L’insegnamento di Mario Lodi. Un’esperienza didattica a partire dal bambino
Il 2022 è l'anno del centenario del maestro e pedagogista di Piàdena, che molto ha contribuito nel disegnare una scuola libera e democratica
Il 2022 è un anno importante anche per l’Italia, per diverse ragioni che attraversano l’intera esistenza umana: dall’ambito socio-politico (rinnovo del Parlamento e del Governo), fino a giungere a quello storico ed educativo.
In un momento di grandi mutamenti e di crisi profonda, quest’ultima causata soprattutto dalla Guerra in corso tra Ucraina e Russia, dall’emergenza ambientale ed economica e dalla altrettanto tragica esperienza del Covid-19 (non ancora terminata, come segnalato il 28 ottobre dallo stesso presidente Mattarella); sarebbe assai importante provare a ricostruire le basi del vivere sociale a partire dall’atto educativo, e quindi in particolare dalla scuola. E il centenario di Mario Lodi (1922-2014) arriva nel momento giusto.
Ma cosa può dirci un maestro che ha terminato la sua esperienza attiva nella scuola negli anni Settanta? In realtà ancora parecchie cose, ma per esigenze di spazio ne citeremo solo un paio.
In uno dei suoi testi fondamentali, Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica (1970) Lodi scrive parole lucide riferite allo stato della scuola, lamentando: «una scuola che invece di essere un servizio sociale per l’uomo è espressione e strumento di un sistema simile nei fini ultimi a tutti i sistemi che considerano gli uomini una massa da asservire e strumentalizzare per fini che gli sono estranei[…]. Unica motivazione il profitto e come conseguenza la competizione». Ancora oggi pare che queste caratteristiche permangano, diminuendo l’efficacia e il valore di un’istituzione, che dovrebbe essere il cuore della nostra società.
L’ importanza della scuola è stata ricordata più volte da Papa Francesco, già a partire dal 2014: per il Papa la scuola è fondamentale, perché: «è sinonimo di apertura alla realtà […]. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni», e continuando poi mettendo in evidenza l’importanza che questa riveste come luogo di incontro, e come «prima società che integra la famiglia».
Le considerazioni del Pontefice ben si accostano al compito educativo svolto da Lodi, dal 1948 al 1978, perlopiù al Vho, una frazione di Piàdena nella Bassa Padana, nella scuola primaria locale; e successivamente (dopo il pensionamento), fino al termine della sua vita, con incontri, libri e contributi vari dedicati all’educazione.
L’attenzione alla realtà, partendo dalla dimensione del bambino, è sicuramente tra i tratti più tipici di Lodi, e tra quelli che oggi tutti gli insegnanti, e gli adulti di riferimento in generale, potrebbero far propri: guardare e studiare l’ambiente, o con una definizione più efficace il “sistema di prossimità” che vede il ragazzo protagonista. Tra le metodologie usate da Lodi, in tal senso, vanno sicuramente citati l’approccio laboratoriale, così come la richieste di contributo durante le lezioni su argomenti anche molto pratici, da parte dei genitori degli alunni o di adulti appartenenti alla comunità locale. Il paese (o la città), come vera e propria agenzia educativa.
Tornando allo stato attuale della scuola, oggi va al contrario segnalata una sempre più evidente divaricazione tra la didattica offerta allo studente e quanto riguarda, ad esempio, gli strumenti necessari ad esercitare una cittadinanza attiva, e ciò è evidente anche dalla percentuale allarmante di giovani che escono prematuramente dal sistema di istruzione e formazione: nel rapporto BES 2022, diffuso da ISTAT, e riferito al 2021, al Sud ci si attesta al 15,3%. È chiaro che i ragazzi molto probabilmente ritengono non soddisfacente sotto diversi punti di vista quanto fornisce la scuola per approcciare la vita, e anche per questo (oltre che per il disagio economico), la abbandonano.
Tutto questo Lodi lo ha sempre portato avanti usando come metodologia primaria l’esperienza e il dialogo, attraverso il quale gli alunni imparano anche l’arte dell’ ascolto, che è un bisogno oggi essenziale per riqualificare le dinamiche sociali e comunicative; e che è centrale nella formazione integrale della persona, patrimonio e significato primo di una scuola, che come diceva Lodi, dovrebbe essere sempre libera e democratica.
Va specificato però che tornare a parlare alla vita dei ragazzi, per aiutarli nella vita concreta, sulla scia di quanto proposto da Mario Lodi, non significa affatto privilegiare le materie tecniche, ma calare l’intero percorso nella vita dello studente: la storia, ad esempio, ha in questo senso un’ enorme importanza, perché permette l’ acquisizione di quegli strumenti di competenza critica che oggi, soprattutto in campo informativo, sono essenziali per la costruzione di giudizi e opinioni basati su fatti, non su semplici interpretazioni.