“Aprite le porte della giustizia, entreremo a rendere grazie al Signore”
"Le norme della Chiesa - premette monsignor Valentinetti, nell’omelia - dicono che si deve varcare la Porta santa, confessarsi entro otto giorni, accostarsi all’Eucaristia, pregare per il Papa e recitare il Credo per lucrare l’indulgenza. Ma può bastare così? Dobbiamo convertirci. Dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati sono opere di misericordia corporali di questo Anno santo, che non deve renderci solo fruitori, ma anche donatori di misericordia, di tenerezza, di compassione verso quelle persone che vivono una vita drammatica"
«Aprite le porte della giustizia, entreremo a rendere grazie al Signore». Con queste parole, ieri sera, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha solennemente aperto la Porta santa della Cattedrale di San Cetteo. Un azione, quella che ha sancito ufficialmente l’inizio del Giubileo della Misericordia anche nella Chiesa locale pescarese, accompagnata dall’applauso scrosciante tributato da oltre un migliaio di fedeli che ha gremito via dei Bastioni, là dov’è ubicata la Porta santa che accede sulla navata sinistra della Cattedrale.
Tutto questo al termine di una lunga processione che, una volta partita dalla chiesa dello Spirito Santo, ha attraversato via L’Aquila, Corso Vittorio Emanuele, piazza Duca D’Aosta, Ponte Risorgimento e piazza Unione, prima di giungere a destinazione e di varcare la Porta santa.
Quindi l’avvio della Santa messa, utile a ricordare il senso autentico dell’Anno santo: «Le norme della Chiesa – premette monsignor Valentinetti, nell’omelia – dicono che si deve varcare la Porta santa, confessarsi entro otto giorni, accostarsi all’Eucaristia, pregare per il Papa e recitare il Credo per lucrare l’indulgenza. Ma può bastare così? Dobbiamo convertirci».
Una conversione, che deve passare attraverso il compimento di gesti concreti nei confronti del prossimo: «Dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati – raccomanda il presule – sono opere di misericordia corporali di questo Anno santo, che non deve renderci solo fruitori, ma anche donatori di misericordia, di tenerezza, di compassione verso quelle persone che vivono una vita drammatica».
Un’esortazione, quella lanciata dall’arcivescovo Valentinetti alla comunità diocesana, particolarmente significativa essendo stata pronunciata nel giorno in cui l’ennesima tragedia della disperazione è emersa, con il ritrovamento del senza fissa dimora polacco morto in solitudine (in uno stabile abbandonato di Pescara) dopo aver condotto una vita di stenti.
E traendo spunto dal Vangelo domenicale, anche il rapporto col denaro è stato al centro dell’attenzione: «Per denaro – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti – si fanno guerre, omicidi, furti, ci si comporta da disonesti. E poi c’è il denaro pubblico e chi lo amministra stia attento a quello che fa, perché dev’essere usato per la comunità e non per altri fini».
Un invito, questo, caduto nel vuoto dato che le autorità politiche hanno disertato la cerimonia, al contrario di quanto avvenuto ieri mattina al Santuario del Beato Nunzio di Pescosansonesco.
Qui l’arcivescovo ha aperto la terza Porta santa, proseguendo la riflessione sull’onestà davanti ai sindaci della Val Pescara, nonché ai rappresentanti di Provincia e Prefettura: «La raccomandazione – aggiunge – è peccato per chi la fa e per chi la riceve. Crediamo nell’onestà e impegniamoci a praticarla».
E sabato, prima di aprire la prima Porta santa diocesana presso la Cittadella dell’accoglienza “Giovanni Paolo II” gestita dalla Caritas diocesana, l’arcivescovo Valentinetti ha voluto sollecitare una pronta conversione alla misericordia: «Dio – osserva il presule, pronunciando l’omelia durante la Santa messa svoltasi presso la parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata – ha una grande qualità. Quando pecchiamo, Dio perdona i nostri peccati e li dimentica. Noi questa qualità non l’abbiamo e quando qualcuno ci fa qualcosa, lo ricordiamo per sempre. Non siamo misericordiosi, ci dobbiamo convertire per non incorrere nell’incoerenza terribile pronunciando “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” nel Padre Nostro».
Quindi, poco dopo, un richiamo rivolto ai tanti fedeli presenti e soprattutto agli operatori Caritas presenti: «La carità – ammonisce monsignor Valentinetti – non è delegabile. Nessuno può dire “Tanto ci pensa la Caritas”, ognuno è responsabile dei propri gesti di carità. E non pensate di essere operatori di carità, solo perché siete operatori Caritas. La vera carità è quella di non sapere la destra cosa fa la sinistra. È lì che ci sperimentiamo nelle opere di misericordia spirituali e corporali».