Nuovo Direttorio catechesi: “Per liberarla dai lacci che ne impediscono l’efficacia”
"Il primo - sottolinea monsignor Rino Fisichella -, lo si può identificare nello schema scolastico, secondo il quale la catechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sul paradigma della scuola. Il secondo, è la mentalità secondo la quale si fa la catechesi per ricevere un sacramento. Un terzo, è la strumentalizzazione del sacramento a opera della pastorale, per cui i tempi del sacramento della Confermazione sono stabiliti dalla strategia pastorale di non perdere il piccolo gregge di giovani rimasto in parrocchia e non dal significato che il sacramento possiede in se stesso nell’economia della vita cristiana"
È stato presentato oggi presso la sala stampa vaticana, a 23 anni dal Direttorio generale per la catechesi e a 15 anni dal Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, il nuovo Direttorio per la catechesi approvato lo scorso 23 marzo da Papa Francesco con l’obiettivo di intervenire sulle «nuove problematiche che la Chiesa è chiamata a vivere», particolarmente in riferimento alla cultura digitale e alla globalizzazione della cultura: «L’esigenza della formazione che abbia attenzione alla singola persona sembra spesso oscurata dinanzi all’imporsi di modelli globali – si legge nella presentazione del testo firmata da monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. – La tentazione di adeguarsi a forme di omologazione internazionale non è un rischio da sottovalutare, soprattutto nel contesto della formazione alla vita di fede. Questa, infatti, si trasmette con l’incontro interpersonale e si alimenta nella sfera della comunità. L’esigenza di esprimere la fede con la preghiera liturgica e di testimoniarla con la forza della carità impone di saper andare oltre la frammentarietà delle proposte per recuperare l’unità originaria dell’essere cristiano. Essa trova il suo fondamento nella Parola di Dio annunciata e trasmessa dalla Chiesa con una Tradizione viva, che sa accogliere in sé l’antico e il nuovo di generazioni di credenti sparse in ogni parte del mondo». La specificità del nuovo Direttorio è «lo stretto legame tra evangelizzazione e catechesi», iniziando dal primo annuncio. Tra le priorità vengono indicate il catecumenato degli adulti, la formazione dei catechisti e l’urgenza di «individuare i nuovi linguaggi con cui comunicare la fede».
Il Direttorio parte, innanzitutto, compiendo un’analisi del contesto attuale: «Di fronte alla crisi delle famiglie – osserva il documento, elaborato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione -, i nonni, che spesso hanno un maggiore radicamento nella fede cristiana e un passato ricco di esperienze, diventano punti di riferimento importanti». Ma si auspica anche un maggior coinvolgimento dei genitori nel percorso di fede dei propri figli, sottolineando «il grande contributo delle donne alla catechesi, come spose, madri, catechiste, lavoratrici e professioniste». Ma la crisi la vivono le famiglie stesso al loro interno: «Sono in grande aumento – constata il Direttorio per la catechesi – le crisi coniugali e familiari, che spesso si risolvono dando origine a nuove relazioni, nuove coppie, nuove unioni e nuovi matrimoni, creando situazioni familiari complesse e problematiche per la scelta cristiana. Con premura, rispetto e sollecitudine pastorale, la Chiesa vuole accompagnare quei figli segnati da un amore ferito, che si trovano in una condizione più fragile, ridonando loro fiducia e speranza». Da qui una raccomandazione espressa sul documento: «È importante – ammonisce il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione – che ogni comunità cristiana guardi con realismo alle eterogenee realtà familiari, con le loro luci ed ombre, al fine di accompagnarle in modo adeguato e discernere la complessità delle situazioni, senza cedere a forme di idealizzazioni e di pessimismo». A ciò si aggiunge anche un’esortazione ad «accompagnare nella fede e introdurre alla vita della comunità le situazioni dette irregolari, con uno stile di prossimità, di ascolto e di comprensione, evitando “forme di solitudine o discriminazione».
