Spiritualità: “Se non si concretizza nella vita, non sappiamo cosa farcene”
Guai a noi – avverte – a vivere una spiritualità disincarnata dalla storia, guai a noi a vivere una spiritualità che non riesce ad entrare dentro i gangli della società, che ha bisogno di Cristo. Non solo del Vangelo annunciato, ma ha bisogno del Vangelo vissuto. Ha bisogno, e questo viene fuori dalle relazioni del cammino sinodale, di cristiani credibili nella loro vita personale, credibili nella loro vita di comunità e parrocchiale, credibili nella società
Anche la Chiesa di Pescara-Penne, nella Cattedrale di San Cetteo, la scorsa notte ha vissuto e partecipato la Veglia pasquale presieduta dall’arcivescovo monsignor Tommaso Valentinetti. All’esterno del luogo sacro, l’accessione e la benedizione del fuoco, poi l’accensione del cero pasquale e di tutte le luci, per poi intonare il preconio e l’assemblea – tra cui spiccavano decine di aderenti al Cammino neocatecumenale intenti a celebrare la chiusura del loro cammino formativo – ha quindi ascoltato la proclamazione di sette letture dell’antico testamento: «Queste ultime – spiega il presule – fondamentalmente tendevano ad un unico scopo. Far capire a noi che Dio ha usato a un popolo, ovvero il popolo d’Israele, che Dio ha ricostituito in unità. Una creazione ferita e che Dio, e questo ce l’ha detto il nuovo testamento, ha usato misericordia a coloro che Gesù aveva scelto per stare con Lui e ha usato misericordia a tutti coloro che, nel nome della Chiesa, credono in Gesù Cristo. Battezzati nella sua morte che hanno riconosciuto l’uomo vecchio e si sono rivestiti dell’uomo nuovo. Bene, cari fratelli, tutto questo è vero per noi, per tutta la Chiesa che ogni anno celebra questa veglia santissima in cui si riattualizza tutta questa verità. Ma particolarmente per voi, carissimi fratelli e sorelle che concludete il Cammino neocatecumenale, è una Parola vera che vi fa capire una grande verità. Che il Signore ci ha usato sempre misericordia e a voi, in particolare, dopo un lungo itinerario di fede, vi ha usato misericordia».
E per l’arcivescovo Valentinetti c’è una grande domanda dentro questa verità: «Che è per voi – aggiunge -, ma è per tutta la Chiesa. Perché il Signore ci usa misericordia? Ci fa sperimentare la sua bontà e la sua misericordia, perché lo riconosciamo come il Signore vivente della nostra vita, perché lo riconosciamo come l’unico Signore della nostra esistenza e perché, così come il comando del risorto alle donne, “Perché cercate tra i morti colui che è vivo. Non è qui, è risorto. Ricordatevi di quello che vi aveva detto quando eravate in Galilea, sia la verità fondamentale della nostra vita, la testimonianza a Cristo risorto dai morti. Cristo è il Signore”. Ora, carissimi, questa può essere una bella verità teologica, la verità che la Chiesa trasmette in continuazione – e che trasmette questa sera a questo giovane (Elidon Pasquale) che riceve il sacramento del battesimo – può essere una verità, ma rischia di rimanere una verità da tenere gelosamente custodita se non incide nella nostra vita e nella nostra esistenza. Se, cioè, noi non siamo risorti con Cristo, se non siamo con-risorti con lui, creando in noi e attorno a noi i “germi belli e veri” della risurrezione. Ma questo si traduce immediatamente in verità molto concrete. L’esperienza spirituale personale che possiamo vivere nell’ascolto della Parola, nella celebrazione dei divini misteri, nella realtà della preghiera, quanta iniziazione in tutto questo itinerario, se non si traduce in una storia di vita, se non si traduce dentro la storia di una comunità concreta, rischia di rimanere un bel monumento alla memoria. E di questi ultimi non sappiamo cosa farcene. Ce ne sono fin troppi, nella Chiesa, di monumenti alla memoria, che magari a parole dicono, ma poi nei fatti non realizzano ciò che a parole vogliono dire. E mi riferisco, nella concretezza, alla storia della famiglia. La storia della realtà dove il Signore ci chiede di scarnificarci continuamente. La storia di un ambiente dove noi viviamo e questo ambiente, lo ricordavo anche dopo la processione del Venerdì santo parlando a proposito della pace, molto spesso si chiama il condominio, molto spesso si chiama il quartiere o anche la città. E si chiama anche la realtà concreta della storia concreta, vitale e sociale dentro cui noi viviamo».
Da qui l’ammonimento dell’arcivescovo di Pescara-Penne: «Guai a noi – avverte – a vivere una spiritualità disincarnata dalla storia, guai a noi a vivere una spiritualità che non riesce ad entrare dentro i gangli della società, che ha bisogno di Cristo. Non solo del Vangelo annunciato, ma ha bisogno del Vangelo vissuto. Ha bisogno, e questo viene fuori dalle relazioni del cammino sinodale, di cristiani credibili nella loro vita personale, credibili nella loro vita di comunità e parrocchiale, credibili nella società. Impegnati nel lavoro, nell’onestà, nella probità, nella correttezza. Impegnati, quando è necessario e quando questa vocazione dovesse rivelarsi, anche nel servizio politico. Abbiamo bisogno di cristiani che si rincarnino dentro una storia e che si rincarnino dentro quella storia, dove quel battesimo che hanno ricevuto e quelle promesse del rinuncio a Satana e del credo in Dio, diventino carne della nostra carne e vita della nostra vita».
Quindi le conclusioni di monsignor Tommaso Valentinetti: «Ripartiamo da questa notte, in questa veglia – esorta -. Certo, con il canto del cavaliere e del cavallo che sono stati affogati nel mare, Satana che è stato affogato nel mare. Ma ripartiamo da questa veglia anche con l’esultanza dell’Alleluia, così come Sant’Agostino ci ha ripetuto tante volte “canta e cammina”. Camminare nel tempo, camminare nella storia, camminare nei crocicchi delle strade. Ma non solo e solamente per poter dire a tutti “Gesù è risorto, Gesù ti vuole bene”, ma per dire con la vita che “Gesù è realmente il mio Signore e ha cambiato completamente la mia vita e mi ha reso creatura nuova a servizio della Chiesa e a servizio del mondo”. A servizio della Chiesa, ma anche al servizio del mondo e della storia, perché questi due ambiti non li possiamo disunire. La Chiesa è immagine e modello del Regno che viene, ma è anche Colei che deve preparare quel regno di amore, di giustizia, di pace e di risurrezione che Cristo ha promesso a tutta l’umanità. Quando Lui, glorioso e potente, con la luce della vera e unica Pasqua, tornerà nella gloria e sarà tutto in tutti».