“Non servono altri accoliti e ministri, ma laici impegnati nella vita diocesana”
"Attenzione - avverte l'arcivescovo Valentinetti - a non trasformare il servizio che vi è stato chiesto in un servizio clericale, perché la gente da voi si aspetta che siate quel piccolo pugno di lievito in mezzo alla grande pasta, che fa fermentare la pasta della vita cristiana. E questa è molto più in là del servizio di portare la comunione agli ammalati o di servire la messa in parrocchia"
Non basta assistere i sacerdoti per una buona riuscita delle celebrazioni liturgiche. A ministri straordinari dell’eucaristia, accoliti e lettori che ieri pomeriggio hanno celebrato il loro Giubileo attraversando la Porta santa della Cattedrale di San Cetteo, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha chiesto molto di più: «Di accoliti – osserva il presule – la diocesi ora ne ha un bel gruppo, di ministri straordinari dell’eucaristia abbiamo formato una bella squadra. Ma abbiamo ancora bisogno di accoliti e ministri straordinari? Io vi dico no. Abbiamo bisogno di laici impegnati nella storia di questa città e di questa diocesi, di laici che vivono la loro esperienza cristiana, sapendo di rendere testimonianza a Cristo Signore».
Un appello, quest’ultimo, che l’arcivescovo ha contestualizzato nella domenica dell’Ascensione del Signore, in vista della Pentecoste, spiegando i motivi per cui ci è dato lo Spirito Santo, senza del quale si rischia di rendere un servizio incompleto o, peggio, autoreferenziale: «Quando si è investiti di un servizio – spiega monsignor Tommaso Valentinetti -, di un ministero, si può cadere nella sottile tentazione di dire “Ho fatto quello che dovevo fare. Mi sono impegnato in parrocchia, mi sono impegnato a visitare i malati, mi sono impegnato ad aiutare il sacerdote nella celebrazione eucaristica. Ci vado tutte le sere”. E forse, qualcuno, anche la mattina quando è libero dal lavoro. Ma basta? È sufficiente? No, non basta, è un impegno scarso in quando finalizzato solo a sé stesso nella vita cristiana».
Da qui nasce un’altra pericolosa tentazione in chi, quotidianamente, affianca il sacerdote nelle celebrazioni liturgiche, quella della clericalizzazione: «Voi non siete chierici – ammonisce l’arcivescovo Valentinetti -, voi siete laici e come tali avete il sacrosanto dovere di vivere una vita cristiana da laici. Cosa voglio dire? Voglio dire di impegnarvi nella famiglia, nel lavoro, nella società, nel condominio, nelle relazioni interpersonali e se qualcuno avesse la possibilità, anche nella politica, nell’economia e non solo. Attenzione a non trasformare il servizio che vi è stato chiesto in un servizio clericale, perché la gente da voi si aspetta che siate quel piccolo pugno di lievito in mezzo alla grande pasta, che fa fermentare la pasta della vita cristiana. E questa è molto più in là del servizio di portare la comunione agli ammalati o di servire la messa in parrocchia».
Non a caso Papa Francesco, all’interno dell’Anno santo, ha ripresentato le opere di misericordia corporali e spirituali (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti, consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti): «Se già ci mettessimo sulla lunghezza d’onda di vivere queste opere di misericordia – riflette Valentinetti -, allora sì, saremmo dentro i gangli della vita cristiana. In questa direzione, forse, ci dobbiamo convertire un po’ di più».
Un altro motivo, per cui diviene fondamentale essere guidati dallo Spirito Santo è affinché vengano predicati a tutti la conversione e il perdono dei peccati: «E su questa strada – ammette il presule – chi ne ha più ne metta, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Perché il primo a doversi convertire sono io, insieme ai miei fratelli presbiteri».
Un ragionamento che vale tanto più per i laici, come lo sono i ministri dell’eucaristia o gli accoliti: «Dobbiamo fare di più – esorta l’arcivescovo di Pescara-Penne, perché il Signore ha bisogno sempre di rinnovate e fresche energie, oltre che di anime sante».
Tutto questo, sull’esempio di un grande eremita come Sant’Antonio abate da cui monsignor Valentinetti ha ripreso un insegnamento: «Un giorno – racconta l’arcivescovo Tommaso -, un giovane monaco annoiato andò da Abba Antonio e gli disse “Cosa fa un monaco nel deserto?”. Lui si alza, lo guarda e allontanandosi gli risponde “Un monaco nel deserto cade e si rialza, cade e si rialza, cade e si rialza”. Noi non siamo monaci, non viviamo nel deserto, siamo nelle città e, forse, abbiamo molte possibilità in più di non vivere perfettamente la santità che Dio ci chiede. E allora, nella conversione e nel perdono dei peccati, cadiamo e ci rialziamo, cadiamo e ci rialziamo, perché la misericordia di Dio è davvero infinita».
E allora, nella domenica dell’Ascensione del Signore, monsignor Valentinetti ha concluso la sua omelia con un auspicio: «Mentre contempliamo Cristo che ascende al cielo – invita -, chiediamogli che affretti presto il suo ritorno in modo che possa trovarci vivi e non morti. Sarebbe bello, anche San Paolo desiderava vedere l’instaurazione del Regno di Dio da vivo. Ebbene, Gesù vieni presto in mezzo a noi, vieni a sanare le ferite dell’umanità, vieni a portare il perdono, vieni ad ungere con l’unguento della grazia i cuori induriti e le anime inaridite. Vieni a portare pace a coloro che vivono il dramma dell’odio nel cuore, pace per tutta la Terra, giustizia per i poveri, serenità, tranquillità e pace per gli ammalati e per chi è solo».