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Sinodo: “Il popolo di Dio chiede un profondo rinnovamento della Chiesa”

"La sinodalità – puntualizza don Giacomo Costa, consultore della Segreteria generale del Sinodo - non è un espediente organizzativo per la ripartizione di ruoli e poteri. Vocazioni, carismi e ministeri – incluso il ministero ordinato – vanno compresi a partire dalla logica della missione, non delle dinamiche organizzative interne alla comunità ecclesiale. È una sinodalità missionaria. In questa luce si pone anche la questione dei ministeri laicali e soprattutto del posto delle donne all’interno della Chiesa, anche rispetto alla partecipazione ai processi decisionali e all’accesso alle strutture di governo. Per costruire possibilità concrete di vivere comunione, partecipazione e missione la Chiesa ha bisogno di strutture, in particolare di governo prevedendo anche le opportune innovazioni del diritto canonico. Ma le strutture da sole non bastano. C’è bisogno di un lavoro di formazione continua che sostenga una cultura sinodale diffusa e di una spiritualità"

Lo ha affermato ieri il cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria generale del Sinodo, presentando il documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo

La conferenza stampa di presentazione del documento di lavoro della tappa continentale del Sinodo

È stato presentato ieri in Vaticano il documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo sulla Sinodalità dal titolo “Allarga lo spazio della tua tenda (Is 54,2)”, al quale si è arrivati elaborando le sintesi di 112 su 114 Conferenze episcopali e di tutte le Chiese orientali cattoliche, aggiungendo poi anche le riflessioni di 17 su 23 dicasteri della Curia romana e i contributi dei superiori religiosi (Usg/Uisg), degli istituti di vita consacrata e società di vita apostolica, di associazioni e movimenti di fedeli laici. Inoltre, sono arrivati più di mille contributi di singoli e di gruppi e gli spunti raccolti attraverso i social media grazie all’iniziativa del “Sinodo digitale”.

Card. Mario Grech, segretario generale della Segreteria generale del Sinodo

Innanzitutto, al di là dei singoli aspetti, da questo documento emerge un dato essenziale: «Per tutti noi – dichiara il cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria generale del Sinodo – è stata una sorpresa ascoltare come, pur nella differenza di sensibilità, il popolo santo di Dio converga nel chiedere un profondo rinnovamento della Chiesa. Se possiamo riconoscere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa ascoltando il popolo di Dio, a quel popolo che vive nelle Chiese dobbiamo restituire questo documento. Ai vescovi verrà chiesto di ascoltare almeno le commissioni sinodali e gli organismi di partecipazione. Ma sarebbe bello che ogni Chiesa facesse lettura del Documento con un coinvolgimento ampio del popolo di Dio. Con questa scelta si ripete a un livello più profondo tutto il dinamismo sinodale. Dall’ascolto del popolo di Dio, i singoli vescovi potranno verificare se e quanto la sua Chiesa si riconosce nel Documento; le possibili osservazioni al Documento potranno essere inviate dalle singole Chiese alle Conferenze episcopali, le quali potranno a loro volte produrre per la tappa continentale una sintesi più organica, che contribuirà al discernimento della Assemblea continentale. In questo modo i documenti che perverranno alla Segreteria del Sinodo dalle Assemblee continentali, faranno risuonare di nuovo la voce di tutte le Chiese. Anche in questo modo si realizza quel radicamento dello stile sinodale che il Papa ha auspicato con la decisione di tenere due Assemblee generali del Sinodo, una nell’ottobre 2023 e la seconda nell’ottobre del 2024. Ad ogni tappa possiamo crescere in una mentalità sempre più sinodale e rafforzarci in quel ‘camminare insieme’, che è il principio fondante di una Chiesa costitutivamente sinodale».

