“La legalità è una risorsa, riscopriamo il senso di comunità per vincere le mafie”
L’arma fondamentale, per non lasciarsi coinvolgere dalle organizzazioni criminali è la cultura: "A Napoli - testimonia don Aniello agli studenti - molti ragazzi che non hanno voluto studiare, sono finiti nelle fila della criminalità. Studiate e non accontentatevi del 6. Serve un impegno più forte per prepararsi al futuro, non fate i bonsai"
Riscoprire il senso della comunità, dell’identità e dell’appartenenza, rifiutando l’individualismo, il nepotismo e le raccomandazioni per contrastare la criminalità organizzata e riaffermare la legalità. È stato questo il compito a casa, forse il più difficile, che ieri mattina il prete antica-morra don Aniello Manganiello – parroco a Scampia per 16 anni dal 1994 al 2010 nonché fondatore dell’associazione Ultimi – ha assegnato agli studenti dell’Istituto professionale alberghiero De Cecco di Pescara e ai loro più piccoli colleghi della Scuola media Michetti-Pascoli, in qualità di relatore all’incontro dal tema “La mafia siamo noi”.
Un appuntamento inserito nel progetto “Educare alla legalità 2017 – Occorre sempre fare il proprio dovere”, ideato dallo stesso Istituto De Cecco insieme all’associazione Falcone e Borsellino: «La scuola – premette Alessandra Di Pietro, dirigente scolastica dell’Alberghiero – è in prima fila per combattere l’illegalità che non è solo criminalità organizzata, ma è soprattutto corruzione in ambito amministrativo, sociale, lavorativo. La corruzione morale è ormai il male endemico della società».
Una società che i giovani d’oggi sono chiamati a rifondare, rilanciando dei valori chiave: «La legalità – esordisce don Aniello – è una risorsa, rispettare le regole conviene sempre, perché c’è sempre una ricaduta sociale come quella che sta facendo degli italiani un popolo di individualisti, che pensano solo al proprio orticello, perseguendo un familismo amorale devastante per la società, fatto di ricorsi a scorciatoie e raccomandazioni».
Stratagemmi possibili anche sfruttando le pieghe delle innumerevoli leggi, in vigore nel nostro Paese: «Uno stato che ha molte leggi e che continua a farle – sottolinea don Manganiello, citando Tacito – è corrotto, perché esse stesse poi diventano un modo per aggirare le altre. Ecco perché la nostra Repubblica non può fondarsi solo sulle leggi, ma sul comportamento virtuoso dei cittadini».
Delle migliaia di utenti, consumatori, che ogni giorno rischiano di diventare complici inconsapevoli delle mafie, ad esempio, giocando alle tante slot machine presenti nei bar: «L’80% delle macchinette – ammonisce il sacerdote partenopeo agli studenti, che hanno gremito l’aula magna del De Cecco in presenza del capo della Squadra Mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana – appartiene alle quattro organizzazioni criminali italiane, Cosa nostra, Camorra, Ndrangheta e Sacra corona unita, le quali, sfruttando le leggi dello Stato che permettono di costituire società per distribuirle e ricorrendo a prestanome incensurati per avere il certificato antimafia, si portano a casa 50 miliardi di euro all’anno. Se voi giocate alle slot machine, alimentante il cancro nel nostro Paese».
Una criminalità organizzata che fa leva anche sulla crisi economica, gestendo non solo il gioco d’azzardo anche in Abruzzo: «Alla mafia – denuncia don Aniello Manganiello – non interessa lo sviluppo economico e industriale d’Italia, ma solo aumentare i propri lauti profitti che alcuni stimano in 560 miliardi di euro. Slot, fumo, spaccio di droga, prostituzione e usura sono fenomeni presenti anche a Pescara e dietro tutto questo c’è la criminalità organizzata».
Ecco perché il contrasto alla mafia, parte dai comportamenti virtuosi: «Se non tocchiamo il portafoglio alla criminalità organizzata – rilancia il presbitero, citando don Pino Puglisi -, gli facciamo un baffo. Allora, abbiamo già gli strumenti per danneggiarla, prendendone le distanze e riducendone i guadagni». E l’arma fondamentale, per non lasciarsi coinvolgere dalle organizzazioni criminali, è la cultura: «A Napoli – testimonia don Aniello agli studenti – molti ragazzi che non hanno voluto studiare, sono finiti nelle fila della criminalità. Studiate e non accontentatevi del 6. Serve un impegno più forte per prepararsi al futuro, non fate i bonsai».
Le parole del sacerdote hanno stimolato le domande dei ragazzi: «Cosa si prova – chiede Simone – a convivere ogni giorno col rischio di morire?». La replica di don Aniello: «Se vuoi vincere il male con il bene qualche rischio lo corri sempre, anche quando dividi due compagni che bisticciano. Se ti accorgi che la tua vita può essere utile per gli altri, vivila in pienezza così».