“Stiamo assistendo ad un olocausto cristiano”
"No - afferma Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri - alla pedagogia dell’odio, all’insegnamento dell’odio che in troppe parti continua. Bisogna prendere la parola contro ignavia e indifferenza, perché incrinano la nostra cultura. La giustizia impone il coraggio della verità. Non possiamo restare passivi di fronte a questa deriva"
«Stiamo assistendo ad un olocausto cristiano. La paura più grande espressa dai cristiani che vivono sofferenze indicibili, è quella di essere dimenticati da un’opinione pubblica mondiale indifferente o comunque rassegnata. Il pericolo maggiore è quello di lasciarsi vincere dall’impotenza».
Lo ha dichiarato ieri il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, intervenendo all’apertura del Colloquio internazionale “Cristiani in Medio Oriente: quale futuro?”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’arcidiocesi di Bari in cui partecipano, tra gli altri, tutti i patriarchi delle Chiese cristiane orientali e occidentali: «È il momento – esorta monsignor Galantino, che nei mesi scorsi ha fatto visita ai campi profughi nel Kurdistan iracheno dove sono accolte migliaia di famiglie in fuga da Mosul come dalla pianura di Ninive – in cui diventa urgente e vitale non arrendersi.
Da gente che ha perso tutto, ho raccolto la testimonianza di una fedeltà al Vangelo più forte di ogni persecuzione; ho respirato la ricchezza di rapporti fraterni all’insegna della condivisione; ho ammirato la generosità della Chiesa locale nel farsi tutto a tutti, in un’opera immane di solidarietà. Sono queste risposte a impedire a noi di abdicare troppo frettolosamente alle nostre responsabilità».
A tal proposito, il segretario generale della Cei ha ricordato l’impegno della Chiesa italiana nel campo della sensibilizzazione delle comunità e del sostegno alle opere, anche con il gemellaggio tra diocesi e la proposta di adozione di famiglie di profughi: «I nostri interventi – ricorda il presule – spaziano dalla Giordania all’Iran, dal Libano alla Palestina, dalla Siria all’Iraq, dove siamo impegnati per appoggiare, accanto e oltre l’emergenza, progetti di alfabetizzazione e di protezione e di educazione dei minori, di accesso ai servizi sociale di base; percorsi di promozione della donna, di formazione e abilitazione professionale, realizzazione di centri giovani, di strutture scolastiche e sanitarie e di programmi di dialogo interreligioso».
Tra gli esempi portati il finanziamento milionario per un’università a Erbil: «Un investimento in cultura – afferma Galantino – che, oltre a rispondere a un’esigenza impellente, offre davvero a tutti la possibilità di accesso. Sono convinto che spetti a noi rigettare le chiusure egoistiche, di cui troppe volte la nostra Europa è segno con la sua indifferenza alle sorti dei popoli impoveriti».
E la sopravvivenza dei cristiani in Medio Oriente non è solo una questione di libertà religiosa: «È – ribadisce Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri – una questione esistenziale, perché la situazione è davvero drammatica».
Per questo, la prima cosa da fare è dare risposte concrete in termini culturali e di diplomazia: «L’Europa – ammette Gentiloni – da tempo è malata di egoismo, ignavia, indifferenza. Lo abbiamo fatto anche 20 anni fa, di fronte alla eliminazione di musulmani a Srebrenica».
Del resto, c’è una motivazione ben precisa dietro le persecuzioni cristiane in quell’area del mondo: «I cristiani del Medio Oriente – osserva il ministro degli Esteri – sono perseguitati, perché sono una minaccia vivente a chi promuove una visione totalitaria».
Eliminarli, a detta del titolare della Farnesina, consente di colpire il pluralismo rafforzando una certa visione dell’Islam contro altre visioni dell’Islam: «Non può esistere – sostiene il ministro Gentiloni – un Medio Oriente senza cristiani, non ci sarà pace e riconciliazione nella regione senza la presenza cristiana, una tessera vitale di quel mosaico etnico-confessionale che è il Medio Oriente. Per questo la loro sorte interroga l’intera comunità internazionale e non solo i cristiani».
E interroga anche l’Italia che, a detta dell’esponente del Governo italiano, in questi anni si è adoperata per il dialogo e ha insistito sull’importanza della tutela dei diritti umani: «Ma occorre – rilancia Paolo Gentiloni – fare di più: no alla pedagogia dell’odio, all’insegnamento dell’odio che in troppe parti continua. Bisogna prendere la parola contro ignavia e indifferenza, perché incrinano la nostra cultura. La giustizia impone il coraggio della verità. Non possiamo restare passivi di fronte a questa deriva».