Migranti: “Si muore e si subisce violenza anche sulla rotta dei Balcani”
"Mentre un numero sempre più elevato di rifugiati - dichiara Gauri van Gulik, vicedirettore di Amnesty per Europa e Asia centrale -, richiedenti asilo e migranti vulnerabili finisce intrappolato in una sorta di terra di nessuno balcanica, la pressione su Serbia e Macedonia aumenta. Questa situazione, così come quella in Italia e Grecia, può essere risolta solo da un ripensamento complessivo delle politiche dell’Unione europea in tema d’immigrazione e asilo"
«Si muore e si subisce violenza anche sulla rotta dei Balcani, non solo durante le traversate nel Mediterraneo. Da gennaio 2014 ad oggi almeno 150 migranti hanno trovato la morte lungo la pericolosa “rotta dei Balcani”: 123 sono annegati nel tentativo di attraversare il mar Egeo e 24 sono rimasti uccisi lungo le ferrovie».
È quanto denuncia Amnesty International in un nuovo rapporto diffuso ieri a proposito delle migliaia di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, bambini inclusi che subiscono violazioni in Serbia, Macedonia e Ungheria. Nel corso del viaggio, secondo l’organizzazione umanitaria, subiscono violenze ed estorsioni ad opera delle autorità e di bande criminali e vengono vergognosamente abbandonati a sé stessi dal sistema d’immigrazione e asilo dell’Unione europea, che li lascia intrappolati in Serbia e Macedonia privi di protezione.
Il numero delle persone fermate solo lungo il confine tra Serbia e Ungheria è passato da 2.370 nel 2010 agli attuali 60.602, con un aumento di oltre il 2.500 per cento. La situazione è aggravata dai respingimenti e dalle espulsioni a ogni singola frontiera, dalle restrizioni all’accesso alle procedure d’asilo lungo il viaggio e dall’assenza di percorsi sicuri e legali d’ingresso nell’Unione europea.
La “rotta dei Balcani”, che inizia dalla frontiera marittima tra Turchia e Grecia e porta rifugiati e migranti lungo Macedonia e Serbia fino in Ungheria, è piena di pericoli e ostacoli: «Mentre un numero sempre più elevato di rifugiati – dichiara Gauri van Gulik, vicedirettore di Amnesty per Europa e Asia centrale -, richiedenti asilo e migranti vulnerabili finisce intrappolato in una sorta di terra di nessuno balcanica, la pressione su Serbia e Macedonia aumenta. Questa situazione, così come quella in Italia e Grecia, può essere risolta solo da un ripensamento complessivo delle politiche dell’Unione europea in tema d’immigrazione e asilo».
Secondo i dati raccolti da Amnesty International, tra il 1° gennaio e il 22 giugno 2015, 61.256 migranti richiedenti asilo e rifugiati sono arrivati in Italia e 61.474 in Grecia. Degli oltre 21.000 rifugiati e migranti che hanno intrapreso la “rotta dei Balcani” occidentale nel 2014, più della metà proveniva dalla Siria. Altri erano originari di Afghanistan, Egitto, Eritrea, Iraq, Nigeria, Somalia, Sudan e Tunisia.
Tra l’altro coloro che approdano sulle isole greche, bambini compresi, vanno incontro a condizioni di accoglienza drammatiche. Al confine tra Grecia e Macedonia e a quello tra Macedonia e Serbia, sono abitualmente e illegalmente respinti e subiscono maltrattamenti ad opera della polizia di frontiera. Molti di loro sono costretti a versare somme di danaro. Molti hanno denunciato di essere stati presi a schiaffi, pugni, calci e manganellate dalla polizia di frontiera serba presso il confine con l’Ungheria o arbitrariamente arrestati.
Centinaia di essi, inclusi gruppi familiari, donne incinte e minori non accompagnati, trascorrono lunghi periodi di detenzione nel Centro di accoglienza per stranieri della Macedonia (conosciuto come Gazi Baba), senza alcuna salvaguardia legale o possibilità di chiedere asilo. Molti sono trattenuti illegalmente per mesi, in condizioni inumane e degradanti.
A causa dell’impossibilità di chiedere asilo in Macedonia e Serbia proseguono il viaggio verso l’Ungheria: se non hanno documenti in regola vengono arrestati in condizioni degradanti e sottoposti a maltrattamenti, poi rilasciati e collocati in centri di accoglienza aperti o espulsi verso Serbia e Macedonia dove finiscono in un limbo giuridico: «L’aumento – conclude Amnesty International – di migranti e rifugiati lungo la “rotta dei Balcani” è la conseguenza del più ampio fallimento delle politiche europee in materia d’immigrazione e asilo».