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“Il Signore benedica i nostri passi perché possiamo ascoltare i giovani”

"Come Chiesa di Gesù – spiega il Papa - desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose. Che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti"

Lo ha affermato oggi Papa Francesco, pronunciando l’omelia della messa di chiusura del Sinodo dei giovani in San Pietro

Papa Francesco incontra i giovani durante la messa di chiusura del Sinodo

Con un messaggio di scuse rivolte ai giovani a nome degli adulti stamani, nella basilica di San Pietro, Papa Francesco ha esordito nell’omelia della messa conclusiva del Sinodo dei vescovi: «Scusateci – afferma – se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie». È stato questo un sincero “mea culpa”, a nome della Chiesa, per tutte quelle volte che non è stata capace di ascoltare i giovani: «Come Chiesa di Gesù – spiega il Papa – desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose. Che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti. Quant’è importante per noi ascoltare la vita! I figli del Padre celeste prestano ascolto ai fratelli. Non alle chiacchiere inutili, ma ai bisogni del prossimo. Ascoltare con amore, con pazienza, come fa Dio con noi, con le nostre preghiere spesso ripetitive. Dio non si stanca mai, gioisce sempre quando lo cerchiamo. Chiediamo anche noi la grazia di un cuore docile all’ascolto».

Il Santo Padre ha preso spunto dal Vangelo odierno «l’ultimo – precisa – che l’evangelista Marco narra del ministero itinerante di Gesù, il quale poco dopo entrerà a Gerusalemme per morire e risorgere. Bartimeo è così l’ultimo a seguire Gesù lungo la via. Da mendicante ai bordi della strada a Gerico, diventa discepolo che va insieme agli altri verso Gerusalemme». Da qui un primo insegnamento: «Anche noi – ricorda il Santo padre – abbiamo camminato insieme, abbiamo ‘fatto sinodo’ e ora questo Vangelo suggella tre passi fondamentali per il cammino della fede. Bartimeo giace solo lungo la strada, fuori casa e senza padre. Non è amato, ma abbandonato. È cieco e non ha chi lo ascolti. Gesù ascolta il suo grido. E quando lo incontra lo lascia parlare. Non era difficile intuire che cosa avrebbe chiesto Bartimeo, è evidente che un cieco voglia avere o riavere la vista. Ma Gesù non è sbrigativo, dà tempo all’ascolto. Ecco il primo passo per aiutare il cammino della fede, ascoltare». È quello che Papa Bergoglio ha definito l’apostolato dell’orecchio: «Ascoltare, prima di parlare – ribadisce -. Al contrario, molti di quelli che stavano con Gesù rimproveravano Bartimeo perché tacesse. Per questi discepoli il bisognoso era un disturbo sul cammino, un imprevisto nel programma. Preferivano i loro tempi a quelli del Maestro, le loro parole all’ascolto degli altri: seguivano Gesù, ma avevano in mente i loro progetti. È un rischio da cui guardarsi sempre».

La basilica di San Pietro gremita per la messa

E dopo l’ascolto è indispensabile compiere anche un altro passo, per accompagnare il cammino di fede: «Farsi prossimi – esorta Papa Francesco -, perché la fede passa per la vita. Guardiamo Gesù, che non delega qualcuno della molta folla che lo seguiva, ma incontra Bartimeo di persona. Gli dice “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. Che cosa vuoi: Gesù si immedesima in Bartimeo, non prescinde dalle sue attese; che io faccia: fare, non solo parlare; per te: non secondo idee prefissate per chiunque, ma per te, nella tua situazione. Ecco come fa Dio, coinvolgendosi in prima persona con un amore di predilezione per ciascuno. Nel suo modo di fare già passa il suo messaggio, così la fede germoglia nella vita». Dunque, la fede passa per la vita: «Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali – ammonisce il Papa -, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale. La fede invece è vita. È vivere l’amore di Dio che ci ha cambiato l’esistenza. Non possiamo essere dottrinalisti o attivisti; siamo chiamati a portare avanti l’opera di Dio al modo di Dio, nella prossimità: stretti a Lui, in comunione tra noi, vicini ai fratelli».

Dunque è la prossimità, per il Pontefice, il segreto per trasmettere il cuore della fede: «Farsi prossimi – precisa Papa Bergoglio – è portare la novità di Dio nella vita del fratello, è l’antidoto contro la tentazione delle ricette pronte. Chiediamoci se siamo cristiani capaci di diventare prossimi, di uscire dai nostri circoli per abbracciare quelli che ‘non sono dei nostri’ e che Dio ardentemente cerca. C’è sempre quella tentazione che ricorre tante volte nella Scrittura, lavarsi le mani. È quello che fa la folla nel Vangelo di oggi, è quello che fece Caino con Abele, è quello che farà Pilato con Gesù, lavarsi le mani. Noi invece vogliamo imitare Gesù, e come lui sporcarci le mani. Egli, la via, per Bartimeo si è fermato lungo la strada; Egli, la luce del mondo, si è chinato su un cieco. Riconosciamo che il Signore si è sporcato le mani per ciascuno di noi, e guardando la croce ripartiamo da lì, dal ricordarci che Dio si è fatto mio prossimo nel peccato e nella morte – l’esortazione ai padri sinodali e a tutti i presenti -. Si è fatto mio prossimo, tutto comincia da lì. E quando per amore suo anche noi ci facciamo prossimi diventiamo portatori di vita nuova: non maestri di tutti, non esperti del sacro, ma testimoni dell’amore che salva».

