe. Sei stato offensivo e impietoso. Poi sarebbe meglio che tu conoscessi meglio ciò che vai dicendo. Mi riferisco a Medjugorje ( ti rimando a questo link: http://www.medjugorje-oggi.org/commento.htm ), ma in special modo alla Valtorta che mai e poi mai scritto contro la chiesa o il suo vicario ( ti consiglio caldamente di leggere l’Opera ). Come potrai constatare Socci ” sembra ” andare contro anche a Medjugorje e la Valtorta. Se non erro il Vangelo ci dice di redarguire il fratello in ultima analisi con al massimo due testimoni. Socci si è messo alla berlina su FB di propria volontà e ne paga le conseguenze. Tu sei sicuro di non soffrire della stessa malattia che attribuisci a Socci?
Ugo
Caro Ugo,
mi consentirai di parafrasarti, dicendo che non basta la “buona fede” per essere in grado di redarguire un fratello, specie se questo è il Santo Padre. O questo asserto non ti piace? E perché mai la buona fede non sarebbe sufficiente per redarguire Antonio Socci ma lo sarebbe per redarguire Papa Francesco?
Se sono stato offensivo in qualcosa, chiedo scusa. A lui e a tutti. Prima però vorrei vedere il testo offensivo.
Visto che mi suggerisci di informarmi meglio su “ciò che vado dicendo”, ho sfogliato il link che mi hai mandato: sarò limitato, ma non vedo l’argomento, a meno che tu non ti riferissi al fatto che la sedicente veggente abbia avuto parole carezzevoli per il Papa. Mi dico di no, perché questa è una cosa così banale e scontata che nessuno la considererebbe un argomento.
Quanto alla citazione evangelica, temo che tu la consideri incompleta, perché il primo passo (già provato da molti, invano) è la correzione privata, ma se lo scandalo è pubblico pubblico deve essere il richiamo e, auspicabilmente, il recupero.
Un’ultima cosa devo dirla sulla buona fede: essa è credibile, e anzi va accreditata, fino a quando non vengano contestati errori plateali. A quel punto, quando uno è documentatamente sconfessato e tuttavia persiste nell’errore, non si ha più ragione di credere alla buona fede. Restano lì due alternative soltanto, una peggiore dell’altra: la cattiva fede e il disturbo mentale. E penso che quest’ultimo sia più penoso ma meno grave della prima.
Caro Giovanni, ti ringrazio per la tua risposta.Non ho voluto contestare i tuoi argomenti, che hanno una loro validità, e rispetto. Ho voluto contestarti ( cristianamente parlando ) il modo in cui ti sei posto. A mio avviso, anche se rischiamo di risultare antipatici, con un fratello la cosa migliore è la franchezza, senza tanti preamboli o presunte sante intenzioni.
Ho citato Medjugorje e la Valtorta in quanto tu dici che Socci avrebbe abbandonato la vera tradizione per seguire queste ” fole “. Questo è offensivo per i moltissimi fedeli che non le considerano tali e che hanno trovato giovamento per la loro fede. Ti ho messo quel link in quanto anche padre Livio è stato contestato da Socci ( vedi ultimi post ). Io, come Socci, considero gli scritti della Valtorta come una grande grazia per l’umanità il cui vero autore è N.S., e ti posso assicurare che detti scritti sono in linea con quella tradizione a cui anche tu credi. In tutta l’opera valtortiana è raccomandato un sacro rispetto per il vicario di N.S.
Tu sai che puoi contattare personalmente Socci usando il sito http://www.antoniosocci.com, ma hai scelto il richiamo pubblico.. e allora perché mettere a giustificazione tante citazioni evangeliche così fuori luogo. Hai forse provato privatamente e non hai avuto risposta? Tu dici che altri hanno provato.
Certo ora che parli di ” disturbi mentali” e cattiva fede, credo sia difficile un dialogo di fraterno richiamo.
Ugo
Attenzione: l’alternativa tra disturbo mentale e cattiva fede riguardava un caso generale (parlavo del limite della buona fede), e speriamo che né a Socci né ad altri tocchi di ricadere sotto una delle due.
No, io non ho provato, direttamente, ma ho visto le tante persone amiche che ha seccamente allontanato, e ho considerato lo scandalo degli altri, oltre che il suo rischio personale.
Socci e tu potete considerare tutte le rivelazioni private che non contrastino con quella pubblica come prezioso alimento per la vostra fede, ma le istruzioni della Santa Sede proibiscono ai fedeli cattolici di partecipare ad assemblee in cui si dia per certa la veridicità delle c.d. apparizioni di Medjugorje. San Giovanni Paolo II teneva in grande considerazione, tra le altre, le rivelazioni di mistiche come Faustina Kowalska e Anna Katharina Emmerick, ma in nessun caso si è sognato di darle alla Chiesa in forma tale che rifiutandole, anche nettamente, ci si mettesse fuori dalla retta fede.
Quanto a Socci, è di ieri la notizia del suo prossimo libro, in uscita per ottobre, dedicato ad argomentare voluminosamente l’inesistente differenza tra episcopato romano e papato. E cosa c’è di più iniquo – scriveva san Leone Magno a Flaviano, a proposito dell’imprudente monaco Eutiche – di non voler cedere a dottori più sapienti e perseverare nell’errore? Per questo diventano maestri nell’errore quelli che non sono stati discepoli della verità.
