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Veglia al porto di Palermo per i migranti, “sveglia” in Europa

Migranti: nuovi sbarchi, mentre l'Unione Europea indice un vertice.

Ieri, al porto di Palermo, si è svolto un momento di riflessione e preghiera sulla strage dei migranti, con la partecipazione di esponenti dei culti presenti in città.
 L’iniziativa è stata della Consulta delle culture, Caritas, Comunità di Sant’Egidio e Frati comboniani. Esponenti di tutti i culti presenti in città hanno commemorato i migranti morti in quest’anni, più di 90 solo al largo del porto di Palermo.

Nella mattinata di domani, intanto, la Prefettura ha reso noto che dovrebbe approdare a Cagliari una nave mercantile con 781 migranti. Sono 37 le vittime di quest’ultimo sbarco, finora accertate, che si aggiungono alle oltre 2.500 registrate dall’inizio dell’anno sulle rotte verso l’Europa. I profughi sono stati soccorsi nei giorni scorsi a largo delle coste libiche, identificati, trasferiti nelle strutture d’accoglienza predisposte dalla Prefettura e sottoposti alle prime visite mediche. Il porto di Cagliari, il 24 agosto scorso, aveva già accolto ben 963 profughi.

Gli sbarchi sono sempre più numerosi, oltre qualsiasi previsione, tanto che ogni confine – di mare e terra – è divenuto una porta di accesso per molti e un miraggio per alcuni. Papa Francesco, durante l’Angelus di domenica scorsa, ha ricordato tutti i migranti, soprattutto le 71 persone ritrovate morte in un camion lungo l’autostrada tra Budapest e Vienna. L’appello del pontefice è stato chiaro quanto incalzante: «Bisogna cooperare con efficacia per impedire questi crimini, che offendono l’intera famiglia umana».

L’Europa “istituzionale”, che fino ad oggi non si è prodigata in concrete iniziative sul problema delle migrazioni, ad esempio dando un adeguato sostegno alla subissata Italia, sembrerebbe decisa a voler convocare un vertice «straordinario» dei ministri degli Interni europei per il 14 settembre. Lo ha annunciato  il Lussemburgo, che ricopre la presidenza di turno dell’Ue. Nelle scorse ore Thomas de Maizière, Theresa May e Bernard Cazeneuve – responsabili degli Interni rispettivamente in Germania, Regno Unito e Francia – hanno sottolineato la necessità di un’azione immediata. Azione “immediata” e “straordinaria” sarebbe stata tanto tempo fa – ci sentiamo di commentare –, comunque aspettiamo le decisioni.

Quello che sappiamo di certo è che l’ondata di profughi non si ferma e non si può fermare. Ricordiamo i numeri perché ad ogni numero corrisponde una persona salvata e più persone che hanno collaborato alla sua salvezza, fosse pure la salvezza di un corpo in mare: gli immigrati arrivati in barca dal Mediterraneo in Italia dall’inizio dell’anno sono oltre 115.000, circa 95.000 si trovano nei vari centri di accoglienza – compresi migliaia di posti tra alberghi e residence in fase di svuotamento al termine dell’estate. Il resto d’Europa, invece, sembra aver sentito la “sveglia” solo negli ultimi giorni, da quando l’esodo migratorio ha iniziato a puntare anche sul fronte orientale. Si tratta del flusso proveniente da Grecia, Turchia e Balcani, che è riuscito a superare i confini europei nonostante la barriera con la Serbia, e punta di salire sui treni verso l’Austria e la Germania. E come reagisce il resto d’Europa?

La stazione di Budapest è stata sgomberata martedì scorso per respingere l’assalto dei profughi. Un portavoce del governo ha spiegato la vicenda di Budapest come  il tentativo di applicare la normativa europea, che obbliga gli extracomunitari a dotarsi di passaporto e visto all’interno dell’area Schengen. Così, centinaia di migranti, si sono sentiti dire dagli altoparlanti: «Nessun convoglio arriverà o partirà dalla stazione fino a nuovo ordine. Chiediamo a tutti di sgomberare». Anche Vienna ha visto arrivare lunedì scorso più di 3.500 migranti. Un esponente del governo austriaco ha chiesto chiarezza alla Germania, visto che apparentemente molti profughi si stanno muovendo certi di essere accolti dal governo tedesco. Berlino ha risposto che bisogna attenersi alle regole di Dublino: il migrante deve fare richiesta di asilo allo stato in cui intende fare il proprio ingresso in Europa. È di poche ora fa la notizia che, su richiesta della Germania, Renzi ha comunicato la disponibilità a ripristinare i controlli al confine italo-austriaco del Brennero e anche a sospendere temporaneamente gli accordi di Schengen. In Repubblica Ceca, la polizia è ricorsa ai pennarelli blu per marchiare circa duecento fra siriani e afghani diretti in Austria e poi Germania. Sulla pelle, braccia e mani, è “tatuato” il numero del treno e la provenienza. Con i numeri sono marchiati non solo gli adulti ma anche i bambini, un terzo dell’intero gruppo dei rifugiati fermati.

È così lampante la distanza tra la realtà che viviamo nelle nostre città e l’iniziativa politica riportata che al commentatore resta poco da aggiungere, se non vuole inerpicarsi nella via senza uscita della polemica e della fantapolitica. C’è da spiegare, forse, la distanza che intercorre tra le risposte europee ufficiali sopra riportate e le scene che tutti abbiamo sotto i nostri occhi nelle nostre città? Uomini che muoiono in mare, container, camion; uomini che salvano la vita, ma restano sempre chiusi dentro un “terzo mondo” di indigenza e precarietà. L’Italia sola, senza forse, si è distinta per accoglienza e capacità di fronteggiare il problema immigrazione, anche se a volte la situazione è sfuggita al controllo innescando quella guerra tra poveri – italiani e immigrati – che ha solo appannato l’opera di solidarietà e carità dei più.

Se l’Italia ha sbagliato qualche passo, è indubbio che l’Europa, intenzionata ad «affrontare l’emergenza» riunendosi il 14 settembre prossimo, ha dimostrato di essere incapace di trovare una soluzione non tanto efficace quanto condivisa. La domanda è: le istituzioni UE sono politicamente, culturalmente e tecnicamente attrezzate di fronte a questo fenomeno migratorio senza precedenti nella storia contemporanea? E ancora di più: il criterio per valutare se sono meglio i singoli Stati o questa Unione Europea, va basato su parametri economici e politici – come il potere d’acquisto della moneta, oppure sui valori condivisi, la tradizione democratica e la “cultura umanitaria”  del singolo Stato membro?

A queste domande l’Europa istituzionale non risponderà certamente, se mai lo farà, prima del 14 settembre in occasione del vertice «straordinario» per risolvere l’«emergenza» immigrazione. Il 14 settembre prossimo.