Sul pianto di Oscar Romero e Marianella García Villas
Sarà santo Oscar Romero, il vescovo ucciso a San Salvador il 24 marzo del 1980. Vogliamo ricordare la sua storia insieme a quella della di Marianella García Villas. Moriranno entrambi assassinati dal regime militare al potere. Due autentici martiri cristiani che hanno offerto la vita per difendere i diritti e la dignità del proprio popolo. Di entrambi va fatta memoria, per fare nostri i loro esempi di vita cristiana.

È stato annunciato in questi giorni: Paolo VI e Oscar Arnulfo Romero saranno santi. Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a promulgare i decreti riguardanti il miracolo attribuito all’intercessione dei due beati. Era stato sempre papa Francesco a firmare il Decreto per la Beatificazione di Oscar Romero, il 3 febbraio del 2015. La morte dell’arcivescovo di El Salvador è stata riconosciuta come una forma di martirio perché ucciso in odium fidei.
Mons. Romero fu ucciso il 24 marzo del 1980, mentre stava celebrando la messa nella chiesa dell’ospedale della Divina Provvidenza in Salvador; raggiunto alla giugulare da un colpo di arma da fuoco, sparato dagli squadroni della morte, morirà poche ore dopo in ospedale per emorragia interna. Le sue denunce e le sue prese di posizione erano divenute inaccettabili per la giunta militare al potere in El Salvador. Le sue omelie diffuse dalla radio diocesana Ysax e ascoltate in tutto il mondo facevano conoscere quello che l’oligarchia militare appoggiata dai ricchi latifondisti non voleva si sapesse. El Salvador era uno stato lacerato dalla guerra civile tra i militari al potere e i gruppi politici e sindacali che chiedevano maggiore giustizia; la povertà attanagliava la classe contadina; i poveri erano oppressi e uccisi da un potere che si professava come baluardo della cristianità ma che con il cristianesimo non c’entrava niente. L’arcivescovo Romero denuncia gli arresti, gli omicidi, le detenzioni senza accuse e le sparizioni di molti salvadoregni, le donne violentate e chi ha subito torture. Alla sua morte, la lapide posta sulla tomba riporterà semplicemente il suo motto episcopale: «sentir con la Iglesia». Il suo desiderio è stato, infatti, fin dall’inizio del ministero sacerdotale, quello di vivere il messaggio cristiano restando fedelmente ancorato alla Chiesa e sempre a servizio del suo popolo. Per questo egli si schierò sempre più decisamente in difesa dei poveri e degli oppressi, nella convinzione che i valori evangelici andassero incarnati e non solo predicati. Riuscì a coniugare sempre fede e giustizia, intervenendo sulle questioni politiche e sociali del suo Paese senza confondere i piani e senza sconfinare nell’attivismo politico, convinto che fosse necessario denunciare le situazioni di violenza istituzionalizzata, indicando in modo preciso le responsabilità dei sequestri, dei soprusi e dei massacri. E ora è giunto il tempo in cui finalmente sarà santo, mons. Romero: un santo che ha incarnato lo stile pastorale della «Chiesa in uscita» tanto cara a papa Francesco.
Vorremmo qui ricordare la figura e l’operato di una donna straordinaria, forse un po’ dimenticata, che condivise con mons. Romero l’impegno per la difesa dei diritti del popolo salvadoregno, l’amore per il Vangelo, lo stile cristiano e, purtroppo, la stessa tragica fine. Il 14 marzo del 1983, tre anni dopo mons. Romero, a soli 34 anni, viene assassinata, in Salvador, Marianella García Villas. Anche lei viene uccisa dagli squadristi della morte per le sue denunce e le prese di posizione contro i soprusi perpetrati dalla giunta militare verso il popolo salvadoregno. Ripercorrendo le biografie di Marianella e mons. Romero, c’è un episodio cruciale per la vita di entrambi, che ben rivela l’autentico significato di queste figure per la storia della chiesa. Non furono dei semplici combattenti, impastati un po’ di teologia della liberazione e un po’ di generico egualitarismo, quanto due autentici martiri cristiani che hanno offerto la vita per il proprio popolo. Di entrambi va fatta memoria, per fare nostri i loro esempi di vita cristiana.
