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“È tempo di fatica, ma si sta costruendo una Chiesa più bella, santa e vera”

"Il vestito è bellezza, dignità e protezione – spiega Padre Sandro Pantoli, introducendo la preghiera d’imposizione dello scapolare -. Prendendo l’abito della Madonna, chiediamo a Lei di rivestirci della sua bellezza, di proteggerci. Ecco qual è il simbolo del vestito. Così come fanno i genitori, così come fa Maria, così come fa la Chiesa che il giorno del battesimo donano un vestito, dignità, bellezza e protezione"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la santa messa nella solennità della Beata Vergine Maria del Carmelo

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia della messa in in onore della Beata Vergine Maria del Carmelo

Ieri, nella solennità della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo di ieri, nonostante il caldo, la chiesa del Monastero della suore carmelitane di San Silvestro a Pescara è stata gremita da tanti fedeli che hanno partecipato alla santa messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti e animata dalle stesse suore carmelitane.

La concelebrazione della messa con le suore carmelitane

Nell’omelia, attraverso la metafora della parabola del seminatore narrata dall’evangelista Matteo, il presule ha raccontato la difficoltà del tempo presente per tutti gli operatori pastorali intenti ad evangelizzare: «Per comprendere bene il testo di questo parabola – premette l’arcivescovo Valentinetti -, dobbiamo fare una piccola digressione di carattere agronomico, perché di solito dalle nostre parti prima si ara e poi si semina da ormai secoli. Invece nel Medio Oriente, nelle terre calpestate da Gesù, non era così. Prima si seminava e poi si arava perché il terreno ricoprisse tutto il seme. E il seminatore non aveva nessuna preoccupazione se quel seme potesse cadere sulla strada, potesse cadere sulle spine, potesse cadere tra i sassi o nella terra brulla, perché poi si sperava che con l’aratura il terreno ricoprisse tutti i semi che erano stati seminati. Questo ci fa capire perché Gesù dice che uscì il seminatore, parte cadde in mezzo ai sassi, parte sulla strada e parte sulle spine. È stupido quel seminatore che fa un’operazione del genere, ma il Divino seminatore – che era Gesù – ha fatto questa operazione. Ha seminato dovunque e continua a farlo. Se poi quel terreno riesce a far produrre frutti buoni alla terra o forse anche un po’ alle spine, ai sassi e alla strada, questo è il mistero dell’avvento del Regno di Dio ed è il mistero della Provvidenza».

I fedeli che hanno gremito la chiesa del Monastero del Carmelo

A questo punto, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha ricordato come da oltre due millenni la Chiesa continui a seminare la Parola: «Sempre alla sequela del Divino seminatore – ricorda monsignor Valentinetti -, questa Parola continua ad essere insegnata e continua a cadere sul terreno buono, purtroppo sulle spine, in mezzo ai sassi e sulla strada. Ma, dovendo fare una lettura sempre un po’ attualizzata della Parola di Dio in quanto altrimenti la contempleremmo nella sua essenza priva di incidenza nella realtà, stiamo attraversando un momento in cui sembra che questa seminagione non si voglia fare più. Ci stiamo scoraggiando. Le spine tante, i sassi per l’amor di Dio, poi la strada non ne parliamo! E il terreno buono quando produce il 30 siamo fortunati, il 60 e il 100 diventano già un problema. Molto spesso si riversano le responsabilità di questo scoraggiamento, di questa fatica nella seminagione, solo su chi ha il compito di seminare, ma questo compito – lo dico ad un’assemblea qualificata di fedeli che sarebbero potuti andare al mare e che, invece, siete qui alla celebrazione eucaristica nella festa della Madonna del Carmine e siete molto fedeli al suo scapolare – non è solo mio come vescovo, non è solo dei sacerdoti, dei diaconi o di qualche altro ministro. Il battesimo ci ha fatti tutti seminatori, tutti. Anche loro (riferendosi alle suore carmelitane) sono seminatori, in un modo particolarissimo, ma sono seminatori anche loro. E la responsabilità di quella parte mediana della parabola, cioè “Potrete sì, ma non comprenderete, guarderete sì, ma non vedrete, perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchie, hanno chiuso gli occhi perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con le orecchie, non comprendano con il cuore, non si convertano e io li guarisca”, è sicuramente responsabilità di chi dovrebbe essere “terreno buono”».

L’arcivescovo Valentinetti prega davanti l’effige della Beata Vergine Maria del Carmelo

Da qui l’esortazione di monsignor Tommaso Valentinetti: «Ma fratelli, sorelle, la responsabilità è anche vostra – richiama il presule -. Abbiamo seminato bene? Abbiamo seminato con larghezza? Abbiamo seminato con l’amore? Abbiamo seminato con decisione? Abbiamo seminato in tempo opportuno e non opportuno? Abbiamo pensato che la seminagione potesse solo essere proselitismo, invece che essere testimonianza attrattiva della Parola di Dio nei confronti dei fratelli? Di una testimonianza, perché la seminagione non è fatta solo di parole, è fatta di vita. È fatta di vita, di questo seme che cade per terra, marcisce e produce tutto. Ma il seme alla fine siamo noi, perché se è vero che Gesù è Parola incarnata, vi faccio fare un salto difficile, se Gesù è Parola incarnata e noi ce ne cibiamo tutte le domeniche – qualcuno di noi tutti i giorni – questa Parola incarnata in noi che prodotto dà? È un esame di coscienza, sicuramente, a metà dell’estate, in un tempo di riposo, con la consapevolezza che quello che non possiamo fare noi lo può fare il Signore. Perché Isaia ci ha dato una Parola che, a differenza di quella del Vangelo che ci scarnifica un po’, ci consola un po’: “Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare”, così sarà della mia Parola uscita dalla mia bocca “Non ritornerà a me senza aver operato ciò che desidero”. Allora questo tempo di fatica, questo tempo in cui sembra che i sassi siano molti di più dei terreni buoni, che le spine ci possano aggredire e che il terreno di strada sia l’indifferenza generale dentro cui viene seminata la Parola, vi faccio fare un altro difficile, è un tempo di onore. , un tempo di onore perché si sta costruendo, non per opera nostra ma per opera dello Spirito, una meraviglia nuova della grazia di Dio, una Chiesa ancora più bella, più santa e più vera. Ma se non si passa attraverso il crogiolo, non si arriva al risultato che il Signore vuole. Che la Vergine Maria ci conduca a questa verità, amen».

Padre Sandro Pantoli impone lo scapolare sui fedeli

Al termine è stato frate carmelitano Padre Sandro Pantoli ad imporre lo scapolare (due medaglie unite da una doppia corda raffiguranti una il Sacro cuore di Gesù e l’altra la Vergine Maria), che rappresenta l’abito della Vergine Maria a sua volta “indossato” dai fedeli: «Il vestito è bellezza, dignità e protezione – spiega il religioso, introducendo la preghiera d’imposizione -. Prendendo l’abito della Madonna, chiediamo a Lei di rivestirci della sua bellezza, di proteggerci. Ecco qual è il simbolo del vestito. Così come fanno i genitori, così come fa Maria, così come fa la Chiesa che il giorno del battesimo donano un vestito, dignità, bellezza e protezione. E questo lo ha fatto un primo luogo Dio stesso. Nella Genesi, quando Adamo ed Eva hanno peccato, dice il testo “Dio stesso ha cucito per i suoi figli degli abiti perché, nonostante il peccato o soprattutto per il peccato, Dio continua a proteggere i suoi figli”. E allora, con grande devozione, riceviamo questo dono immenso di Maria».

About Davide De Amicis (4458 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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