Per Francesco, che illumina la notte
«Per Francesco, che illumina la notte» è un romanzo documentato, scorrevole nella prosa e ben congegnato nella struttura, che testimonia come frate Francesco d’Assisi continui ad affascinare la cultura contemporanea e stuzzichi ancora la conoscenza storiografica. Un santo che illumina ancora la vita di quanti sanno recepire il suo messaggio: credenti cristiani, credenti in altre religioni, non credenti.
Appare utile iniziare la lettura di Per Francesco, che illumina la notte (Oakmond publishing 2017) da quella breve «Nota dell’autrice», cui Elsa Flacco affida la risposta a uno dei problemi letterari con cui si è dovuta confrontare. Si tratta di un romanzo storico, ci avverte, costruito intorno alla figura di Tommaso da Celano (Celano 1190 ca. – San Giovanni in Val de’ Varri, Tagliacozzo, 1260 ca.), primo biografo di Francesco d’Assisi. Elsa Flacco, insegnante che vive e lavora a Guardiagrele, già autrice di saggi sulla letteratura e storia d’Abruzzo, ha scelto di muoversi sul doppio binario della ricostruzione storica e della libera invenzione immaginativa, conciliandone gli esiti nella formula che ritiene la più adatta: il romanzo. Né biografia né vita romanzata, dunque.
La narrazione poggia infatti sulle basi di una ricostruzione puntuale e ben documentata degli ultimi mesi della vita di Francesco d’Assisi, per poi passare a raccontare gli anni successivi alla morte e canonizzazione del santo, che sfoceranno infine nella definitiva trasformazione del francescanesimo originario con la «sacerdotalizzazione» dell’Ordine compiuta da frate Bonaventura da Bagnorea e sanzionata da papa Gregorio IX nella lettera Quo elongati del 28 settembre 1230. Sullo sfondo di queste vicende, sono narrate le lotte tra papato e impero che videro Federico II di Svevia scontrarsi con i pontefici Gregorio IX e Innocenzo IV. E poi c’è la figura di Tommaso da Celano intorno a cui ruota il romanzo ma del quale poco si conosce, come ben precisa l’autrice nella nota. Si sa che fu un chierico erudito e un nobile forse imparentato con la famiglia dei conti di Celano; che fu accolto dallo stesso Francesco nell’Ordine verso il 1215, e mandato in missione in Germania dal 1221 fino al 1224 o 1225; che fu il padre dell’agiografia francescana nonché il presunto autore della celebre sequenza della liturgia dei morti Dies irae. Niente di più.
Tommaso da Celano fu dunque l’Autore della prima biografia del santo di Assisi – Vita beati Francisci (Vita prima) – voluta da papa Gregorio IX e approvata il 25
febbraio del 1229. Tra il 1246 e il 1247 tornò a scrivere un’altra biografia, il Memoriale Francisci (Vita secunda), e il Tractatus de miraculi, con cui si suole identificare un’opera sui prodigi di Francesco, la cui stesura si colloca tra il 1248 e il 1252. Questo era dato sapere fino a quando, Jacques Dalarun, un’autorità nel campo degli studi francescani e della storia medievale, nel 2014, ha scoperto e presentato al mondo una Vita intermedia composta da Tommaso da Celano tra la Vita prima e la Vita secunda e la cui compilazione si colloca nel decennio 1230. Una scoperta che ha riaperto la cosiddetta «questione francescana», una questione storiografica vastissima e complessa, in corso, senza soluzione di continuità, dal terzo decennio del XIII secolo sino ai giorni nostri: la ricerca e il rinvenimento di testimonianze biografiche sul santo d’Assisi – redatte da quanti furono testimoni oculari dei fatti («nos, qui cum eo fuimus») – non coincidenti con la vita ufficiale del santo, la Legenda maior di Bonaventura, approvata nel 1263 dal Capitolo di Pisa con l’impegno di distruggere le vite non ufficiali. Le biografie di Tommaso Celano furono colpite da quell’incauto provvedimento ma, fortunatamente, nel 1768 fu rinvenuta la Vita prima di Tommaso e nel 1806 la Vita secunda. Dalarun ha scovato la Vita intermedia – un minuscolo codice di dodici centimetri per otto, di cui solo il primo ottavo dedicato alla vita del santo, senza decorazioni e miniature – su un sito d’aste. Una scoperta tanto suggestiva quanto importante, che si è conclusa poi con l’acquisto del minuscolo codice per 60 mila euro da parte della Biblioteca nazionale di Francia, rendendo così il testo disponibile agli studiosi.
Ed è stata proprio la scoperta della Vita intermedia a indurre Elsa Flacco a occuparsi di Tommaso da Celano, insieme al forte interesse per lo studio della storia e letteratura d’Abruzzo. La Vita intermedia, come ha spiegato Dalarun, presenta episodi nuovi della vita del santo e, soprattutto, un nuovo Tommaso da Celano per il quale diventa centralissimo il tema della povertà, dell’amore per le creature e della fraternità con l’intera creazione, raccontati con la consapevolezza di chi ne ha maturato l’esperienza negli anni. E a noi che scriviamo i suddetti temi sono apparsi presenti e dominanti nelle quattro parti in cui è suddiviso Per Francesco, che illumina la notte.
