“Se Mare Nostrum chiuderà avremo ancora morti sulle nostre coste”
"La soluzione non è quella di impedire che i migranti arrivino sulle nostre coste, ma è fare in modo che arrivino qui in vita e in condizioni di sicurezza"
«Se l’operazione Mare Nostrum dovesse chiudere, saremo costretti ad assistere a migliaia di altre morti sulle nostre coste e nel mar Mediterraneo». Lo ha detto il vicepresidente dell’Associazione culturale e ricreativa italiana (Arci), Filippo Miraglia, durante l’incontro che si è tenuto ieri a Roma e che ha visto diverse organizzazioni sociali italiane che si occupano dei diritti dei migranti (Acli, Arci, Asgi, Casa dei diritti sociali-Focus, Caritas Italiana, Centro Astalli, Cgil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Emmaus Italia, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Migrantes, Giù le frontiere, Libera, Razzismo Brutta Storia, Rete G2 – Seconde Generazioni, Rete Primo Marzo, Save the Children Italia, Sei Ugl, Terra del Fuoco, Uil) lanciare un appello al Governo italiano perché non venga interrotta l’operazione Mare Nostrum: «Il Governo – osserva Miraglia – non può permettersi di chiudere un’operazione che ha consentito il soccorso e il salvataggio di migliaia di persone per rispondere solo a delle logiche elettorali, cedendo alle spinte demagogiche e xenofobe che avanzano nel nostro Paese».
Sulla stessa linea si è espressa anche il segretario nazionale della Cgil, Vera Lamonica: «La soluzione – spiega – non è quella di impedire che i migranti arrivino sulle nostre coste, ma è fare in modo che arrivino qui in vita e in condizioni di sicurezza. Senza Mare Nostrum i viaggi continueranno, ma in condizioni ancor meno sicure dato che verrà meno quell’unico strumento di soccorso garantito. Il Governo, nel semestre italiano di guida europea, deve dare un segnale forte continuando a soccorrere e salvare le vite umane nel Mediterraneo».
Del resto, il timore insito nelle coscienze degli operatori del terzo settore è che l’Italia, chiudendo l’operazione, volti le spalle ai drammi della Siria, della Libia, del Nord Africa e di tutti i Paesi da cui i migranti fuggono: «Proseguire questa operazione – afferma Berardino Guarino, direttore dei Progetti del Centro Astalli – è la scelta responsabile che oggi l’Italia deve compiere, per dimostrare nei fatti che la salvaguardia di ogni vita umana è il primo dovere di uno Stato che voglia definirsi civile e democratico».
All’incontro era presente anche il responsabile del Dipartimento politiche migratorie della Uil, Giuseppe Casucci: «Il Governo – sostiene Casucci – deve rafforzare la pressione politica nei confronti dei partner europei, affinché contribuiscano a mantenere viva l’operazione Mare Nostrum sostenendola anche economicamente». Nell’ambito dell’incontro, sono poi sorte numerose perplessità relativamente al programma europeo Triton, che prenderà il posto di Mare Nostrum: «Ha obiettivi diversi – sottolinea il responsabile del Dipartimento politiche migratorie della Uil – perché opererà solo in prossimità delle acque territoriali italiane, svolgendo un’operazione non di soccorso, ma di controllo».
Un aspetto, quest’ultimo, che ha allarmato non poco le associazioni sollecitandole, a maggior ragione, a rivolgere un appello alle istituzioni: «Chiediamo al Governo ed all‘Unione Europea – premette Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli nazionali – di ampliare gli obiettivi del programma europeo Triton, in modo da garantire continuità ad un’operazione che operi in acque internazionali, con un mandato chiaro di ricerca e soccorso delle persone in difficoltà». Un appello, questo, che ha dunque lanciato l’allarme sui rischi emersi dal nuovo programma europeo: «Così com’è ora – si legge nel comunicato – Triton non fermerà né le partenze né le stragi. I viaggi continueranno, ma in condizioni ancor meno sicure dato che verrà meno quell’unico strumento di soccorso garantito in questo anno da Mare Nostrum. Perciò, proseguire l’operazione Mare Nostrum è la scelta responsabile che oggi l’Italia deve compiere, per dimostrare nei fatti che la salvaguardia di ogni vita umana è il primo dovere di uno Stato che voglia definirsi civile e democratico».