Menefreghismo: “Nei giovani è un male più pericoloso del cancro”
"Oggi, specialmente i giovani – riconosce il Santo Padre -, sono estremamente diversi rispetto a 50 anni fa. Non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee… Per un verso, è una cosa buona, anche per voi – ha osservato il Pontefice –. l’Azione Cattolica non dev’essere una “Sessione” Cattolica! E la Chiesa non va avanti con le riunioni"
È stata un’udienza significativa quella avuta stamani dai giovani dell’Azione cattolica (Ac) con Papa Francesco nell’Aula Paolo VI in Vaticano: «Questo è molto importante – raccomanda il Papa ai giovani -. Imparare attraverso l’esperienza che nella Chiesa siamo tutti fratelli per il Battesimo; che tutti siamo protagonisti e responsabili; che abbiamo doni diversi e tutti per il bene della comunità; che la vita è vocazione, seguire Gesù; che la fede è un dono da donare, da testimoniare. E poi, ancora, che il cristiano si interessa alla realtà sociale e dà il proprio contributo; che il nostro motto non è ‘me ne frego’, ma ‘mi interessa!’; che la miseria umana non è un destino che tocca ad alcuni sfortunati, ma quasi sempre il frutto di ingiustizie da estirpare. È più pericolosa del cancro la malattia del menefreghismo nei giovani. Queste realtà di vita si imparano spesso in parrocchia e nell’Azione Cattolica».
A tal proposito, il Pontefice si è soffermato proprio sull’importanza della parrocchia e su come sia cambiata nel tempo: «Quanti giovani si sono formati a questa scuola! – ricorda – Quanti hanno dato la loro testimonianza sia nella Chiesa sia nella società, nelle diverse vocazioni e soprattutto come fedeli laici, che hanno portato avanti da adulti e da anziani lo stile di vita maturato da giovani. Siamo di generazioni diverse, ma abbiamo in comune l’amore per la Chiesa e la passione per la parrocchia, che è la Chiesa in mezzo alle case, in mezzo al popolo». In seguito il Papa ha elogiato i giovani: «Anzitutto – osserva -, voi volete contribuire a far crescere la Chiesa nella fraternità. Vi ringrazio! Su questo siamo perfettamente sintonizzati. Sì, ma come farlo? Prima di tutto, non spaventatevi se – come avete notato – nelle comunità vedete che è un po’ debole la dimensione comunitaria. È una cosa molto importante, ma non spaventatevi, perché si tratta di un dato sociale, che si è aggravato con la pandemia».
Una caratteristica, quest’ultima, che riguarda tutti: «Oggi, specialmente i giovani – riconosce il Santo Padre -, sono estremamente diversi rispetto a 50 anni fa. Non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee… Per un verso, è una cosa buona, anche per voi – ha osservato il Pontefice –. l’Azione Cattolica non dev’essere una “Sessione” Cattolica! E la Chiesa non va avanti con le riunioni». Da qui la condanna di Papa Bergoglio verso «l’individualismo, la chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi ‘a distanza’ contagiano anche le comunità cristiane». Partendo da questo presupposto, Papa Francesco ha chiesto di fare attenzione al menefreghismo: «Se ci verifichiamo – ammonisce -, siamo tutti un po’ influenzati da questa cultura. Dunque bisogna reagire, e anche voi potete farlo incominciando con un lavoro su voi stessi. Un lavoro perché è un cammino impegnativo e richiede costanza. La fraternità non si improvvisa e non si costruisce solo con emozioni, slogan, eventi… No, è un lavoro che ciascuno fa su di sé insieme con il Signore, con lo Spirito Santo, che crea l’armonia tra le diversità». In conclusione il Pontefice ha ulteriormente invitato i giovani ad astenersi dalle chiacchiere, che creano divisione, e dall’avere facce da veglia funebre».
A margine dell’udienza è intervenuto anche il presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana Giuseppe Notarstefano: «Ci sono tante “frette” che muovono questi giovani – afferma nel suo saluto al Papa -, tante urgenze e tante questioni che li interpellano e li coinvolgono in una ricerca, che si fa tanto più appassionata quando è condivisa insieme ai loro coetanei ma anche ai più piccoli e ai più grandi nell’esperienza del dialogo intergenerazionale che quotidianamente si vive in Ac. I giovani di Ac si sono dati appuntamento in questi giorni per leggere i Segni di questo tempo, per riconoscerlo come un tempo benedetto e donato dal Signore e per accogliere in pienezza la Buona Notizia che anche oggi Gesù ha per la vita di ciascuno di noi». Il presidente Notarstefano ha poi indicato «gli ambienti della vita di tutti i giorni dove i giovani imparano a leggere i Segni dei tempi, ma anche a diventare loro stessi segno di un tempo nuovo, di un nuovo inizio».
Ambienti che sono la cura per la città e la buona politica a servizio dei più fragili, l’accoglienza dei migranti e la sfida della legalità, la cultura popolare e lo sport insieme alla scuola, l’università e il lavoro: «L’Azione cattolica italiana – conclude Giuseppe Notarstefano – è stata storicamente ed è ancora oggi un’intuizione e una passione dei giovani, un’esperienza dove impastare giorno per giorno la fede con la vita, un luogo dove poter vivere in pienezza l’amicizia con il Signore che non di rado diventa un luminoso esempio per tutti». Esempi di questo impegno sono Alberto Marvelli, Pina Suriano, Gino Pistoni, Armida Barelli e Piergiorgio Frassati e una «folta schiera di santi e beati che ancora oggi sorreggono e sostengono il cammino dei giovani di Ac. Giovani – conclude il presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana – che hanno saputo fare della propria vita un dono, un Segno per i loro tempi e per tutti i tempi. Giovani che hanno avuto una grande passione per la Chiesa e i suoi pastori, che hanno avuto sempre un legame forte con i loro predecessori».