Homo faber 2 – Galilei e il suo cannocchiale
Galileo Galilei e una delle sue realizzazioni più conosciute, portata avanti nonostante le numerose opposizioni. Oggi cerchiamo brevemente di tratteggiarne le vicende che lo hanno portato ad essere un vero innovatore nel campo della scienza.
Il 1564 è sicuramente uno di quegli anni da cerchiare in rosso nel calendario dell’umanità: videro infatti la luce due grandi intellettuali come Galileo Galilei e William Shakespeare.
In questo articolo ci occuperemo di colui che -possiamo dirlo tranquillamente- ha rivoluzionato la scienza donandole una nuova prospettiva, cioè Galilei, il quale nella sua magnifica ma difficile esistenza terrena ha dato più volte testimonianza delle proprie doti.
Galilei nasce a Pisa da famiglia borghese e dopo essersi iscritto alla facoltà di Medicina sotto la spinta del padre, si avvicinò progressivamente agli studi matematici per i quali decise di rinunciare definitivamente a ripercorrere le orme del suo antenato medico, Galileo Bonaiuti. In questo periodo comincia a studiare i fenomeni relativi al movimento e nel 1591 col De Motu comincia a gettare le basi per quello che poi verrà definito metodo sperimentale, basato sull’ osservazione dei fenomeni e la loro successiva descrizione. È di questo periodo l’elaborazione della teoria dell’isocronismo del pendolo, nella quale – in parole povere- scopre che è la lunghezza di un pendolo e la sua accelerazione che determinano il tempo dell’oscillazione, e non come si pensava in precedenza la composizione della massa oscillante e l’ampiezza dell’oscillazione. La teoria enuncia quindi che pendoli di eguale lunghezza hanno oscillazioni costanti (isocronia). Questa sarà la base per la regolazione del movimento dell’orologio, ad esempio.
Successivamente, nel 1592, Galilei diventerà professore allo Studium di Padova, senza tra l’altro aver mai conseguito la laurea, ove rimarrà diciotto anni per poi spostarsi a Firenze nel 1610 dove otterrà la cattedra allo Studio di Pisa; a tal proposito val la pena ricordare -in chiave ironica- quanto dice Marco Paolini nel suo splendido monologo intitolato ITIS Galileo (2012): «a memoria d’uomo è l’ultimo precario diventato ordinario all’ Università italiana senza raccomandazioni».
La sua esistenza è stata contrassegnata da forti contrasti, frutto anche di un carattere piuttosto difficile (chiedere per questo a Giovanni Keplero): prima con la comunità accademica e poi con la Chiesa e il Santo Uffizio in particolare; quest’ultimo lo costrinse ad abiurare le proprie posizioni, derivanti da Copernico, sulla centralità del sole e il movimento dei pianeti e in particolare della Terra attorno ad esso. Più avanti la Chiesa capirà i propri errori e con grande umiltà attraverso Giovanni Paolo II il quale, tra l’altro, definì Galileo «vero credente» nel Discorso ai partecipanti alla seconda sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze (il 31 ottobre 1992), cancellerà le condanne comminate allo scienziato.
La causa delle grandi tensioni con il Papa (e non solo) sta in un oggetto e in quello che questo ha permesso di scoprire. Nel primi anni del Seicento lo scienziato pisano in una delle consuete conversazioni col suo grande amico Paolo Sarpi sente parlare di uno strumento particolare che permette di vedere da vicino le cose lontane, costruito da due ottici olandesi chiamati Hans Lippersheim e Zaccaria Janssen: viene chiamato «cannocchiale»; grazie al supporto del suo amico e collaboratore Marcantonio Mazzoleni, Galilei decide di costruirne uno nel suo laboratorio padovano: siamo nell’anno 1609.
Il cannocchiale galileiano è costituito di tre parti: un tubo di legno, un obiettivo e un oculare; l’obiettivo a sua volta è costituito da una lente piano-convessa, mentre l’oculare ( la parte in cui si pone l’occhio) di una lente biconcava. La sua capacità di ingrandire gli oggetti è pari a 21 volte l’originale.
Lo presenta anche all’Accademia dei Lincei, la quale su proposta del fondatore Federico Cesi decide di cambiarne il nome in «telescopio», dal greco tele (lontano) e scopeo (vedere).
Il cannocchiale permette a Galilei di osservare il cielo non più ad occhio nudo e quindi di conoscere più approfonditamente la sua struttura. Descrive ciò che osserva in un quaderno di appunti che darà vita a quell’ importantissimo libretto intitolato Sidereus nuncius («Annunciatore Celeste»), composto inizialmente di sole 27 pagine che però cambierà totalmente il nostro modo di concepire l’Universo. Con esso viene abbattuto il sistema aristotelico e tolemaico (geocentrismo) nello specifico, ma permette più in generale un ripensamento dell’uomo: fino ad allora, per secoli, l’uomo si era collocato al centro di tutto; con l’affermazione galileiana della teoria copernicana (eliocentrismo) egli deve cominciare a prendere coscienza del suo essere centro ma anche periferia, della diversità della natura e della necessità di porsi in relazione con essa.
Galilei con il suo «e pur si muove» ha permesso all’ uomo di rimettersi in discussione e così dargli la possibilità di allargare i propri orizzonti, con spirito nuovo e fecondo.