E dopo l’ascolto e la prossimità, il terzo passo da compiere è quello della testimonianza: «Non è cristiano – ammonisce il Papa – aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portando noi stessi, ma Gesù. Egli ci manda, come quei discepoli, a incoraggiare e rialzare nel suo nome. Gesù – ha spiegato sulla scorta del Vangelo di oggi – ci manda a dire ad ognuno “Dio ti chiede di lasciarti amare da Lui”. Guardiamo i discepoli che chiamano Bartimeo. Non vanno da lui, che mendicava, con un’acquietante monetina o a dispensare consigli; vanno nel nome di Gesù. Infatti gli rivolgono tre sole parole, tutte di Gesù: “Coraggio! Alzati. Ti chiama”. Solo Gesù nel resto del Vangelo dice “Coraggio!” perché solo Lui risuscita il cuore. Solo Gesù nel Vangelo dice alzati, per risanare lo spirito e il corpo. Solo Gesù chiama, cambiando la vita di chi lo segue, rimettendo in piedi chi è a terra, portando la luce di Dio nelle tenebre della vita. Tanti figli, tanti giovani, come Bartimeo, cercano una luce nella vita. Cercano amore vero. E come Bartimeo, nonostante la molta gente, invoca solo Gesù, così anch’essi invocano vita, ma spesso trovano solo promesse fasulle e pochi che si interessano davvero a loro. Quante volte, invece di questo liberante messaggio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre ‘ricette’, le nostre ‘etichette’ nella Chiesa! Quante volte, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per parola sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù!».

È il mea culpa del Papa, al termine dell’omelia: «Allora – denuncia – passiamo per una Ong, per una organizzazione parastatale, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore». Dunque ascoltare, farsi prossimi, testimoniare, sono questi i tre imperativi consegnati ai padri sinodali, ai giovani e alle migliaia di persone presenti nella basilica di San Pietro: «Il cammino di fede nel Vangelo – osserva il Santo Padre – termina in modo bello e sorprendente, con Gesù che dice “Va’, la tua fede ti ha salvato”. Eppure Bartimeo non ha fatto professioni di fede, non ha compiuto alcuna opera; ha solo chiesto pietà. Sentirsi bisognosi di salvezza è l’inizio della fede. È la via diretta per incontrare Gesù. La fede che ha salvato Bartimeo non stava nelle sue idee chiare su Dio, ma nel cercarlo, nel volerlo incontrare». Così, secondo Papa Francesco, la fede è questione di incontro, non di teoria: «Nell’incontro – precisa – Gesù passa, nell’incontro palpita il cuore della Chiesa. Allora non le nostre prediche, ma la testimonianza della nostra vita sarà efficace. E a tutti voi che avete partecipato a questo “camminare insieme”, dico grazie per la vostra testimonianza. Abbiamo lavorato in comunione e con franchezza, col desiderio di servire Dio e il suo popolo. Il Signore benedica i nostri passi, perché possiamo ascoltare i giovani, farci prossimi e testimoniare loro la gioia della nostra vita, Gesù».

Il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, legge la lettera dei padri sinodali

Al termine della Santa messa, anche i 267 padri sinodali hanno voluto rivolgere un messaggio ai giovani per il dopo-Sinodo: «La Chiesa e il mondo – premettono – hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso» la consegna per il dopo-Sinodo».

Ecco il testo integrale della lettera:

«A voi, giovani del mondo, ci rivolgiamo noi padri sinodali, con una parola di speranza, di fiducia, di consolazione. In questi giorni ci siamo riuniti per ascoltare la voce di Gesù, ‘il Cristo eternamente giovane’, e riconoscere in Lui le vostre molte voci, le vostre grida di esultanza, i lamenti, i silenzi. Sappiamo delle vostre ricerche interiori, delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle angosce che costituiscono la vostra inquietudine. Desideriamo che adesso ascoltiate una parola da noi: vogliamo essere collaboratori della vostra gioia affinché le vostre attese si trasformino in ideali. Siamo certi che sarete pronti a impegnarvi con la vostra voglia di vivere, perché i vostri sogni prendano corpo nella vostra esistenza e nella storia umana. Le nostre debolezze non vi scoraggino, le fragilità e i peccati non siano ostacolo alla vostra fiducia. La Chiesa vi è madre, non vi abbandona, è pronta ad accompagnarvi su strade nuove, sui sentieri di altura ove il vento dello Spirito soffia più forte, spazzando via le nebbie dell’indifferenza, della superficialità, dello scoraggiamento. Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul piacere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia. Per un mese abbiamo camminato insieme con alcuni di voi e molti altri legati a noi con la preghiera e l’affetto. Desideriamo continuare ora il cammino in ogni parte della terra ove il Signore Gesù ci invia come discepoli missionari. La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso».

 

About Davide De Amicis (4360 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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