“Ripagate il male col bene, è la strada che la fede ci mette nel cuore”
"Quando si riceve il male - spiega l'arcivescovo Valentinetti -, viene voglia di farsi giustizia da soli, di reagire, di fare anche noi male perché abbiamo ricevuto male. Ma la parola di San Paolo ci ammonisce “Non ripagate il male col male, ma ripagate il male col bene”. Capisco che è una giustizia difficile, ma del resto Dio nei nostri riguardi non usa lo stesso metro? Forse alla nostra ingiustizia, ai nostri peccati, ci ripaga con la sua vendetta o con la sua misericordia?"
Ha approfondito il concetto della lotta tra il bene e il male secondo la logica del Vangelo l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti giovedì sera, in una Cattedrale di San Cetteo gremita da autorità e fedeli, pronunciando l’omelia del Pontificale solenne in occasione della festa di San Cetteo, patrono di Pescara e della sua arcidiocesi. Una riflessione ispirata dalle letture del giorno (il libro del profeta Malachia 3, 13-4,2, la lettera di San Paolo apostolo agli efesini e il Vangelo di Luca 11, 5-13), ma anche dal tragico omicidio in cui pochi giorni fa hanno perso la vita i due agenti di Polizia della Questura di Trieste Pierluigi Rotta e Matteo Demenego.
Un sacrificio ricordato dall’arcivescovo in avvio di celebrazione: «L’uomo dell’antico testamento che aveva instaurato un rapporto d’alleanza con Dio – esordisce il presule -, come del resto anche l’uomo d’oggi, l’uomo di fede cerca una risposta al proliferare del male, al proliferare del malvagio, al proliferare della cattiveria. Le inquietudini dell’uomo dell’antico testamento sono le inquietudini dell’uomo moderno, perché l’uomo è sempre tale. I profeti hanno cercato di dare una risposta e il testo di Malachia che abbiamo ascoltato si pone in questa linea, ponendo la grande domanda “Ma perché esistono i malvagi? Perché esistono coloro che vivono senza Dio, coloro che disprezzano la legge di Dio?” Oserei dire coloro che disprezzano legge dell’umanità, della pacifica convivenza dell’uomo accanto all’uomo? E i profeti, Malachia in particolare, trovano una risposta abbastanza decisa, dolente “Sta per venire un giorno rovente, come un forno, e allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia. Quel giorno, venendo, li brucerà, dice il Signore degli eserciti, fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi che avere timore del mio nome sorgerà, con raggi benefici, il sole di giustizia”. Promessa, questa, sicuramente molte volte realizzata, perché il male si ritorce sempre contro chi lo fa. E sicuramente solo il Signore è il rifugio del giusto. Solo il Signore è colui che può dare una risposta al giusto che, nonostante veda l’ingiustizia proliferare intorno a sé, che nonostante veda la cattiveria sempre più ficcante dentro la storia dell’umanità, confida nel Signore. Ed ecco allora il salmo responsoriale “Beato l’uomo che confida nel Signore”. Ma oserei dire la parola di Ezechiele “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, benedetto l’uomo che confida nel Signore”. Ma questa confidenza nel Signore, questa capacità di superare l’apparente sconfitta del bene nei confronti del male di cui facciamo costantemente esperienza».
Da qui il riferimento al caso dei due poliziotti uccisi: «Ma potrei citare – aggiunge l’arcivescovo Valentinetti – situazioni molto più grandi e molto più estese che ci fanno pensare “Ma l’uomo da dove trae la radice del suo agire? Qual è lo spirito che porta nel cuore per prendere le decisioni?”. E questo si dica dell’uomo normale, dell’uomo che ha responsabilità di lavoro, amministrative e dei potenti di questo mondo, che se si svegliano la mattina possono scatenare guerre infinite. Da dove l’uomo trae la sua ispirazione? Io credo che, come credenti, dobbiamo avere il coraggio di seguire i testimoni che ci hanno dato l’esempio di una fedeltà al Signore, alla legge del Signore, e una fedeltà alla legge dell’umanità. Non dimentichiamo che la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, dice che “Tutto ciò che è genuinamente umano, è genuinamente cristiano”. Umano e cristiano molte volte noi li distinguiamo, ma in realtà il cristianesimo affonda le sue radici nell’umanità e l’umanità si completa nella vita di fede. Ma allora, dove troviamo la forza? La forza stessa di San Cetteo, che ha avuto il coraggio di reagire al male. Ma ce lo ha detto la seconda lettura, la pagina della lettera di San Paolo apostolo agli efesini, “Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo”. E sì, perché il male, l’ingiustizia, la violenza, la cattiveria, vengono dal maligno. Non c’è niente da fare e l’esame di coscienza che uno dovrebbe fare è “La mia azione viene dal bene o viene dal maligno?”. La nostra battaglia è contro le creature del mondo delle tenebre, contro gli spiriti del male, perciò prendete l’armatura di Dio perché possiate resistere nel giorno malvagio».
