Don Palmerino: “La sua vita si è consumata tra le mura della parrocchia che parlano di lui”
“Sicut palma florebit”, ovvero “Come palma fiorirà” – racconta Francesco Berardi, collaboratore di don Palmerino -. Questo sarebbe stato il motto che avresti usato qualora fossi diventato vescovo, mi hai detto un giorno scherzando sulle voci che un tempo corsero. Non ci sei rimasto male, sei sempre sto umile, tu che hai venduto la 850 di famiglia, dicendo che un sacerdote non poteva guidare un’auto così lussuosa. Tu che hai rifiutato il titolo di monsignore, dicendo “Che cosa sono questi spagnolismi?!”

Una chiesa della Beata Vergine Maria del Rosario gremita di fedeli, per quanto le norme anti-Covid consentivano, ieri mattina ha dato l’ultimo saluto al suo parroco – don Palmerino Di Sciascio, scomparso nella notte tra domenica e lunedì a 93 anni – che per 56 anni si è preso cura di una comunità parrocchiale costruita dal nulla. È stato l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti a presiedere il rito funebre.

A concelebrare con lui il vicario generale monsignor Francesco Santuccione, l’attuale parroco don Battista Arena e più di 20 sacerdoti che insieme a don Palmerino hanno condiviso il cammino sacerdotale: «È particolarmente faticoso accettare – afferma il presule -, come il mistero della morte possa rapire anche chi ci ha fatto del bene, dedicando la vita alla celebrazione dei sacramenti e al bene del prossimo, ma tant’è. La vita di don Palmerino si è consumata dentro queste mura, che parlano di lui. Parla di lui il primo mattone di questa chiesa e il magnifico organo, realizzato quasi a conclusione del suo ministero di parroco. E poi la sua dimensione spirituale di accompagnamento dei giovani nell’educazione catechetica e nell’educazione scolastica, come insegnante presso il Liceo classico».
Ma l’arcivescovo Valentinetti ha ricordato anche il suo impegno profuso al fianco delle famiglie divise, in quanto avvocato rotale presso il Tribuna ecclesiastico interdiocesano abruzzese e molisano che, attualmente, è moderato dall’arcivescovo di Chieti-Vasto monsignor Bruno Forte, il quale ha fatto pervenire le proprie preghiere e condoglianze ai familiari.
Poi è stato avverato uno degli ultimi desideri del compianto presbitero, la recita del Padre nostro in greco scandita dal suo collaboratore Francesco Berardi, che ha poi raccontato episodi poco conosciuti di don Palmerino: «“Sicut palma florebit”, ovvero “Come palma fiorirà” – riporta -. Questo sarebbe stato il motto che avresti usato qualora fossi diventato vescovo, mi hai detto un giorno scherzando sulle voci che un tempo corsero. Non ci sei rimasto male, sei sempre sto umile, tu che hai venduto la 850 di famiglia, dicendo che un sacerdote non poteva guidare un’auto così lussuosa. Tu che hai rifiutato il titolo di monsignore, dicendo “Che cosa sono questi spagnolismi?!”».

Parrocchiano di don Palmerino è stato anche il sindaco di Pescara Carlo Masci, che lo scorso 10 ottobre ha avuto il piacere di consegnargli la benemerenza civica del Ciattè d’oro, il quale non è riuscito a trattenere le lacrime pensando all’ultimo viaggio di don Palmerino: «Lui è stato un protagonista assoluto della vita di Pescara – conclude – e noi, che perdiamo un padre spirituale, ci sentiamo tutti un po’ orfani. Mi dispiace che vada a Guardiagrele (paese d’origine) – conclude -, perché lui è Pescara. Mi auguro che il suo sogno possa realizzarsi. Diceva sempre che voleva stare nella chiesa dov’è cresciuto, insieme alla sua comunità, grazie don Palmerino».