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Movimento per la vita: “Edifici pubblici abruzzesi colorati d’azzurro per Charlie”

"Il Movimento per la Vita - concludono gli attivisti - ritiene invece che alla medicina, dovrebbero essere forniti gli strumenti per poter curare e salvare vite umane, lontano da derive eutanasiche legate solo a quelle che, molto opportunamente ed efficacemente, Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”

Questa la proposta lanciata dal Movimento per la vita alle istituzioni locali abruzzesi, per manifestare la solidarietà nei confronti del piccolo Charlie

Il piccolo Charlie Gard con il padre

Colorare di blu tutti gli edifici pubblici abruzzesi. È la richiesta del Movimento per la Vita rivolta a tutte le amministrazioni presenti sul nostro territorio regionale, cioè Regione, Province e Comuni, per schierarsi a favore della possibilità che il piccolo Charlie possa essere tenuto in vita ed essere sottoposto a terapie di carattere sperimentale, che potrebbero migliorarne le condizioni di salute. Ma soprattutto per difendere il diritto alla vita di tante persone che vivono in situazioni simili, evitando la deriva dell’eutanasia.

Di questi temi si è parlato martedì in un incontro promosso a Pescara dal Movimento per la Vita, che ha riflettuto, partendo proprio dal caso del piccolo inglese, più in generale sul tema del fine vita. La Presidente del Movimento per la Vita di Pescara, Marigina Fratalocchi, ha ripercorso la vicenda di Charlie Gard, il bambino di 10 mesi che, secondo i medici e i Tribunali britannici, «deve morire perché affetto da una patologia rara e, secondo loro, incurabile».

Patrizia Ciaburro, Movimento per la Vita Abruzzo

Prendendo spunto da questa vicenda, i volontari del Movimento, tra cui la Presidente regionale Patrizia Ciaburro, hanno rilevato che ormai in molti Paesi europei l’eutanasia è legge e sottolineato che tutto nasce da una contraddizione: «I nostri ordinamenti giuridici – affermano i volontari del Movimento per la vita -, incluso quello italiano, sono contrari alla pena di morte ormai da secoli, perché si ritiene che lo Stato non possa decidere chi deve vivere e chi invece deve morire. Ora però con le leggi sul fine vita approvate o, come in Italia, in discussione, si pretende di poter decidere quando una persona deve terminare la propria esistenza».

In particolare, nel corso del dibattito, è stato evidenziato che la normativa britannica e quella italiana sono diverse. Ormai da tempo, nel Regno Unito lo Stato indica un tutor incaricato di esprimersi sui singoli casi, come avvenuto in quello di Charlie, anche in contrasto con la famiglia. Si è poi preso atto delle leggi in materia di eutanasia approvate in vari Paesi europei, che in alcuni di essi riguardano anche la possibilità di praticarla a minorenni e si è sottolineato che, nel nostro Paese, tutto questo non è possibile ora e che, anzi, anche se dovesse passare il disegno di legge sul fine vita attualmente in discussione, comunque la volontà dei genitori sul mantenimento in vita di un minore alle prese con una malattia incurabile avrebbe un suo peso specifico.

I volontari del Movimento per la vita sono poi tornati anche a sottolineare i problemi enormi legati alla possibilità che i familiari chiedano di far morire la persone malata o che sia quest’ultima ad aver espresso tale volontà, magari molto tempo prima, con le dichiarazioni anticipate di trattamento: «Se infatti – osservano -, dopo l’eventuale approvazione del disegno di legge, una di queste due condizioni dovesse presentarsi potrebbero, nel migliore dei casi, aprirsi contenziosi tra medici e famiglia risolvibili solo grazie all’intervento di un giudice, chiamato a decidere sulla vita e sulla morte di una persona, come del resto già accaduto nel caso di Eluana Englaro.

Ma soprattutto hanno rilevato che nei Paesi in cui l’eutanasia è legge si è proceduto per gradi, approvando prima leggi più blande per poi eliminare le restrizioni che queste prevedevano: «Il Movimento per la Vita – concludono gli attivisti – ritiene invece che alla medicina, dovrebbero essere forniti gli strumenti per poter curare e salvare vite umane, lontano da derive eutanasiche legate solo a quelle che, molto opportunamente ed efficacemente, Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”».

About Davide De Amicis (4500 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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