Prendendo in considerazione i singoli aspetti, dal documento è emersa l’attenzione contro gli abusi compiuti nella Chiesa: «Un ostacolo di particolare rilevanza sulla via del camminare insieme – si legge nel documento – è rappresentato dallo scandalo degli abusi compiuti da membri del clero o da persone con un incarico ecclesiale. In primo luogo e soprattutto gli abusi su minori e persone vulnerabili, ma anche quelli di altro genere (spirituali, sessuali, economici, di autorità, di coscienza). Si tratta di una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità. In questo primo anno del cammino sinodale, dedicato all’ascolto – si legge ancora documento –, si è fatto continuo riferimento all’impatto della crisi degli abusi sessuali del clero. Per molti, le conseguenze sono ancora una questione spinosa e irrisolta. Si è avvertita la forte urgenza di riconoscere l’orrore e il male causato, e di accrescere gli sforzi per tutelare le persone vulnerabili, riparare il danno perpetrato all’autorità morale della Chiesa e ricostruire la fiducia. Alcune diocesi hanno riferito che i partecipanti desideravano che esse riconoscessero e facessero ammenda per gli abusi del passato. Un’attenta e dolorosa riflessione sull’eredità degli abusi ha portato molti gruppi sinodali a chiedere un cambiamento culturale della Chiesa, in vista di una maggiore trasparenza, responsabilità e corresponsabilità. Molte Chiese locali, riferiscono di trovarsi di fronte a un contesto culturale segnato dal declino della credibilità e della fiducia di cui godono a causa della crisi degli abusi».

Nel documento, tra le altre cose, viene anche raccomandato l’ascolto dei ministri ordinati «riguardo alle dimensioni affettive e sessuali della loro vita», indicando «l’importanza di prevedere forme di accoglienza e protezione per le donne e gli eventuali figli di sacerdoti venuti meno al voto di celibato, che altrimenti sono a rischio di subire gravi ingiustizie e discriminazioni». Cambiando argomento, viene poi segnalata un’altra necessità: «Liberare la Chiesa dal clericalismo – indica lo studio -, in modo che tutti i suoi membri, sia sacerdoti sia laici, possano adempiere alla comune missione. Nel testo, nel quale si confida in «sacerdoti meglio formati, meglio accompagnati e meno isolati», il clericalismo è visto «come una forma di impoverimento spirituale, una privazione dei veri beni del ministero ordinato e una cultura che isola il clero e danneggia i laici. Questa cultura separa dall’esperienza viva di Dio e danneggia le relazioni fraterne, producendo rigidità, attaccamento al potere in senso legalistico e un esercizio dell’autorità che è potere più che servizio». Poi una precisazione importante: «Il clericalismo – si legge ancora nella sintesi della Repubblica Centrafricana – può essere una tentazione tanto per i chierici quanto per i laici. Alcuni parroci si comportano come dispensatori di ordini, imponendo la loro volontà senza ascoltare nessuno. I cristiani laici non si sentono membri del Popolo di Dio. Le iniziative troppo clericaliste vanno stigmatizzate. Alcuni operatori pastorali, chierici e laici, a volte preferiscono circondarsi di coloro che condividono le loro opinioni e stare lontani da coloro le cui convinzioni sono ostili e in disaccordo con loro».

E non è mancata una richiesta d’impegno nel realizzare la parità di genere: «Da tutti i continenti – conferma l’elaborato, nella parte redatta dalle Conferenze episcopali – arriva un appello affinché le donne cattoliche siano valorizzate innanzi tutto come battezzate e membri del Popolo di Dio con pari dignità. È quasi unanime l’affermazione che le donne amano profondamente la Chiesa, ma molte provano tristezza perché spesso la loro vita non è ben compresa, mentre il loro contributo e i loro carismi non sono sempre valorizzati. La Chiesa si trova ad affrontare due sfide correlate. Le donne rimangono la maggioranza di coloro che frequentano la liturgia e partecipano alle attività, gli uomini una minoranza; eppure la maggior parte dei ruoli decisionali e di governo sono ricoperti da uomini. È chiaro che la Chiesa deve trovare il modo di attirare gli uomini a un’appartenenza più attiva alla Chiesa e di permettere alle donne di partecipare più pienamente a tutti i livelli della vita della Chiesa. In ogni ambito della loro vita, le donne chiedono alla Chiesa di stare dalla loro parte. Di fronte alle dinamiche sociali di impoverimento, violenza e umiliazione che affrontano in tutto il mondo, le donne chiedono una Chiesa al loro fianco, più comprensiva e solidale nel combattere queste forze di distruzione ed esclusione. Quante hanno partecipato ai processi sinodali desiderano che la Chiesa e la società siano per le donne un luogo di crescita, partecipazione attiva e sana appartenenza». In forme svariate, il problema del riconoscimento del ruolo delle donne nella Chiesa è presente in tutti gli ambiti culturali ed è relativo alla partecipazione e al riconoscimento delle laiche come delle religiose. Le posizioni “più diversificate” vengono indicate in riferimento all’ordinazione presbiterale per le donne, che alcune sintesi auspicano, mentre altre la considerano una questione chiusa.

