La biblioteca dell’Istituto Toniolo intitolata a “don Peppino”
"Ricordarlo - spiega il presule - ci è sembrato doveroso, soprattutto rivolgendogli un pensiero che lo facesse rendere sempre presente in mezzo a noi. Per questo gli abbiamo intitolato la biblioteca: così tutti gli studenti, prima o poi, sapranno chi è questo sacerdote che ha dedicato la vita allo studio, alle biblioteche che ha diretto e all’Archivio diocesano che se è stato risistemato, è avvenuto per opera sua"
A poco più di un anno dalla sua scomparsa, avvenuta nel gennaio scorso, giovedì l’arcidiocesi di Pescara-Penne è tornata a ricordare e a rendere omaggio alla figura di don Giuseppe Di Bartolomeo, in 33 anni di sacerdozio parroco amato nelle comunità di Corvara, Vicoli-Catignano e Villaggio Alcyone a Pescara nonché studioso appassionato e raffinato, intitolandogli la biblioteca dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo” che egli stesso aveva diretto, unitamente all’archivio diocesano di Penne e alla Biblioteca del Seminario regionale di Chieti.
È stata semplice e sobria, proprio com’era lui, la cerimonia di intitolazione delle biblioteca presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, al termine della celebrazione eucaristica concelebrata con il direttore dell’Istituto Toniolo Padre Roberto Di Paolo e con l’abate don Francesco Santuccione nell’adiacente Cattedrale di San Cetteo, con la scopertura della targa dedicata all’amato don Peppino svoltasi alla presenza di decine di studenti e del personale dell’Istituto superiore di Scienze religiose: «Quella di don Giuseppe Di Bartolomeo – ricorda il presule – è stata una grave perdita per la vita diocesana e per quella dell’Istituto Toniolo. Ricordarlo ci è sembrato doveroso, soprattutto rivolgendogli un pensiero che lo facesse rendere sempre presente in mezzo a noi. Per questo gli abbiamo intitolato la biblioteca: così tutti gli studenti, prima o poi, sapranno chi è questo sacerdote che ha dedicato la vita allo studio, alle biblioteche che ha diretto e all’Archivio diocesano, che se è stato risistemato è avvenuto per opera sua».
Infatti per 25 anni, nell’Archivio pennese, ha svolto un meticoloso lavoro di risistemazione e catalogazione, rimasto sconosciuto ai più, di centinaia di libri e manoscritti grazie a lui tornati alla luce. Un lavoro prezioso, svolto in silenzio e con discrezione, oggi proseguito dal suo allievo, erede e successore alla guida della Biblioteca dell’Istituto Toniolo e dell’Archivio diocesano: «La nostra volontà – sottolinea in una nota don Dario Trave, trentanovenne originario di Vicoli nella quale don Giuseppe Di Bartolomeo fu parroco per 22 anni dal 1984 al 2006 – di dedicare questa biblioteca a don Peppino, nata da un corale sentimento di stima nei suoi confronti, sottolinea il lavoro, umile, silenzioso, perseverante, che lo ha visto impegnato durante il suo ministero trentennale. L’amore per i libri, che lo distingueva, non fu mai sterile, ma sempre accompagnato da un amore per gli aspetti essenziali della vita, con un disincanto sincero e carico di umanità per chi lo conosceva bene. Ci sia di esempio il suo stile, improntato ad una sobrietà onesta e non di facciata, e ci sia di sprone il suo ricordo di uomo buono e onesto».
Nei suoi ultimi mesi di attività, prima della malattia, fu suo collaboratore Luca Mazzocchetti, tutt’oggi bibliotecario dell’Istituto Toniolo al fianco di don Dario Trave: «Don Peppino – ricorda – era un uomo di cultura nel senso ampio del termine, quello di cui parla il linguista Tullio De Mauro: cultura come sapere e, soprattutto, come saper fare. Era sì una persona dotata di un grande sapere intellettuale, ma prima di tutto era una persona che sapeva accogliere ed essere testimone autentico del Vangelo. Il suo esempio, attraversa le generazioni e arriva fino a me».
Da giovedì, all’interno della biblioteca è affissa anche una foto che ritrae don Giuseppe Di Bartolomeo sullo sfondo di un pensiero di Braulione di Saragoza, in sostanza il suo epitaffio: «Cristo, la speranza di tutti i credenti, chiamò quelli che lasciano il mondo dormienti e non morti poiché dice “Lazzaro il nostro amico, dorme”».