L’episodio cruciale che lega indissolubilmente la memoria dell’uno e dell’altra è la storia di un pianto capace di muovere alla conversione del cuore. È la storia di quel giorno particolare in cui Marianella chiese di essere ricevuta a colloquio da mons. Romero. Questa donna nata in una famiglia borghese, istruita nei migliori collegi, formatasi nell’Azione Cattolica Universitaria, è un avvocato brillante da poco diventata presidente della Commissione per i diritti umani in El Salvador. La sua vita è ormai votata alla difesa dei campesinos, che vivono di stenti nelle campagne, e dei prigionieri politici, che muoiono ingiustamente nelle carceri salvadoregne. La sua vita è talmente votata alla difesa degli ultimi e alla denuncia dei soprusi che il 12 maggio del 1978, nel corso di una manifestazione di campesinos, Marianella viene fermata e condotta a forza alla centrale di polizia; poi, mentre è ancora in stato d’arresto, viene violentata da un uomo del Dipartimento G2, il servizio di informazione e spionaggio della polizia nazionale. È proprio il giorno dopo aver subito violenza che Marianella chiede di essere ricevuta da monsignor Romero: il cuore della donna è pieno di odio e di desiderio di vendetta; cerca una risposta al suo dolore. All’ascolto di quell’ignobile violenza subita, Romero non ha altra risposta che il pianto. E Marianella trova proprio nel pianto del vescovo la forza atta ad intenerirle il cuore e a indirizzarla definitivamente su di una strada di sevizio e di amore, piuttosto che su una strada di odio, rancore e vendetta verso i nemici del suo popolo. Da quel momento Marianella, ogni fine settimana, fa avere a mons. Romero informazioni dettagliate su tutti i soprusi e delitti avvenuti nel Paese. Così l’arcivescovo può preparare la propria omelia domenicale e denunciare al mondo quanto accade nel Paese. Ormai l’uno è legato all’altra. Fino al martirio.
Marianella viene catturata dagli squadroni della morte il 13 marzo 1983, mentre sta raccogliendo per la commissione Onu sui diritti umani le prove, anche fotografiche, sull’uso di armi chimiche da parte dei militari. Condotta in elicottero alla Scuola Militare di San Salvador, viene brutalmente torturata e infine dilaniata da proiettili esplosivi. Il giorno dopo, il suo corpo martoriato viene riconsegnato ai familiari.
L’assassinio di Marianella provoca una grande impressione in tutto il mondo. In Italia numerosi parlamentari presentano al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri delle interrogazioni per sollecitare una presa di posizione. Intervengono, tra gli altri, anche il filosofo Norberto Bobbio, che invia un telegramma alla Commissione salvadoregna per i diritti umani per esprimere tutta la propria vicinanza e solidarietà, e padre David Maria Turoldo, che scrive un telegramma al papa, Giovanni Paolo II, chiedendogli di additare al mondo intero il sacrificio di Marianella.
Un mese dopo l’assassinio, esattamente il 18 aprile 1983, Marianella viene ricordata a Roma, in Campidoglio, da Raniero La Vallee e da Luigi Bettazzi, alla presenza di un commosso Sandro Pertini, presidente della Repubblica, e di Nilde Jotti, presidente della Camera.
Il santo Oscar Romero e Marianella hanno offerto la vita per il proprio popolo; ma è soprattutto della loro fede in Cristo e nel Vangelo che va fatta memoria. Memoria di un esempio di vita che ci interpella, oggi. Come è dei santi.
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AA.VV., Dialogo sulla tenerezza, Editrice CENS, Milano 1995.
Anselmo Palini, Marianella García Villas. «Avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi», editrice Ave, Roma 2014.