Quindi si è parlato di sinodalità: «La responsabilità per la vita sinodale della Chiesa – indica il documento di lavoro – non può essere delegata, ma deve essere condivisa da tutti in risposta ai doni che lo Spirito concede ai fedeli». Da qui la richiesta di una maggiore “corresponsabilità” tra tutte le componenti del popolo di Dio, a partire dal rapporto tra sacerdoti e laici: «La leadership delle attuali strutture pastorali – denuncia il documento –, così come la mentalità di molti sacerdoti, non favoriscono questa corresponsabilità. Allo stesso modo, i religiosi e le religiose, così come i movimenti apostolici laicali, spesso rimangono sottilmente o apertamente ai margini delle dinamiche diocesane». Qui emerge il tema della corresponsabilità ministeriale come “centrale per la vita della Chiesa” e l’esigenza di “comporre l’unità della missione con la pluralità dei ministeri”: «I catechisti sono istituiti e hanno uno status speciale nella Chiesa – si legge ad esempio nella sintesi della Repubblica democratica del Congo in riferimento alla ministerialità laicale -. Alcuni di loro sono “istituiti” come Capi delle Comunità, soprattutto nelle zone rurali dove la presenza dei sacerdoti è rara. Nella Chiesa cattolica, i doni carismatici accordati liberamente dallo Spirito Santo, che aiutano la Chiesa a “ringiovanire”, sono inseparabili dai doni gerarchici, legati al Sacramento dell’Ordine nei suoi diversi gradi. Una grande sfida della sinodalità emersa durante il primo anno è quella di armonizzare questi doni sotto la guida dei pastori, senza contrapporli, e quindi senza opporre dimensione carismatica e dimensione istituzionale».

Inoltre, nel documento si parla di accesso ai sacramenti: «Particolare fonte di sofferenza – è scritto nel documento di lavoro – sono tutte quelle situazioni in cui l’accesso all’Eucaristia e agli altri Sacramenti è ostacolato o impedito da una varietà di cause. È forte la richiesta di trovare soluzioni a queste forme di deprivazione sacramentale». Vengono indicate ad esempio le comunità che vivono in aree molto remote, o l’uso di prevedere tariffe per l’accesso alle celebrazioni, che discrimina i più poveri. Molte sintesi, tra l’altro, «danno voce anche al dolore di non poter accedere ai sacramenti che provano i divorziati risposati e coloro che hanno contratto un matrimonio poligamico». Ma non c’è accordo su come intervenire: «Non c’è unanimità su come affrontare queste situazioni – sottolinea il testo -. Viene negata la possibilità di ricevere la Santa Comunione ai divorziati risposati, che esprimono dolore per questa esclusione. Alcuni ritengono che la Chiesa dovrebbe essere più flessibile, mentre altri pensano che questa prassi vada mantenuta».

Si parla anche di liturgia, con le sintesi che evidenziano «i limiti principali della prassi celebrativa, che ne oscurano l’efficacia sinodale». Nello specifico, vengono indicati «il protagonismo liturgico del sacerdote e la passività dei partecipanti; la distanza della predicazione dalla bellezza della fede e dalla concretezza della vita; la separazione tra la vita liturgica dell’assemblea e la rete famigliare della comunità». Vengono anche messe in discussione le omelie: «La loro qualità – si legge ancora – è segnalata quasi unanimemente come un problema. Si auspicano omelie più profonde, centrate sul Vangelo e le letture del giorno, e non sulla politica, che facciano uso di un linguaggio accessibile e attraente e facciano riferimento alla vita dei fedeli».

