I passeggini e le pensioni d’oro
Falsetto tragicomico sugli incredibili colpi di piccone dati in questi giorni al “welfare state” italiano
Forse non lo abbiamo capito, ma non si può escludere l’eventualità che la corsa dei sindaci (sindaconi e sindachetti) a trascrivere “matrimoni & affini” contratti (o contraffatti) all’estero sia motivata da alte ragioni umanitarie. Mentre infatti apprendo delle frustrazioni dei loro sforzi – che vengono al momento repressi dagli organi di un giudiziario meno “creativo” di quanto non sia stato nel recente passato – leggo che l’ANSA compila un articolo sull’ulteriore calo dei matrimoni in Italia dal 2008 al 2013. I dati sono dell’ISTAT, e se non fossero tanto enormi quanto credibili – quasi il 30% di matrimoni in meno, più di due terzi dei quali in regime di separazione dei beni, sorpasso di quelli solo civili sui religiosi in tutta Italia a parte il Sud… – li si potrebbe agevolmente consultare online.
Dunque è forse per arginare questa crisi che i primi cittadini d’Italia si rimboccano le maniche e tentano di rimpolpare le denutrite righe dei registri matrimoniali: probabilmente Marino, Pisapia e i loro colleghi sono rimasti frastornati da cose come la “protesta dei passeggini”, hanno avuto un sobbalzo e si sono detti: «Accidenti, la famiglia è davvero l’assicurazione per il futuro del Paese, nonché l’unica molla per sostanziare una ripresa solida già nel presente!».
Dev’essere andata così, e gli studiosi responsabili del benessere pubblico si saranno seduti a tormentare (ancora una volta, s’intende) le “sudate carte” dell’INPS, divinandovi le sorti dell’Italia del domani. E il “domani” non è più tanto lontano – ieri l’altro un ottimo Gian Antonio Stella, sul Corriere, lo spiegava a tutti –: dal momento che, misteriosamente, il tetto dell’80% sull’ultimo stipendio percepito è saltato, le pensioni d’oro graveranno nell’anno corrente 2.000.000 di euro sul pubblico erario (lo scrivo con tutti gli zeri, così è meno anestetizzato). Tra un decennio, poi, grazie alla possibilità di restare al lavoro fino a 70/75 anni, il costo salirà a 493.000.000. È vero, mezzo miliardo di euro (in un anno!) sarà un impegno un tantino forte, ma come non capire che questi signori lo fanno per noi, specie per noi giovani, per non farci spezzare la schiena sotto il giogo di un lavoro (magari a tempo indeterminato, perfino)? In fondo è un po’ come quando i papà, accompagnando i figli a scuola, portano loro lo zainetto: lo fanno sì con una certa dolcezza, non senza paterna soddisfazione, ma soprattutto lo fanno per le giovani schiene dei loro virgulti. Lo stesso per noi: 160.000 benefattori circa (ma si sa, la beneficienza tanti la fanno di nascosto) resteranno qualche anno di più sulle loro poltrone per procrastinarci ancora un po’ il compito (purtroppo comunque ineluttabile, dicono) di sostituirli. Questo favore ci costerà, è vero, l’importante somma di 2.603.000.000 euro in dieci anni, ma non dovremmo considerare freddamente queste cifre, avulse dalla grata consapevolezza del beneficio che riceviamo: inoltre, scendendo dall’empireo delle grandi cifre, di tutta quella pagnotta a ciascuno di quei benefattori resta poco più di un gettone di presenza, un simbolico “grazie” che, solo in qualche caso, potrà arrivare appena a 36.318 euro (al mese). Bisogna contarci il costo della vita che sale, nonché le piccole comodità che, specie a una certa età, diventano quasi indispensabili a vivere decorosamente.
A proposito di costo della vita che sale, sarà interessante vedere come faremo, noi che prendiamo/prenderemo/prenderemmo da 1.000 a 2.000 euro al mese (quando va bene), a pagare (ma diremmo meglio “ricambiare”, come abbiamo illustrato) quelle pensioni. Anche questo però è sicuramente un falso problema, anzi con ogni probabilità la cosa comporterà una particolare necessità di nuovi posti di lavoro: sarà meraviglioso, in fondo, che il vuoto (è il caso di dirlo) lasciato da ciascuno di quei benefattori non potrà essere colmato che da 15/20 laboriose formichine come noi. Perché quei posti ci saranno, evidentemente, come è vero che la ricchezza si produce in quanto la si consuma: già il Pangloss di Voltaire insegnava al suo giovane Candide che il naso esiste, e ha queste ben precise forme, appunto perché su di esso possano poggiarsi gli occhiali!
Ecco dove andava in fondo il lungimirante disegno di quelli che hanno (eroicamente) cercato di rimpolpare i tisici registri matrimoniali dei comuni d’Italia… Perché «per fare tutto ci vuole un fiore», e se due che si vogliono bene hanno difficoltà tecniche con l’impollinazione ci sono – meno male! – decine di migliaia di generosi bottinatori in camice. Si fanno pagare pure loro, è vero, ma vuoi negare il giusto compenso a quei luminari? E siccome a differenza dei fiori noi uomini non abbiamo “in un pacchetto unico” gli stami e i carpelli, alle volte tocca affittare gli uni e/o gli altri. Ma fa parte del gioco e poi, come si dice, non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo. Il vero scandalo è che questi debbano pagare i bottinatori, i venditori di stami e le locatarie di carpelli da un’altra parte: ecco l’irresponsabilità di chi non pensa che abbiamo (e avremo) comunque 160.000 pensioni d’oro da pagare, e quindi i soldi sarebbe bene non farli uscire fuori Italia!
Per questo il genio politico dei nostri primi cittadini non si attarda neppure su soluzioni banali (e tarde) come assegni famigliari, defiscalizzazione proporzionale alla maternità, sostegno al lavoro domestico, anzi vanno oculatamente a limarle dove ci sono: i “passeggini” hanno ragione, sì – a questo devono essere arrivati i signori Sindaci –, ma nel loro egoismo sfrenato non tengono conto di quanto sia più utile al bene comune un passeggino che paga piuttosto che uno che costa. O non ci ricordiamo più dei 160.000 di cui sopra?
Quei benefattori ci stanno facendo un favore, sarà cortese e giusto ringraziare.