Quindi l’elaborato ha approfondito il tema del digitale, rivolgendo un nuovo invito: «Educare – si legge nel Direttorio – al buon uso e ad una più profonda comprensione della cultura digitale, aiutando a discernere gli aspetti positivi da quelli ambigui». Tutto ciò in rapporto alla nuova evangelizzazione: «La realtà virtuale – ammonisce l’elaborato – non può però supplire la realtà spirituale, sacramentale ed ecclesiale vissuta nell’incontro diretto tra le persone. Per testimoniare il Vangelo, è necessaria una comunicazione autentica, frutto di un’interazione reale tra le persone. È innegabile che i processi di comunicazione di massa hanno conosciuto un’accelerazione notevole e hanno contribuito non poco a produrre una mentalità globale che, se da un lato offre a tutti e immediatamente la possibilità di sentirsi membri della grande famiglia umana condividendo progetti e risorse, dall’altro appiattisce e omologa, finendo per rendere le persone vittime di un potere spesso anonimo. L’introduzione e l’utilizzo in forma massiva degli strumenti digitali ha causato cambiamenti profondi e complessi a molti livelli con conseguenze culturali, sociali e psicologiche ancora non del tutto evidenti, in quanto il consumo di contenuti digitali non è un processo solo quantitativo, ma anche qualitativo che produce un altro linguaggio e un nuovo modo di organizzare il pensiero». Questo il grido d’allarme lanciato dal Direttorio per la catechesi, in una cultura «segnata spesso dall’immediatezza, dall’istante e dalla debolezza della memoria» e caratterizzata da «una mancanza di prospettive e di un quadro d’insieme». Per questo diviene urgente l’educazione ai media, «perché – spiega il documento – ci si trova di fronte a una forma di analfabetismo digitale. Nella sterminata produzione digitale gli analfabeti contemporanei, saranno coloro che non sanno percepire la differenza qualitativa e veritativa dei diversi contenuti digitali che si trovano davanti. Servono figure autorevoli che, attraverso l’accompagnamento personale, portino ogni singolo giovane a riscoprire il proprio progetto personale di vita. Questo cammino richiede di passare dalla solitudine, nutrita dai likes, alla realizzazione di progetti personali e sociali da realizzare in comunità. La catechesi nell’epoca del digitale sarà personalizzata ma mai un processo individuale: dal mondo individualista e isolato dei social, si dovrà transitare nella comunità ecclesiale, luogo in cui l’esperienza di Dio si fa comunione e condivisione del vissuto. È importante aiutare a non confondere i mezzi con il fine, a discernere come navigare in rete, in modo da crescere come soggetti e non come oggetti e andare oltre la tecnica per ritrovare un’umanità rinnovata nella relazione con Cristo».
Successivamente, il Direttorio per la catechesi affronta il tema della pastorale migratoria, che a suo dire vede coinvolte tutte le diocesi perché appartenenti a Paesi di origine, di transito o di destinazione dei migranti: «In non pochi casi – ricorda il documento -, il processo migratorio comporta non solo gravi problemi umanitari, ma spesso anche l’abbandono della pratica religiosa e la crisi delle convinzioni di fede». Da qui la necessità di promuovere «progetti di evangelizzazione e accompagnamento dei migranti in tutto il loro viaggio, partendo dal paese d’origine attraverso i paesi di transito fino al paese di accoglienza, con particolare attenzione a rispondere alle loro esigenze spirituali attraverso la catechesi, la liturgia e la celebrazione dei sacramenti. Nella catechesi con le comunità di accoglienza si presti attenzione a motivare al dovere della solidarietà e a combattere i pregiudizi negativi». Questa la raccomandazione del testo, che spinge anche a considerare i «gravi problemi che precedono e accompagnano il fenomeno migratorio, quali la questione demografica, il lavoro e le sue condizioni (fenomeno del lavoro nero), la cura dei molti anziani, la malavita, lo sfruttamento. Anche agli emigrati va assicurata la possibilità di mantenere la fede vissuta nel paese di origine, con una catechesi che va organizzata e gestita in pieno accordo con il vescovo del luogo, in modo che si sviluppi in armonia con il cammino della Chiesa particolare e sappia coniugare rispetto dell’identità e impegno all’integrazione».
Il Direttorio invita infine a pensare anche ad una catechesi con «le persone marginali», come i profughi, i nomadi, i senza fissa dimora, i malati cronici, i tossicodipendenti, i carcerati, le schiave della prostituzione». Nel Direttorio per la catechesi trova posto anche l’analisi del rapporto tra la catechesi e le questioni bioetiche: «Nel contesto odierno – sottolinea il Direttorio – urge un impegno concreto nella difesa della vita e della sua dignità dinanzi alle varie espressioni della cultura di morte, che si fa sempre più presente in vasti settori della società mondiale. La difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. Nella sua missione di promuovere sempre e dovunque la vita umana e di difenderla quando è minacciata, la Chiesa afferma con chiarezza che la vita personale è sacra e inviolabile. La condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. È in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore. Dio è il riferimento iniziale e ultimo della vita, dal suo concepimento alla morte naturale; la persona è sempre unità di spirito e corpo; la scienza è al servizio della persona; la vita va accolta in qualsiasi condizione, perché redenta dal mistero pasquale di Gesù Cristo”, sono i principi basilari della bioetica cattolica: la catechesi, quindi, “dovrà porre ogni sforzo per far comprendere l’insegnamento della Chiesa in proposito e aiutare a creare una nuova cultura. La sfida per il rispetto della dignità e dell’integrità della persona rimane, pertanto, uno scenario attuale per l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio nel mondo contemporaneo».