Nella prima parte del romanzo (Il ritorno: 1224) è narrato il ritorno in Italia dei frati Tommaso da Celano e Giacomo da Bevagna (personaggio di fantasia), al termine di una lunga missione in Germania, per rivedere Francesco già molto malato. L’autrice immagina che i due si avventurino tra le aspre montagne dell’Abruzzo, nella piana del Fucino, perché il celanense desidera rivedere la propria terra d’origine e, soprattutto, sincerarsi delle condizioni in cui versa Celano dopo la (storica) distruzione ad opera dell’imperatore Federico II. Alla vista dello sfacelo e della rovina che si è abbattuta su Celano, Tommaso, immagina l’autrice, compone il Dies irae. Dunque il Giorno dell’Ira di Dio, il Giorno del Giudizio, sarà terribile perchè il mondo sarà giudicato e punito per la povertà e la morte che ha provocato, per l’amore per le creature che non avrà provato, per il rispetto per la creazione che non avrà avuto. I temi centrali della Vita intermedia, come abbiamo detto.
Nella seconda parte del romanzo (Il transito: 1225-1226) Tommaso da Celano e il suo confratello raggiungono Francesco ad Assisi, accompagnandolo nella malattia fino all’agonia e alla morte avvenuta nel 1226. Secondo le fonti più antiche, Francesco nel 1224 ha già ricevuto le stigmate sul monte della Verna. La lettera Solet annuere di Onorio III, datata nel palazzo del Laterano 23 novembre 1223, ha approvato la Regula bullata che segna il passaggio dalla fraternità all’Ordine. Sono dunque questi gli anni in cui Francesco si distacca dai suoi fratres, senza smettere di essere frater membro dell’Ordine; si consuma, senza soccombere, tra la volontà di essere obbediente al Papa e la fedeltà alla sua primigenia idea di fraternità. Nonostante la malattia lo divori, Francesco ha una sola preoccupazione: fissare nella memoria dell’Ordine ciò che vuole sia ricordato dell’esperienza sua e dei suoi fratres. A questo scopo, alla fine dell’estate del 1226, detterà il Testamentum con la raccomandazione di leggerlo sempre insieme alla Regula e sempre sine glossa. In questa parte del romanzo l’autrice immagina che Francesco detti a Tommaso le Laudes Dei Altissimi, che la storiografia ritiene siano invece di composizione autografa. Commuove la descrizione di Francesco che quasi rincorre Tommaso perchè fissi bene nel Cantico queste parole: «Laudato si’, mi’ Signore,/per quelli ke perdonano per lo tuo amore/et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace,/ka da te, Altissimo, sirano incoronati». Ed ecco tornare la riflessione sulla tribolazione, sull’amore per le creature e la creazione tutta: i temi che l’autrice semina in tutto il romanzo con discrezione.
Il romanzo si chiude con la terza parte (La vita perduta: 1227-1239) e la quarta (La vita ritrovata: 1240-1255). Sono qui narrati eventi documentati: i vari capitoli dell’Ordine, il ruolo di Elia – figura centrale del romanzo – nella canonizzazione e traslazione del corpo di Francesco e nella costruzione della basilica di Assisi; la contrapposizione tra i frati chierici e “dotti”, che erano in contatto con gli ambienti universitari e guidavano il «partito sacerdotale», e frate Elia, che difendeva la spiritualità originaria di Francesco e rappresentava la posizione dei «frati laici»; lo scontro tra papato e impero, con Elia schierato dalla parte di Federico II, e perciò scomunicato, e i suoi avversari appoggiati e protetti dal papa. Il romanzo si chiude con un finale a sorpresa, intrigante, fantasioso per quanto verosimile, di cui naturalmente non sveleremo il contenuto. Diciamo solo che il rapporto tra frate Elia e Federico II assurge a emblema di una duplice unità vagheggiata: frate Elia è il simbolo della volontà di conciliare la Chiesa con lo Stato; Federico II è simbolo di tolleranza religiosa, visto che la sua corte fu realmente un luogo in cui vissero insieme cristiani, ebrei e musulmani. Il tema della fraternità del creato e dell’amore per le creature torna dunque alla fine del romanzo con vigore, in quello che l’autrice immagina come il «Somnium fratris Helyae»: l’auspicio di una palingenesi in cui tutti gli uomini si riscoprano fratelli, al di là di qualsiasi pregiudizio e divisione.
Per Francesco, che illumina la notte è un romanzo documentato, scorrevole nella prosa e ben congegnato nella struttura, che testimonia come frate Francesco d’Assisi continui ad affascinare la cultura contemporanea e stuzzichi ancora la conoscenza storiografica. Il santo d’Assisi con il suo messaggio continua a illuminare il nostro tempo: la notte di un mondo sempre più diviso, incapace di amare tutto il creato e credere nella fraternità di tutte le creature. Francesco che illumina la notte è un titolo evocativo del verso del Cantico delle Creature in cui è il fuoco a illuminare la notte: «Laudato sii, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale en allumini la nocte». Francesco è, da sempre, “novellus focus” per l’umanità che sa recepire il suo messaggio: credenti cristiani, credenti in altre religioni, non credenti.