Sono 100 i senzatetto individuati a Pescara: “Molti rifiutano l’accoglienza”
"Per un 30% dei soggetti contattati, per lo più italiani - spiega Antonella Allegrino, assessore comunale alle Politiche sociali - l’amministrazione si è già mossa per riattivare una condizione operativa, attraverso i lavori socialmente utili e ripristinare un percorso di inclusione sociale. Sono in maggioranza persone che appartengono alla fascia delle nuove povertà. Per un altro 30% dei senza dimora avvicinati nell’ambito del progetto, non è stato possibile effettuare una presa in carico perché vivono problematiche come l’alcolismo, la tossicodipendenza o il disagio psichico. Per loro favoriremo un accesso ai servizi socio-sanitari. Per la parte rimanente, circa il 40%, è stata rilevata l'appartenenza a reti organizzate per lo sfruttamento dell’accattonaggio"

Bivacchi in pieno centro, dall’area di risulta alla centralissima Corso Umberto, oggetto di sgomberi continui da parte della forze dell’ordine, sollecitate dall’amministrazione comunale che ha dichiarato lotta senza tregua al degrado. Un fenomeno persistente e preoccupante, quest’ultimo, confermato dalla presenza stabile di 100 senza fissa dimora, sparsi tra il centro e la zona Tiburtina, mappati dall’unità di strada costituita a fine agosto dagli operatori della Caritas diocesana e del Centro diurno Train de vie dell’associazione On the road, nell’ambito del progetto sperimentale “Servizi di prossimità” promosso dallo stesso Comune di Pescara.
Cento individui con storie e problematiche diverse: «Per un 30% dei soggetti contattati, per lo più italiani – spiega Antonella Allegrino, assessore comunale alle Politiche sociali – l’amministrazione si è già mossa per riattivare una condizione operativa, attraverso i lavori socialmente utili e ripristinare un percorso di inclusione sociale. Sono in maggioranza persone che appartengono alla fascia delle nuove povertà, che sono precipitate in una condizione di particolare fragilità perché hanno perso il lavoro, hanno subito una separazione o un grave lutto. Per un altro 30% dei senza dimora avvicinati nell’ambito del progetto, non è stato possibile effettuare una presa in carico perché vivono problematiche come l’alcolismo, la tossicodipendenza o il disagio psichico. Per loro favoriremo un accesso ai servizi socio-sanitari. Per la parte rimanente, circa il 40%, è stata rilevata l’appartenenza a reti organizzate per lo sfruttamento dell’accattonaggio. Sono individui che si spostano spesso tra l’Italia e la Romania e sui quali è difficile intervenire perché sono presenze transitorie, sfuggenti e cicliche. Di frequente, arrivano da regioni limitrofe o da aree metropolitane importanti come Roma. Su questa criticità, è indispensabile che operino le forze dell’ordine».
Dall’analisi del report è emerso che le persone presenti in strada sono per lo più di sesso maschile e la fascia di età prevalente è quella che va dai 31 ai 45 anni. Per quanto riguarda la provenienza, il 20 % è costituito da cittadini italiani, il 70% circa da cittadini rumeni, il 5% da magrebini, la parte restante è caratterizzata da altre nazionalità. L’attività progettuale ha consentito, inoltre, la costruzione di un percorso di presa in carico che ha portato al rimpatrio, su base volontaria, di 5 cittadini rumeni di etnia rom, di cui 2 donne in stato di gravidanza e un uomo disabile, vittima di forme di sfruttamento nell’ambito del fenomeno dell’accattonaggio. Sempre nel periodo in esame, 55 persone sono state accompagnate al Centro diurno Train di vie e hanno usufruito dei servizi della struttura (ambulatorio medico, colazioni, servizi igienici, vestiario), 60 sono state accompagnate alla mensa Caritas.
A tal proposito, il dormitorio allestito all’interno della Cittadella dell’accoglienza “Giovanni Paolo II” in via Alento, gestita dalla Caritas diocesana, funziona da ormai sei anni a pieno regime ospitando attualmente 50 senza fissa dimora e 34 migranti. Eppure il fenomeno dei bivacchi dei senzatetto, accampati anche sui marciapiedi e lungo i portici del centro di Pescara, persiste: «Non è facile inserire in un dormitorio dei senzatetto – spiega don Marco Pagniello, direttore della Caritas di Pescara-Penne -, perché molto spesso non stanno alla regole. Talvolta sono ubriachi, hanno problemi di dipendenza e non accettano di essere aiutati. E poi, essendoci una rotazione necessaria per dare la possibilità a molti di usufruire di questa opportunità, non sempre è possibile rispondere alla richiesta di ospitare interi nuclei familiari nello stesso tempo».
Insomma, dei 100 senza fissa dimora individuati in città, molti sono degli irriducibili inclini all’accoglienza: «Recentemente – racconta don Marco -, abbiamo avuto numerosi problemi con un gruppo di rumeni che rifiutavano la permanenza in albergo e qui ci affidiamo alle forze dell’ordine, affinché siano di stimolo per il rispetto delle regole».
Del resto, un posto letto per chi ha bisogno non manca mai: «Nella Cittadella dell’accoglienza – ricorda il direttore della Caritas – disponiamo anche di una casetta d’emergenza, con sette posti letto, pronta ad ospitare bisognosi in qualunque momento, ma i posti restano quasi sempre liberi perché non vogliono venirci».
Dunque, il problema non è di certo l’accoglienza: «La cittadinanza – riflette il presbitero – deve capire che il problema a Pescara c’è, essendo un crocevia e la città più grande d’Abruzzo, e in futuro andremo in contro sempre più a situazioni del genere comuni in tutte le grandi città. Dobbiamo fare i conti con la realtà e, non potendo costringere queste persone ad accedere alle nostre strutture, bisognerà pensare ad allestire in città aree di pronta accoglienza in cui poter passare la notte».
Comunque, sarà il freddo ad attenuare il fenomeno dei bivacchi: «Con l’arrivo dell’inverno – preannuncia don Marco Pagniello – molti, come i rumeni, si sposteranno e altri, inevitabilmente, si lasceranno accogliere».
Al di là di ciò, il progetto “Servizi di prossimità” proseguirà fino al termine dei primi sei mesi di sperimentazione previsti: «Per il prosieguo – conclude l’assessore Allegrino -, in continuità con il lavoro svolto e in risposta all’esigenza manifestata dall’Amministrazione di intervenire -, la nostra attività non sarà connotata da interventi meramente repressivi o esclusivamente assistenziali, che non producono risultati oggettivi sul lungo periodo, ma punterà al consolidamento della rete, perché possiamo essere in grado di intensificare e di porre ulteriori strumenti sul percorso di inclusione sociale per le persone che vivono situazioni di fragilità e disagio e ad allontanare chi, invece, non possiede un valido titolo che possa giustificarne la presenza sul territorio».