Politica: “Da vivere come servizio, altrimenti è strumento di distruzione”
"La buona politica - sottolinea Papa Francesco - è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza"
«La ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie». Comincia con questa constatazione il messaggio di Papa Francesco per la 52ª Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1° gennaio prossimo sul tema “La buona politica è al servizio della pace”: «La politica – ammonisce il Papa – è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione». A tal proposito, il Santo Padre ha citato la definizione di speranza di Charles Peguy “Un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza”.
Poi la citazione di San Paolo VI “Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità”: «La funzione e la responsabilità politica – scrive il Pontefice – costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità».
Del resto, «offrire la pace – ricorda il Santo Padre – è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana. La ‘casa’ di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra ‘casa comune’, il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine».
Successivamente, Papa Bergoglio ha individuato le virtù che contraddistinguono una buona politica, citando anche Benedetto XVI: «La giustizia – elenca -, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana. È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico – aggiunge Francesco, menzionando anche le “beatitudini del politico”, proposte dal cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, definito “un fedele testimone del Vangelo -. “Beato il politico – riporta – che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità. Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse. Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente. Beato il politico che realizza l’unità. Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare. Beato il politico che non ha paura».
E la politica deve sapersi rigenerare: «Ogni rinnovo delle funzioni elettive – sottolinea il Papa -, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi, la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza».
Ma il Papa ha anche individuato le tentazioni da cui la politica deve stare lontana: «Vizi come la corruzione, la xenofobia e il razzismo – stigmatizza Papa Francesco – sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale. Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano, e indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale. La corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della ‘ragion di Stato’, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio. Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati – il monito del Pontefice –, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro».
Al contrario, quando la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi: «La pace – constata il Santo Padre – si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire ‘io mi fido di te e credo con te’, nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo».
Da qui un invito: «Ognuno – esorta Bergoglio – può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse».
Soprattutto in un periodo storico caratterizzato dall’individualismo e dalla diffidenza verso il prossimo: «Viviamo – constata il Papa – in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di ‘artigiani della pace’ che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana. Cento anni dopo la fine della Prima Guerra mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura, perché tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. L’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili, contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace».
Da qui un riferimento ai migranti: «Non sono sostenibili – accusa il Pontefice – i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. La pace, al contrario, si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate».
E a fare le spese di questo clima d’odio e di violenza sono soprattutto i bambini: «Nel mondo – ricorda Papa Bergoglio nella parte finale del suo messaggio dedicato ai più piccoli, ma anche a chi s’impegna a proteggerli -, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità».
Questo l’omaggio di Francesco, che ha concluso il suo messaggio menzionando il settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti – afferma ancora il Papa, citando San Giovanni XXIII -, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri. Nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli».
La pace, dunque, è frutto di un grande progetto politico: «Che si fonda – ribadisce – sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima».
Tre, per il Papa, le dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria: «La pace con sé stessi – elenca -, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando ‘un po’ di dolcezza verso sé stessi’, per offrire ‘un po’ di dolcezza agli altri’; la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire».