“Ogni espressione religiosa è chiamata a promuovere la pace”
"Milioni di persone - denuncia il Pontefice - vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura. Siamo frequentemente sopraffatti da immagini di morte, dal dolore di innocenti che implorano aiuto e consolazione, dal lutto di chi piange una persona cara a causa dell’odio e della violenza, dal dramma dei profughi che sfuggono alla guerra o dei migranti che periscono tragicamente"
È stata un’analisi a 360° sui temi della sicurezza e della pace, quella condotta stamane da Papa Francesco in occasione del discorso d’inizio d’anno al Corpo diplomatico, il tradizionale appuntamento nella sala Regia del Vaticano per delineare gli scenari dello scacchiere mondiale: «Per rivolgere una parola di speranza – premette il Papa -, che indichi anche una prospettiva di cammino nel clima di generale apprensione per il presente e d’incertezza e di angoscia per l’avvenire, nel quale ci troviamo immersi».
Un secolo dopo la prima guerra mondiale, definita da Benedetto XV “inutile strage”, se per molti oggi la pace sembra, in qualche modo, un bene scontato, quasi un diritto acquisito a cui non si presta più molta attenzione, per troppi essa è ancora soltanto un lontano miraggio: «Milioni di persone – denuncia il Pontefice – vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura. Siamo frequentemente sopraffatti da immagini di morte, dal dolore di innocenti che implorano aiuto e consolazione, dal lutto di chi piange una persona cara a causa dell’odio e della violenza, dal dramma dei profughi che sfuggono alla guerra o dei migranti che periscono tragicamente».
In un contesto del genere, a detta del Santo Padre che ha citato il messaggio per la cinquantesima Giornata mondiale della pace del 1° gennaio scorso e la Giornata mondiale di preghiera per la pace, ogni espressione religiosa è chiamata a promuovere la pace: «Sappiamo – osserva Papa Bergoglio – come non siano mancate violenze religiosamente motivate, a partire proprio dall’Europa, dove le storiche divisioni fra i cristiani sono durate troppo a lungo. Nel mio recente viaggio in Svezia, ho inteso richiamare l’urgente bisogno di sanare le ferite del passato e camminare insieme verso mete comuni. Alla base di tale cammino non può che esservi il dialogo autentico fra le diverse confessioni religiose. È un dialogo possibile e necessario, come ho cercato di testimoniare nell’incontro avvenuto a Cuba con il Patriarca Cirillo di Mosca, come pure nel corso dei viaggi apostolici in Armenia, Georgia e Azerbaigian, dove ho percepito la giusta aspirazione di quelle popolazioni a ricomporre i conflitti che da anni pregiudicano la concordia e la pace».
Senza contare le molteplici opere, religiosamente ispirate, che concorrono, talvolta anche con il sacrificio dei martiri, all’edificazione del bene comune, attraverso l’educazione e l’assistenza, soprattutto nelle regioni più disagiate e nei teatri di conflitto: «Tali opere – rivendica Papa Francesco – contribuiscono alla pace e danno testimonianza di come si possa concretamente vivere e lavorare insieme, pur appartenendo a popoli, culture e tradizioni differenti, ogniqualvolta si colloca al centro delle proprie attività la dignità della persona umana».
Inoltre, secondo il Papa, ogni autorità politica non deve limitarsi a garantire la sicurezza dei propri cittadini: «Ma è chiamata – esorta il Pontefice, stigmatizzando l’atteggiamento del “quieto vivere” – anche a farsi vera promotrice e operatrice di pace, che è una virtù attiva e richiede l’impegno e la collaborazione di ogni singola persona e dell’intero corpo sociale nel suo insieme. La pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente, tutelando il bene delle persone, rispettandone la dignità. Edificarla richiede anzitutto di rinunciare alla violenza nel rivendicare i propri diritti».
Per il Santo Padre, “la nonviolenza è uno stile politico, basato sul primato del diritto e della dignità di ogni persona, come si legge nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest’anno: «Edificare la pace – aggiunge Papa Bergoglio – esige anche che si eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre, a cominciare dalle ingiustizie, a partire dalla consapevolezza che esiste un intimo legame fra giustizia e pace, che implica anche il perdono, come ha affermato san Giovanni Paolo II».
E proprio dal suo predecessore Papa Francesco si è ispirato, per rivolgere ai Capi di Stato o di Governo un nuovo invito a compiere un gesto di clemenza verso i carcerati: «A loro – conclude Bergoglio -, come pure a quanti si adoperano per creare condizioni di vita dignitose per i detenuti e favorire il loro reinserimento nella società, desidero esprimere la mia particolare riconoscenza e gratitudine».