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“Tutti possono incontrare il Signore, ma va cercato costantemente”

"Cerchiamo anche noi il Signore – conclude l'arcivescovo Valentinetti -. Non smettiamo di cercare. Possiamo essere contraddetti anche noi, ma non smettiamo mai di cercarlo. E non smettiamo di cercarlo nella sua umanità, perché Lui continui a stare in mezzo a noi e continui ad essere uno di noi"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la messa dell’Epifania

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, pronuncia l'omelia

È partita dall’annuncio del giorno di Pasqua, domenica 4 aprile 2021, la riflessione dell’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nell’omelia della messa di ieri, presieduta nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara, in occasione della solennità dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo: «L’annuncio del giorno di Pasqua – spiega il presule – ci fa fare memoria di un tempo che passa. Di un tempo che, anno dopo anno, continua il suo cammino e come la liturgia approfondisce sempre di più, in una ricerca dell’amore di Dio e dell’incontro continuo con il Signore».

A questa idea del tempo che passa e dell’approfondimento dell’incontro con il Signore, l’arcivescovo Valentinetti ha poi legato la visita dei magi da Gesù Betlemme: «Qual è il suo significato profondo? – s’interroga -. Il primo significato importante è che nessuno è escluso dall’incontro con il Signore, tutti possono raggiungere l’incontro con Gesù Cristo a prescindere dalla loro nazione, razza o religione di appartenenza (il Concilio Vaticano II ha ricordato che semi di verità si trovano in tutte le religioni presenti sulla terra). Dunque, tutti i popoli possono incontrare il Signore Gesù. Certo, in maniera diversa, non tutti allo stesso modo. Noi abbiamo la grazia di incontrarlo nella pienezza della rivelazione. Altri, probabilmente, no. Ma per questo manifestarsi del Signore a tutti occorre avere una costanza di ricerca. I magi sono coloro che hanno cercato, non si sono scoraggiati nel cercare attraverso lo scrutare delle Scritture – probabilmente anch’essi conoscevano l’Antico testamento – della loro fede, ma anche scrutando alcuni segni che il cielo poteva dare. La stella è il segno particolarissimo che essi interpretano e cercano di seguire. Ma la ricerca dev’essere continua, la ricerca non è mai facile e può subire delle contraddizioni. Ecco Erode. Essi pensando di fare bene ad andare a chiedere a colui che, tutto sommato, poteva essere il destinatario della loro ricerca. Ma si trovano di fronte, invece, ad un nemico, ad un avversario. La loro ricerca si interrompe, non vedono più la stella. Il contatto con il peccato, con l’uomo che porta dentro di sé la cattiveria (ne portava veramente tanta) che cosa fa? Fa interrompere la ricerca. Ma nel momento in cui i sapienti d’Israele indicano che Betlemme è quella città in cui sarebbe nato il Messia e si rimettono in marcia, la ricerca è di nuovo chiara. Ma che cosa trovano? La semplicità di una famiglia. Pensavano di trovare un re, pensavano di trovare vesti sontuose, pensavano di trovare i segni della potenza e della magnificenza e invece trovano una famiglia normale. Uditi il re partirono, trovarono grande gioia al vedere la stella e, una volta entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua madre. Niente di più, ma essi ugualmente si prostrarono e lo adorarono. Offriranno i dono significativi della regalità, l’oro, l’incenso e la mirra, ma di regalità nessun altro segno era presente».

I fedeli presenti

Anzi, a detta dell’arcivescovo di Pescara-Penne, l’unico segno presente era l’umanizzazione del Figlio di Dio: «La via attraverso cui Dio stava entrando nella storia dell’umanità – precisa –, e stava rispondendo ad una ricerca che veniva da tanto lontano e che puntava a far sì che tutti potessero credere ciò che abbiamo riascoltato nel Vangelo di domenica. Che il Verbo si era fatto carne, che Dio nessuno lo aveva mai visto, ma che il Figlio unigenito – che era rivolto nel seno del Padre – Lui ce ne aveva fatto la spiegazione. Giustamente, allora, San Paolo Apostolo, nella Lettera agli efesini, ci fa meditare che tutto questo non era stato rivelato alle precedenti generazioni, ma è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito. Perché solo grazie alla forza dello Spirito Santo si riesce ad interpretare e a capire questo evento straordinario, che è l’apertura a tutte le genti chiamate in Cristo Gesù a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Certamente il testo di San Matteo, che abbiamo ascoltato, è sicuramente una prima interpretazione della Chiesa primitiva di eventi e situazioni che Maria aveva custodito gelosamente nel suo cuore, come abbiamo ascoltato più volte nelle letture del Vangelo dei giorni scorsi».

Quindi l’invito finale di monsignor Tommaso Valentinetti: «Cerchiamo anche noi il Signore – conclude -. Non smettiamo di cercare. Possiamo essere contraddetti anche noi, ma non smettiamo mai di cercarlo. E non smettiamo di cercarlo nella sua umanità, perché Lui continui a stare in mezzo a noi e continui ad essere uno di noi, per portarci insieme – un giorno – a godere quella bellissima immagine del profeta Isaia “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce e la gloria del Signore brilla sopra di te. Non ci sarà più tenebra, non ci sarà più nebbia, perché su di te risplenderà il Signore e la sua gloria apparirà su di te”. Amen».

About Davide De Amicis (4483 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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