La speranza di una Pasqua che sia unica per tutti i cristiani
"La celebrazione comune della Pasqua che avremo l’anno prossimo non sia una felice coincidenza, un evento fortuito, ma l’inizio della fissazione di una data comune"

Pur credendo tutti in Gesù Cristo, crocifisso, morto e risorto, non è la regola che i cristiani delle diverse confessioni religiose celebrino la Pasqua nello stesso giorno dell’anno. Quest’anno, ad esempio, la Pasqua cattolica è caduta il 31 marzo, mentre quella ortodossa arriverà invece oltre un mese dopo, il 5 maggio.
Prima di comprendere il motivo di questo curioso sfasamento, è necessario ricordare che per calcolare la data della Pasqua, che è variabile, si usano i criteri fissati dal Concilio di Nicea del 325, lo stesso che ha prodotto il Credo, la professione della nostra fede. Allora tutti i vescovi riuniti decisero che il giorno della Resurrezione sarebbe stato la prima domenica dopo la prima luna piena di primavera, fissata tradizionalmente il 21 marzo. Ne consegue che la Pasqua può cadere tra il 22 marzo e il 25 aprile.
Le divergenze con le Chiese ortodosse derivano però dal diverso calendario in uso. Nel 1582, infatti, l’Occidente adottò il calendario gregoriano (dal nome di Papa Gregorio XIII che lo fece riformare), in quanto il calendario precedentemente in uso, fin dai tempi di Giulio Cesare (e infatti detto calendario giuliano), aveva accumulato un cospicuo ritardo rispetto alla lunghezza scientifica dell’anno solare. L’Oriente invece, che si era separato da Roma a seguito dello Scisma del 1054, continuò a seguire — fino ad oggi! — il calendario giuliano, incorrendo però nel rischio temuto da Gregorio XIII, ossia il progressivo spostamento della Pasqua verso l’estate.
A ben vedere, nel corso del tempo il calendario gregoriano è stato adottato anche dai Paesi protestanti e da quelli orientali come calendario civile; le Chiese ortodosse hanno però sempre mantenuto il calendario giuliano come calendario religioso.
La spiegazione logica della divergenza tra le Pasque non legittima però questa divisione, specialmente se guardata nell’ottica del cammino ecumenico, ossia della riunificazione delle confessioni cristiane. Ecco perché negli scorsi giorni il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo ha affermato che «la celebrazione separata dell’evento unico dell’unica Risurrezione dell’unico Signore è uno scandalo!». Nel proprio messaggio di auguri pasquali ai cattolici e protestanti, il primate ha esortato a pregare «affinché la celebrazione comune della Pasqua che avremo l’anno prossimo non sia una felice coincidenza, un evento fortuito, ma l’inizio della fissazione di una data comune».
Quella del Patriarca Bartolomeo non è affatto una aspirazione isolata: già il Concilio Vaticano II, nel Decreto Orientalium Ecclesiarum aveva fatto riferimento al «desiderato accordo circa la fissazione di un unico giorno per la comune celebrazione della festa di Pasqua». Un desiderio mai abbandonato e anzi ampiamente condiviso (a parte qualche resistenza del Patriarcato ortodosso di Mosca), tanto che nel 2015 il Patriarca copto Tawadros II propose di fissare per tutti la Pasqua alla terza domenica di aprile, trovando apertura da Papa Francesco e anche dalla Chiesa anglicana, per mezzo dell’Arcivescovo di Canterbury, Justin Welby.
Alle trattative tra le Chiese, ormai in corso da anni, si pone come segno di incoraggiamento quello del prossimo anno, quando sia per i cattolici e i protestanti sia per gli ortodossi la Pasqua cadrà il 20 aprile: una felice coincidenza nel 1700° anniversario del Concilio ecumenico di Nicea, che affrontò proprio la questione della regolamentazione del tempo della Pasqua.