Nel documento ecclesiale spazio anche all’ecologia, nei confronti della quale è stato declinato l’impegno: «Aiutare i credenti – precisa il Pontificio Consiglio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione – a prendere consapevolezza che l’impegno per la questione ecologica è parte integrante della vita cristiana. Ascoltare il grido della terra, che è strettamente connesso con il grido dei poveri. L’opzione o amore preferenziale per i poveri è una forma speciale di primato nell’esercizio della carità che tocca la vita di ciascun cristiano. È una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica». In questa prospettiva, la catechesi deve «educare alla povertà evangelica e ad uno stile di vita sobrio» e favorire nei fedeli alcuni atteggiamenti basilari: «rispetto per la dignità della persona, sostegno alla sua crescita, promozione della cultura della fraternità, sdegno per le situazioni di miseria e di ingiustizia». La catechesi, inoltre, ricorda che «la povertà è una virtù che permette di usare correttamente i beni materiali, aiutando a vivere in modo libero e sano anche i legami e gli affetti». La fede, infine, «non va vissuta come un fatto individuale, privo di conseguenze concrete sulla vita sociale: è parte integrante del cammino di approfondimento della fede la maturazione di una visione sociale e politica attenta all’eliminazione delle ingiustizie, alla costruzione della pace e alla salvaguardia del creato, alla promozione di varie forme di solidarietà e sussidiarietà», denunciando le «strutture di peccato che hanno un impatto negativo sul tessuto sociale e sull’ambiente». L’altro imperativo è invece quello di «Agire per il bene comune, sia nella sfera della propria quotidianità che, a scala più ampia, nell’impegno sociale e politico più diretto». Nell’ambito del lavoro, infine, la catechesi «dovrà illustrare il nobile significato dell’impegno umano nel mondo; sostenere la testimonianza cristiana nel luogo di lavoro; aiutare i fedeli a essere fermento di riconciliazione nelle situazioni conflittuali; incoraggiare l’impegno per l’umanizzazione del lavoro; sollecitare la difesa dei diritti dei più deboli».
Un Direttorio per la catechesi, quest’ultimo, di cui si sentiva il bisogno: «Nell’epoca digitale – sottolinea monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione -, vent’anni sono paragonabili senza esagerazione ad almeno mezzo secolo». Un documento, questo, nato dalla necessità di prendere in considerazione «con grande realismo il nuovo che si affaccia – aggiunge Fisichella -, con il tentativo di proporne una lettura che coinvolgesse la catechesi. Per questo motivo che il Direttorio presenta non solo le problematiche inerenti la culturale digitale, ma suggerisce anche quali percorsi effettuare perché la catechesi diventi una proposta che trova l’interlocutore in grado di comprenderla e di vederne l’adeguatezza con il proprio mondo. Vivere sempre più la dimensione sinodale non può far dimenticare gli ultimi Sinodi che la Chiesa ha vissuto». Questo il motivo teologico ed ecclesiale che fa da sfondo al testo, con monsignor Rino Fisichella che ha citato, in particolare, il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede nel 2012, con la conseguente Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium, e il venticinquesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, che toccano direttamente la competenza del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione: «L’evangelizzazione – approfondisce – occupa il posto primario nella vita della Chiesa e nel quotidiano insegnamento di papa Francesco. La catechesi, quindi, va intimamente unita all’opera di evangelizzazione e non può prescindere da essa. Ha bisogno di assumere in sé le caratteristiche stesse dell’evangelizzazione, senza cadere nella tentazione di diventarne un sostituito o di voler imporre all’evangelizzazione le proprie premesse pedagogiche». Da qui il primato del “primo annuncio” e del legame tra evangelizzazione e catecumenato: «Come esperienza – aggiunge il presule – del perdono offerto e della vita nuova di comunione con Dio che ne consegue. È urgente compiere la conversione pastorale per liberare la catechesi da alcuni lacci che ne impediscono l’efficacia. Il primo, lo si può identificare nello schema scolastico, secondo il quale la catechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sul paradigma della scuola. Il secondo, è la mentalità secondo la quale si fa la catechesi per ricevere un sacramento. Un terzo, è la strumentalizzazione del sacramento a opera della pastorale, per cui i tempi del sacramento della Confermazione sono stabiliti dalla strategia pastorale di non perdere il piccolo gregge di giovani rimasto in parrocchia e non dal significato che il sacramento possiede in se stesso nell’economia della vita cristiana».