Card. Jean Claude Hollerich, relatore generale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi

A margine della presentazione del documento, i referenti del Sinodo lo hanno commentato: «Il Sinodo e i giovani non sono in contrapposizione – afferma il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e relatore generale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, collegato da remoto con la Sala Stampa della Santa Sede -. Questo documento non è un Instrumentum laboris. È semplicemente un riassunto delle sintesi che la Segreteria ha ricevuto, durante questa fase di ascolto del Sinodo. Questo lavoro d’insieme è stata un’esperienza sinodale che ci ha aiutato a cogliere e capire l’esperienza sinodale di molti gruppi nel mondo. Tale documento dunque non è uno scritto di carattere teologico, è il frutto di una sinodalità vissuta, di una dimensione della vita della Chiesa. Possiamo constatare che lo Spirito è al lavoro. La missione è una parola di primaria importanza: se, come popolo di Dio, camminiamo con Cristo sotto la guida dello Spirito Santo, saremo più consapevoli della nostra missione comune e personale. Una Chiesa sinodale è una Chiesa centrata sulla missione».

Sulla stessa linea è monsignor Piero Coda, segretario della Commissione teologica internazionale, che ha definito il documento: «Non un’inchiesta sociologica – afferma -, né un semplice confronto di opinioni, ma l’ascolto del sentire nella fede, con amore e speranza, del Popolo di Dio che vive e legge la storia con lo sguardo del discepolo». Quindi l’altro prelato ha ricordato l’obiettivo della tappa continentale del Sinodo: «Istruire sentieri in vista di una risposta condivisa – esorta -, non preconfezionata e uniforme, all’interrogativo che guida il processo e che troverà espressione col discernimento autorevole dei Pastori nella tappa successiva. La chance per tutta la Chiesa è che la peculiarità del tema del processo sinodale è anche la sua risorsa. Il suo oggetto – la sinodalità – è anche il suo metodo, ciò su cui si riflette è l’esperienza che si va facendo, non solo per sé, ma come lievito e sale per quanto la famiglia umana è chiamata a vivere in questo sfidante e drammatico tornante della sua storia. La convocazione, da parte di Papa Francesco, del processo sinodale è un passo in avanti importante, teologicamente provvidenziale e persino irrinunciabile, in questa direzione».

Un’importante precisazione sulla definizione della sinodalità è poi giunta da don Giacomo Costa, consultore della Segreteria generale del Sinodo: «Essa – puntualizza – non è un espediente organizzativo per la ripartizione di ruoli e poteri. Vocazioni, carismi e ministeri – incluso il ministero ordinato – vanno compresi a partire dalla logica della missione, non delle dinamiche organizzative interne alla comunità ecclesiale. È una sinodalità missionaria. In questa luce si pone anche la questione dei ministeri laicali e soprattutto del posto delle donne all’interno della Chiesa, anche rispetto alla partecipazione ai processi decisionali e all’accesso alle strutture di governo. Per costruire possibilità concrete di vivere comunione, partecipazione e missione la Chiesa ha bisogno di strutture, in particolare di governo prevedendo anche le opportune innovazioni del diritto canonico. Ma le strutture da sole non bastano. C’è bisogno di un lavoro di formazione continua che sostenga una cultura sinodale diffusa e di una spiritualità». E poi per il presbitero non può mancare un aspetto fondamentale: «Senza la preghiera non si va da nessuna parte! – afferma -. È fondamentale l’attuazione di uno stile sinodale di celebrazione liturgica, nella valorizzazione di tutti i ministeri e nel riconoscimento di tutti i carismi. Il Sinodo continua, con le tappe previste, ma al di là di queste continua soprattutto la ricerca dei modi per essere una Chiesa sempre più sinodale».

About Davide De Amicis (4523 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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