“Svegliamoci! Solo l’amore supererà le divisioni e salverà il mondo”
"Se ci rinvigoriamo nella forza della carità e nella forza dell'amore e ci stringiamo intorno all'Eucaristia - sottolinea l'arcivescovo Valentinetti -, allora non è solo la partecipazione formale, non è solo la partecipazione devozionale, ma è la partecipazione essenziale alla vita di fede"
Questa sera alle 18, con la messa di ringraziamento e la riposizione della statua nella sua urna all’interno della Basilica di Pescara colli, si concluderà ufficialmente la festa della Madonna dei sette dolori, compatrona della città di Pescara. Un appuntamento che, liturgicamente, ha toccato il suo culmine la scorsa domenica con la santa messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti – nella solennità del Corpus Domini – seguita dalla processione dell’effige mariana tra le vie del quartiere.
E proprio dall’essenza della Festa del Santissimo corpo e sangue di Cristo, il presule ha innestato la sua omelia: «In questi ultimi anni la Chiesa, sotto la guida di Papa Francesco – osserva il Papa -, non smette mai di ricordare a tutti noi, a noi fedeli, ai credenti, che siamo giunti ad un cambiamento d’epoca, e che ci siamo lo vediamo concretamente tutti i giorni, in cui abbiamo bisogno di una rievangelizzazione. Il punto fondamentale affinché questa evangelizzazione possa essere possibile, al di là delle parole, al di là dell’annuncio esplicito, che tutti quanti noi – io vescovo, i miei fratelli presbiteri, i laici impegnati, ma tutti i battezzati – dovremmo fare è stato, è e sarà il mistero che oggi stiamo celebrando, l’Eucarestia. Il corpo e il sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Perché? Perché l’Eucaristia fa la Chiesa. Se non c’è Eucaristia, non c’è la Chiesa. Provate a pensare se all’improvviso sparissero tutti i vescovi e tutti i sacerdoti, chi farebbe l’Eucaristia? Senza Eucaristia non c’è la Chiesa. L’eucarestia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia. Ma voi mi risponderete immediatamente, “Ma noi l’Eucaristia la facciamo tutte le domeniche!”. Qualcuno mi potrebbe dire che la fa tutti i giorni… È vero! Ma abbiamo la percezione, al di là della comunione sacramentale, abbiamo la percezione di che cosa comporta che la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa?».
Da qui la risposta dell’arcivescovo di Pescara-Penne: «Comporta una grande verità – spiega l’alto prelato – che, in questi ultimi tempi, è molto messa in discussione. E questa verità è l’amore, perché se c’è un elemento che l’Eucaristia porta con sé è l’amore. La pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato, quando Gesù spezza il pane e dà il vino, dice che quel pane e quel vino sono dati e versati per la moltitudine, cioè per tutti. Ma questo “per tutti”, significa che noi cristiani dobbiamo essere fermento d’amore. E io, ultimamente, mi sto ritrovando sempre più a dover richiamare tutti quanti, più che a rispettare, a rinvigorirci in questo cammino d’amore. Ci dobbiamo rinvigorire, prima di tutto noi sacerdoti tra di noi in questo vincolo d’amore. Se non ci rinvigoriamo vescovo, sacerdoti, religiosi, religiose, le suore che sono sempre di meno. Vi domandate perché sono sempre di meno?».
Da qui l’invito: «Forse è necessario – esorta monsignor Tommaso Valentinetti – che ci rimettiamo in un surplus d’amore, del volerci bene. Ma volervi bene anche voi, volerci bene e volervi bene. Quando qualche volta, come vescovo, mi capita questa necessità di dover accoppiare qualche parrocchia o affidare più parrocchie ad un solo parroco, sperimento una sorta di rifiuto, quasi di gelosia. “La parrocchia mia è la parrocchia mia, il prete mio è il prete mio”. Se non scendiamo da questo gradino e non ci rimettiamo insieme a camminare come popolo Santo di Dio, in quello che dice Papa Francesco in spirito di sinodalità – che non significa democrazia, ma avere il coraggio di pensare insieme sotto l’azione dello Spirito Santo – fratelli, non andremo da nessuna parte. In molte nazioni del Nord Europa il Vangelo già non c’è più. Sapete che qualche chiesa è stata venduta? Non vorrei che, prima o poi, tutto questo dovesse succedere anche a noi. Ma se ci rinvigoriamo nella forza della carità e nella forza dell’amore e ci stringiamo intorno all’Eucaristia, allora non è solo la partecipazione formale, non è solo la partecipazione devozionale, ma è la partecipazione essenziale alla vita di fede. Dice San Paolo che “chi siede a questa mensa, l’Eucaristia, indegnamente mangia e beve la propria condanna”. Ora, sempre abbiamo pensato che sedersi indegnamente significava aver infranto i dieci comandamenti. Ci sta, ma non basta. Se non viviamo la logica dell’amore, allora sediamo indegnamente a questa mensa, perché solo la logica dell’amore ci fa sedere indegnamente a questa mensa».
Partendo da questo presupposto, il presule ha richiamato tutti i credenti a riscoprire l’importanza dell’Eucaristia: «E allora, cari fratelli – ribadisce l’arcivescovo –, forse è il tempo in cui dobbiamo recuperare i segni del pane e del vino, che sono i segni della umanità di Gesù. Sapete quando è nata la cultura nell’antichità? Quando l’uomo ha scoperto il pane e il vino, ha macinato il grano, ha macinato l’uva, ha fatto il pane e il vino, ha scoperto la cultura. Gesù ha scelto il pane e il vino, perché sono i segni dell’umanità che è capace di donarsi. E Lui si dona fino in fondo. Si dona in quell’ultima cena e si dona sulla croce. E poi dice un’ultima parola che ho sempre cercato di capire bene. Dice che Lui non berrà più quel frutto della vite, fino a quando non lo berrà nuovo nel Regno che viene, “fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno di Dio”. Che vuol dire? Vuol dire che arriverà un giorno in cui questo amore, di cui sto parlando, farà fruttificare il Regno di Dio. E allora lo sposo, Gesù, tornerà e sposerà definitivamente la sposa, la Chiesa. E sarà festa, sarà festa eterna. Ma vogliamo entrare anche noi a questo banchetto? Vogliamo entrare anche noi a questa festa? Sì, spero di sì, spero che le moltitudini entrino a questa festa. Ma per farlo, dobbiamo annullare le divisioni, le fazioni, le competizioni, le invidie, le gelosie, le maldicenze, le guerre. Sì, so che sto dicendo una cosa difficile, specialmente in questo momento, ma sono in buona compagnia. Il Papa anche questa mattina (domenica) l’ha ricordato un’altra volta».
Quindi l’appello finale: «Se continueremo su questa strada – conclude l’arcivescovo Valentinetti -, non andremo da nessuna parte. Anzi, stiamo andando verso il peggio. Ma svegliamoci, perché realmente solo l’amore salverà il mondo. Le guerre non hanno mai risolto nessun problema, li hanno complicato i problemi, sempre, nella storia dell’umanità. Solo l’amore riesce a far superare le divisioni e le difficoltà. So che magari qualcuno di voi sta pensando, “Bravo l’arcivescovo, utopia”. Sì, può darsi, ma l’amore è sempre un’utopia. L’amore è sempre un’utopia, ma guai a noi se non viviamo all’ombra di qualche bella utopia, perché questa è speranza, questo è il futuro, questo è vita eterna. Amen».