Così scriveva, san Leone Magno, a proposito di un monaco che seminava scompiglio nel popolo di Dio.
Avrà fatto male?
Caro Giovanni, non so proprio dirti se Leone Magno fece bene o male.
Scusa il ritardo, ma della questione del nuovo libro di Socci non ne sapevo nulla. In realtà,a parte l’articolo sul Foglio “Bergoglio 0.0. Papa nullo” , se ne sa poco. Certo è che se dovessimo stare a quell’articolo le cose non vanno bene. Aspettiamo di leggerne il contenuto per giudicare. Ma una cosa si può dire: leggendo tutti i commenti che quell’articolo ha generato, come cattolico, ritengo gravissima la formazione dei due partiti che vedono il dimissionario Benedetto XVI contrapposto con il reggente papa Benedetto.
La cosa più triste è leggere, in quei commenti, imbecilli intellettualoidi definire il nuovo papa “ Bergoglio totem “per poi tessere false lodi a Benedetto XVI. Gente che magari in ambito famigliare scavalca le proprie responsabilità di padre e di madre assecondando tutte le voglie dei propri figli, la troviamo a criticare e suggerire al santo Padre ( che ha preso sulle proprie spalle un enorme responsabilità! ) cosa deve dire o fare: pecore, meglio dire capri, che si rivoltano verso il pastore.
Ora onestamente non si può dare la colpa di tutta questa eversione a Socci, che essendo un semplice giornalista fa il suo mestiere.
Sicuramente Socci non è un miscredente travestito da “ puro cristiano “ come tanti che usano i suoi articoli per giustificare la loro “ mala fede “.
Ad ognuno le sue colpe secondo la posizione e la responsabilità del ruolo che incarna nella Chiesa, o nella società.
Detto questo, Socci, per quanto gli compete, ha le sue responsabilità per aver alimentato questa partigianeria per uno o l’altro papa.
Non voglio con questa mia risposta ritardataria avere l’ultima parola. Mi premeva solo ribadire il concetto di come sia sbagliato attribuire a Socci un comportamento eversivo in quanto simpatizzante per Medjugorje e gli scritti Valtortiani. Così come è sbagliato attribuire in toto colpe a Socci per giudizi anticristiani che tanti suoi simpatizzanti esprimono.
Ad ognuno il suo.
Ugo
Da questa lettera, peraltro abbastanza greve nei toni e pesante nello stile, promana più superbia che non amore per la Chiesa e per i fratelli. Sorge l’impressione che l’autore di questa pedanteria stia cercando di farsi pubblicità attraverso Socci, forse per ambizione o forse per invidia, visto che a Socci si possono muovere molte critiche, ma certo non quelle di scrivere male e di non essere mosso da santo zelo e amore per la Chiesa.
Gentile Signore, temo che gli unici giudizî vuoti di carità, su questa pagina, siano ad ora quelli del Suo commento. Il sospetto che Lei sporge su di me (ciò che Lei chiama “impressione”) è infamante, laddove ciò che io rimprovero a Socci è suffragato da più di un paio di riscontri che Lei non sembra prendere in considerazione (qui e nel precedente articolo), e non giunge mai a inferire cose come “superbia” in lui. Del resto, quando Lei ripiega dicendo che a Socci non si può rimproverare di scrivere male mi consola, dandomi ragione di sospettare che Lei abbia letto e compreso il mio scritto. Se invece Lei fosse mosso da buona fede (come protesto di essere io stesso), troverà interessante dare un’occhiata a questo articolo, in cui non troppi mesi fa citavo Socci ancora come un giornalista attendibile nell’uso delle fonti e affidabile nel giudizio critico.
Ciao Giovanni, apprezzo i contenuti della tua “Lettera aperta ad Antonio”. Li condivido. Avrei ben poco da aggiungere. Del resto De Maistre ha previsto più di 200 anni fa che il Pontefice avrebbe parlato molto, anzi, moltissimo.”Tutta la nostra fedeltà al Papa” – diceva quel grande italiano.E’ a Torino nel 1819 che pubblica il suo capolavoro “Del Papa (Du Pape)”.
Ci restano due idee centrali di De Maistre, questo grande della scuola cattolica controrivoluzionaria. La prima è il ruolo del santo Padre. De Maistre sostiene due cose: prima, quando il Santo Padre si esprime sull’etica e la morale è infallibile; seconda, il Papa va seguito, sempre, nel suo magistero quotidiano.
L’altra idea riguarda la visione della rivoluzione come processo: la rivoluzione francese – sostiene De Maistre – è solo una tappa, ma va osservato tutto il quadro rivoluzionario, poiché la rivoluzione è un processo di negazioni di Dio, che inizia con il protestantesimo e s’immerge nella filosofia negazionista e relativista di Cartesio. Ma questa idea, al momento, richiederebbe un forte approfondimento.
Grazie, Giovanni. Condivido la Sua “Lettera aperta ad Antonio Socci”.
I miei commenti sulla pagina FB di Socci sono tra i “bannati” …
Mah….Mi addolora dirlo, ma penso che il primo a generare confusione sia ptoprio il Papa.