L’aborto basato sul genere
In Nepal è praticato per motivi di ordine economica, culturale, sociale l'aborto su selezione di genere. Da questa realtà apparentemente lontana suggestioni per riflettere sull'aborto.

Dal quando il Nepal ha legalizzato l’aborto nel 2002 sono cresciuti in maniera esponenziale gli aborti basati sul genere. Almeno 50.000 aborti l’anno sono eseguiti quando i genitori scoprono che il nascituro è di genere femminile. Il codice civile del Paese vieta l’interruzione di gravidanza basata sulla selezione di genere, punita con la pena di due anni di detenzione, eppure molte cliniche non rispettano la legge. La prova di questa carneficina è la marcata diminuzione del tasso di natalità femminile. Gli ultimi dati risalenti ad uno studio condotto nel 2013 dal gruppo del ricercatore britannico Melanie Dawn Frost ha rilevato che c’erano in proporzione 742 ragazze per 1000 ragazzi nel periodo 2007-2010, rispetto alle 1.021 ragazze per 1000 ragazzi del 1998-2000.
Le cause dell’aborto su selezione di genere sarebbero principalmente di ordine culturale: le donne sono considerate un onere economico a causa della dote, e, abbandonando la famiglia di origine presto per sposarsi, risultano una risorsa più per le famiglie dei suoceri. La misoginia, ben radicata nelle tradizioni del Paese, è da pochi riconosciuta come un problema e da pochissimi combattuta. Un’indagine demografica condotta in Nepal ha rilevato che il numero di aborti basati sul genere sarebbe nelle città due volte più alto rispetto alle zone rurali; più frequente nelle famiglie istruite e ricche, aumentando proporzionalmente con il loro reddito. Il costo usuale di un aborto è di circa US $ 10-15, anche se, considerando il periodo di gestazione e altri fattori, il costo può salire a US $ 150 o più. L’aborto basato sulla selezione di genere è una fonte di ricchezza per molte cliniche private, soprattutto per chi lo pratica in modo illegale mettendo a rischio anche la vita delle donne. Quasi metà degli aborti praticati sono stimati pericolosi.
L’aborto su selezione di genere in Nepal è considerato per proporzioni un problema mondiale. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, sono eseguiti circa 22 milioni di aborti illegali, causando la morte di 47.000 donne e la mutilazione di 5 milioni, senza considerare che circa il 30% delle donne che abortisce in Nepal è adolescente. Il ricorso a pratiche di contraccezione e la reiterata pratica dell’aborto causa nelle donne anche un significante calo della fertilità.
La pratica dell’aborto è diventata uno strumento nelle mani di una società patriarcale per esercitare il potere sulle donne e alimentare lo stigma della discriminazione sul genere femminile ancora prima della nascita, trattando poi le donne come macchine da riproduzione selettiva. La pratica dell’aborto, legalizzata originariamente pensando che la pianificazione familiare potesse sollevare le famiglie dai problemi economici, è diventata col tempo un mezzo per esercitare un controllo sulle donne discriminate fin dal concepimento. L’Organizzazione mondiale della Sanità parla di emergenza mondiale perché in Nepal si praticherebbe l’aborto di genere, consentendo ai bambini maschi di nascere e impedendolo alle femmine. Tutto questo è indubbiamente riprovevole, eppure la questione di genere non ci sembra un “problema originario” quanto un “problema derivato”. Non ha diritto forse anche il nascituro in quanto tale, dunque a prescindere dal genere, di nascere senza che altri decida per lui?
Paradosso dei paradossi: un bambino ha diritto di nascere senza essere discriminato sul genere, ma non ha diritto di nascere a prescindere dal suo genere. Se si può decidere sulla sua vita ma non sul suo genere, i diritti del nascituro sono diritti basati sul genere o sulla condizione umana? L’Organizzazione mondiale della Sanità considera un problema mondiale l’aborto basato sulla selezione di genere, in Nepal, ma considera un “diritto” l’aborto praticato a prescindere dal genere in tutto il mondo. Mancanza di prospettiva “glocale”?