“Chiesa in tensione tra il disordine e l’armonia dello Spirito”
"O ci deprimiamo, o ci alieniamo, oppure creiamo. - afferma il Pontefice - In casa abbiamo bisogno di creatività apostolica"
Nell’intervista che Papa Francesco ha rilasciato al giornalista britannico Austen Ivereigh -pubblicata ieri su La Civiltà Cattolica nella versione in italiano- emerge non solo una visione sulla situazione globale post Covid-19 ma anche un’analisi sul futuro della Chiesa.
In questo tempo di isolamento forzato «Prego di più, perché credo di doverlo fare, e penso alla gente. Mi preoccupa questo: la gente. Pensare alla gente mi unge, mi fa bene, mi sottrae all’egoismo – spiega Bergoglio – Penso alle mie responsabilità attuali e nel dopo che verrà. Quale sarà in quel dopo il mio servizio come Vescovo di Roma, come capo della Chiesa? Quel dopo ha già cominciato a mostrarsi tragico, doloroso, per questo conviene pensarci fin da adesso.
«La mia preoccupazione più grande – prosegue il Pontefice – è come accompagnare il popolo di Dio e stargli più vicino. Questo è il significato della Messa delle sette di mattina in live streaming, come pure di alcuni miei interventi e del rito del 27 marzo in piazza S. Pietro. E di un lavoro piuttosto intenso di presenza, attraverso l’Elemosineria apostolica, per accompagnare le situazioni di fame e di malattia».
Per questi motivi, annuncia «Attraverso il dicastero per lo Sviluppo umano integrale è stata organizzata una commissione che lavora su questo e si riunisce con me. Sto vivendo questo momento con molta incertezza» ma anche con «molta inventiva» e «creatività».
Le domande del giornalista portano il Papa a esprimersi sulla possibilità di «ripensare il modo di essere della Chiesa: forse una Chiesa più missionaria, più creativa, meno aggrappata alle istituzioni».
«Meno aggrappata alle istituzioni? Direi piuttosto agli schemi. Infatti la Chiesa è istituzione. Esiste la tentazione di sognare una Chiesa deistituzionalizzata – risponde Francesco, ma – A rendere la Chiesa istituzione è lo Spirito Santo. Dobbiamo imparare a vivere in una Chiesa in tensione tra il disordine e l’armonia provocati dallo Spirito Santo. Se mi chiede un libro di teologia che possa aiutarla a comprenderlo, sono gli Atti degli apostoli. Ci troverà il modo in cui lo Spirito Santo deistituzionalizza quello che non serve più e istituzionalizza il futuro della Chiesa. Questa è la Chiesa che deve uscire dalla crisi».
In un momento difficile come questo «Dobbiamo affrontare il restare a casa con tutta la nostra creatività. – afferma il Papa – O ci deprimiamo, o ci alieniamo, per esempio, con mezzi di comunicazione che possono condurci a realtà di evasione dal momento presente, oppure creiamo. In casa abbiamo bisogno di creatività apostolica, creatività purificata da tante cose inutili, ma con nostalgia di esprimere la fede in comunità e come popolo di Dio».
Il Santo Padre affida quindi due messaggi: ai giovani e agli anziani. «Agli anziani di oggi voglio dire: so che sentite la morte vicina e avete paura, ma volgete lo sguardo dall’altra parte, ricordate i nipoti e non smettete di sognare. È questo che Dio vi chiede: di sognare. L’anziano è come la radice. – prosegue – Il giovane è germoglio, fogliame, ma ha bisogno della radice; altrimenti non può dare frutto». Gli anziani quindi «Devono parlare con i giovani. Questa tensione tra vecchi e giovani deve sempre risolversi nell’incontro».
«Che ho da dire ai giovani? Abbiate il coraggio di guardare più avanti e siate profeti. Al sogno degli anziani faccia riscontro la vostra profezia».
«Quello che chiedo alla gente – aggiunge Papa Francesco – è di farsi carico degli anziani e dei giovani. Di farsi carico della storia. Di farsi carico di questi defraudati. E mi viene in mente un verso di Virgilio, quando Enea, sconfitto a Troia, aveva perduto tutto e gli restavano due vie d’uscita: o rimanere là a piangere e porre fine alla sua vita o fare quello che aveva in cuore, andare oltre, andare verso i monti per allontanarsi dalla guerra. È un verso magnifico: Cessi, et sublato montem genitore petivi. “Mi rassegnai e sollevato il padre mi diressi sui monti”. È questo che tutti noi dobbiamo fare oggi: prendere le radici delle nostre tradizioni e salire sui monti».