Migranti: “11 bambini a settimana muoiono attraversando il Mediterraneo”
"Nel leggere le cifre delle persone scomparse in mare – osserva il presbitero - non dobbiamo mai dimenticare che non si tratta di numeri ma di esseri umani. Di nostri fratelli e sorelle. È aberrante arrivare a considerare “ordinaria amministrazione” la notizia di centinaia, migliaia di persone disperse in mare. È e rimane una tragedia"

Quest’anno sono morti o scomparsi almeno 289 bambini nel tentativo di attraversare la pericolosa rotta migratoria del Mediterraneo centrale, da Nord Africa all’Europa, che si traduce in circa 11 bambini morti o scomparsi ogni settimana mentre cercavano sicurezza, pace e migliori opportunità. Lo ha riferito in una nota l’Unicef, secondo cui dal 2018 circa 1.500 bambini sono morti o dispersi mentre cercavano di attraversare il Mediterraneo centrale.
Un numero, quest’ultimo, corrispondente a 1 su 5 delle 8.274 persone morte o disperse lungo la rotta, in base a quanto emerge dai dati del Progetto Migranti scomparsi dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni). Molti naufragi avvenuti attraversando il Mediterraneo centrale non lasciano sopravvissuti o non vengono registrati, vanificando la possibilità di verificare il numero reale di bambini deceduti, che probabilmente è molto più alto.

Negli ultimi mesi, tra l’altro, bambini e neonati sono stati tra quelli che hanno perso la vita navigando su questa rotta, su altre rotte attraverso il Mediterraneo e sulla rotta atlantica dall’Africa occidentale, comprese le recenti tragedie al largo delle coste della Grecia e delle isole Canarie spagnole: «Nel tentativo di trovare sicurezza – afferma Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef -, ricongiungersi con la famiglia e cercare un futuro più speranzoso, troppi bambini si imbarcano sulle coste del Mediterraneo, perdendo poi la vita o risultando dispersi durante il viaggio. Questo è un chiaro segnale che bisogna fare di più per creare percorsi sicuri e legali per l’accesso dei bambini al diritto d’asilo, rafforzando al contempo le azioni per salvare vite in mare. In definitiva, bisogna fare molto di più per affrontare le cause alla radice che portano in primo luogo i bambini a rischiare la vita».

E a commentare il drammatico numero di morti avvenute nel Mediterraneo, di cui molte volte l’opinione pubblica è ignara, è stato anche il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello: «Nel leggere le cifre delle persone scomparse in mare – osserva il presbitero – non dobbiamo mai dimenticare che non si tratta di numeri ma di esseri umani. Di nostri fratelli e sorelle. È aberrante arrivare a considerare “ordinaria amministrazione” la notizia di centinaia, migliaia di persone disperse in mare. È e rimane una tragedia. La fuga da situazione invivibili è una realtà con la quale dobbiamo fare i conti tutti, chi governa le nazioni e le organizzazioni internazionali e anche i cittadini comuni. Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, nell’accoglienza, nel cambiamento di mentalità, nell’attuazione di politiche coraggiose e lungimiranti. È tempo di riportare l’investimento per la cooperazione internazionale a livelli adeguati alla promozione dei diritti umani, in modo da creare le condizioni per cui le persone non siano costrette a partire. Quella delle migrazioni è una sfida per i Paesi e per le Chiese che si affacciano sul Mediterraneo. Questo mare deve tornare a essere un luogo di vita, di relazioni, di cultura e di sviluppo, anziché di morte».