Quindi ancora un riferimento alla lettera di San Paolo apostolo agli efesini, “State dunque saldi, prendete la verità per cintura dei vostri fianchi”: «Sì – sottolinea l’arcivescovo di Pescara-Penne -, perché la verità paga sempre così come il male si ritorce contro chi lo fa. La verità paga sempre, ci mette tempo, ma paga bene. Rivestitevi con la corazza della giustizia. Quando si riceve il male, viene voglia di farsi giustizia da soli, di reagire, di fare anche noi male perché abbiamo ricevuto male. Ma la parola di San Paolo ci ammonisce “Non ripagate il male col male, ma ripagate il male col bene”. Capisco che è una giustizia difficile, ma del resto Dio nei nostri riguardi non usa lo stesso metro? Forse alla nostra ingiustizia, ai nostri peccati, ci ripaga con la sua vendetta o con la sua misericordia? E avendo come calzari ai piedi lo zelo per propagare il Vangelo della pace. Quel Vangelo della pace così poco presentato, tanto spesso sconosciuto, tanto spesso abbandonato. Perché il Vangelo è quella parola che ci scarnifica, che ci mette a nudo, che ci fa vedere realmente cosa dobbiamo fare, “ma tenendo in mano lo scudo con cui potete spegnere i dardi del maligno. Prendente anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio”. Una sintesi perfetta, perché realmente possiamo avere il coraggio di una fede cristallina, che sa attraversare le prove più difficili. Anche quando il male ci viene buttato addosso, anche quando il fango ci viene buttato addosso, ripaghiamo il male con il bene sempre perché questa è la strada che la fede mette nel nostro cuore».
E perché tutto questo possa essere possibile, monsignor Tommaso Valentinetti invita a vivere una preghiera incessante: «La parola del Vangelo ci ha parlato proprio di questo – ricorda -, “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, perché chiunque chiede riceve, chiunque cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. E poi conclude “E voi che siete cattivi, se sapete dare cose buone ai vostri figli, considerate che il Padre vostro vi darà lo Spirito Santo, cioè quella capacità interiore che viene dall’alta potenza di Dio in noi e ci dà la possibilità di vivere in questa fede, in questa speranza e in questa carità».
Partendo da questo presupposto, l’arcivescovo Valentinetti ha concluso con un auspicio: «In questa sera – afferma – noi vogliamo imitare San Cetteo, pregando incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche lo Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi. E questa sera dico anch’io “E pregando anche per me”, servo di questa comunità ecclesiale, in questo giorno di festa, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, sempre per conoscere e far conoscere il mistero del Vangelo».
Al termine della celebrazione eucaristica, c’è poi stato un lieto fuori programma con l’arcivescovo Valentinetti che ha annunciato la donazione alla Cattedrale, da parte di una famiglia, di un defibrillatore: «È bene che anche la Cattedrale – spiega il presule – si doti di qualche strumento salvavita che, in determinare circostanza, potrebbe essere necessario. Adesso daremo lo benediremo e formeremo alcuni operatori al suo utilizzo».
Infine proprio giovedì sono riprese le attività del Seminario diocesano, giunto al suo secondo anno di attività: «Dove alcuni giovani – illustra l’arcivescovo – proseguiranno nella preparazione verso il sacerdozio. Sul presbiterio avete visto in servizio alcuni nostri seminaristi, che in parte si torneranno al Seminario regionale di Chieti e in parte si recheranno in questo piccolo e nuovo cenacolo di vocazione, per fomentare le vocazioni all’interno della nostra comunità diocesana. Vi chiedo una preghiera particolare per loro, per i seminaristi, perché questo luogo che contiene 7-8 posti possa essere riempito al massimo, dato che di sacerdoti ne abbiamo veramente bisogno».