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Casa famiglia Il samaritano: “Grazie per 25 anni di servizio da proseguire al meglio”

"Buon cammino di Avvento a tutti con questo spirito bello dentro - auspica l'arcivescovo Valentinetti -. Non lo spirito della paura, non lo spirito del timore, non lo spirito dell'angoscia, ma lo spirito dell'amore che ci farà contemplare poi, nel tempo di Natale, il bambino Gesù pieno di poesia e pieno di tenerezza, ma quella tenerezza possa essere la stessa tenerezza d'amore che si possa vivere all'interno del nostro cuore"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la santa messa nella struttura che, da 25 anni a Pescara, accoglie e cura i malati di Hiv/Aids

L'arcivescovo Valentinetti presiede la santa messa nella Casa famiglia Il samaritano

Ha tagliato il traguardo dei 25 anni di attività la Casa famiglia “Il samaritano”, che dal 1999 è gestita a Pescara dalla Caritas diocesana di Pescara-Penne ospitando e curando persone affette da Hiv/Aidsper volontà dell’allora direttore don Nicola Ielo il quale, a pochi giorni dal primo anniversario della sua scomparsaè stato ricordato ieri nella santa messa presieduta nella struttura dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti nella Giornata mondiale per la lotta all’Aids 2024: «Sicuramente – premette il presule – è stato un percorso abbastanza bello, per le tante persone che sono passate all’interno di questa casa, ma è stato anche un percorso faticoso in alcune circostanze. Ma vogliamo ringraziare il Signore per questo servizio che la fondazione Caritas svolge ormai da 25 anni e speriamo possa continuarlo nella maniera migliore possibile».

La messa nella biblioteca della casa famiglia

Nella successiva omelia, l’arcivescovo Valentinetti ha avviato la sua riflessione con un pensiero sulla domenica che ci ha fatto entrare nel tempo di Avvento: «Il periodo – ricorda l’arcivescovo di Pescara-Penne – in cui la Chiesa ci fa pensare a questo tempo ultimo. Infatti avete ascoltato (dalle letture) “Ci saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle e sulla terra angoscia di popoli in ansia per i fragori del mare e dei flutti”. Sarebbe molto semplice, molto facile fare delle immediate applicazioni così come molti fanno ultimamente, pensando una fine immediata dell’universo e del mondo. In realtà non è così. La pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 21,25-28.34-36) mutua il suo linguaggio da tutta una serie di letterature antiche che guardavano a questo mistero della creazione da una parte e al mistero della decreazione, perché così come c’è una creazione c’è una decreazione, ma nessuno sa come accadrà. Questo abbattersi del sole della luna e del mare era perché, in realtà, i popoli circonvicini al popolo ebraico e quindi a quello cristiano dei primi secoli del cristianesimo, adoravano le divinità della natura. Allora, l’unica divinità che bisognava adorare era Dio. Dunque, queste divinità false saranno abbattute, saranno distrutte. Ed ecco perché il linguaggio evangelico si svolge in questo modo. Ma la cosa che dobbiamo pensare è che la nostra vita, tutta la nostra vita, va incontro a una decreazione. Sapete qual è la prima decreazione che dovremo affrontare? La morte. Perché quella è una decreazione. Siamo stati creati per l’amore di mamma e papà, ma dopo la nostra vita ha un suo percorso, ha un suo cammino, ma arriva fino al momento in cui questa vita finisce, per tutti. E la decreazione corrisponde anche a dimensioni di sofferenza, di malattia, di fatica a vivere, così come molti di voi che sono qui in questa celebrazione hanno sperimentato e stanno sperimentando. È già una dimensione di decreazione, ma non per questo dobbiamo spaventarci. Non per questo dobbiamo avere paura, non per questo dobbiamo essere sconsolati, come se tutto fosse finito e tutto fosse distrutto. Perché la seconda parte del Vangelo ci ha detto una grande verità: “Voi che sapete che possono accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina. State attenti, siate vigilanti, siate pronti, ma la vostra liberazione è vicina”».

Una liberazione che si concretizzerà attraverso il compimento di gesti concreti: «La liberazione vicina – sottolinea l’arcivescovo – è quella dei credenti che ogni volta, nella vita di tutti i giorni, pongono gesti di risurrezione, pongono gesti di cura, pongono gesti di amore, pongono gesti di solidarietà, pongono gesti di fraternità. Questa è la nuova creazione, questa è quella creazione dei cieli nuovi e della terra nuova che noi aspettiamo. Non ancora pienamente compiuta, sicuramente, perché vediamo tanta cattiveria e tanto male intorno a noi. Pensate solo a cosa sta accadendo in Medio Oriente, a cosa sta accadendo in Russia, a cosa sta accadendo in tante altre parti del mondo. Ma sicuramente la nuova creazione è l’impegno del credente a tenere il capo sollevato, a non farsi abbattere dalle controversie, ma essere pronto sempre a dare una testimonianza d’amore per coloro che ne hanno bisogno. Perciò, buon cammino di Avvento a tutti con questo spirito bello dentro. Non lo spirito della paura, non lo spirito del timore, non lo spirito dell’angoscia, ma lo spirito dell’amore che ci farà contemplare poi, nel tempo di Natale, il bambino Gesù pieno di poesia e pieno di tenerezza, ma quella tenerezza possa essere la stessa tenerezza d’amore che si possa vivere all’interno del nostro cuore. Amen».

Quindi la preghiera dei fedeli, con il ricordo degli ospiti della Casa famiglia Il samaritano che, nel tempo, hanno perso la vita e di quanti ancora oggi vi trovano accoglienza e cura, grazie allo staff della Caritas diocesana. Quindi il presule ha rivolto una preghiera particolare in suffragio del fondatore della struttura: «Il 15 di questo mese – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti – sarà il primo anniversario della morte di don Nicola. Allora lo ricordiamo anche lui, perché lui è stato un po’ l’artefice di questa casa, mettendo in pratica una direttiva dell’allora ministro della Sanità Rosy Bindi che faceva un discorso di obiettivo, ponendo la casa per la cura dei malati portatori di questa patologia al centro della città e non alla periferia, ma nel cuore della città».

Tra l’altro, nel corso del canone, oltre al patrono di Pescara e della sua Arcidiocesi San Cetteo e al compatrono San Massimo, l’arcivescovo Valentinetti ha citato anche San Charles de Foucault: «Forse vi siete meravigliati – osserva l’arcivescovo di Pescara-Penne -, ma oggi (ieri per chi legge) è primo dicembre ed è la sua festa, dopo essere stato canonizzato da Papa Francesco. Ma chi è Saint Charles de Foucault? Era un militare francese che, nella sua vita, ne aveva fatte di cotte e di crude. Ma un giorno entra a Montmartre, a Parigi, e vede che c’è un prete che confessa e così spontaneamente si va a confessare e chiede al prete che cosa deve fare. E il prete gli dice “Si confessi”. Lui si confessa e, uscendo dal confessionale, fa questa affermazione: “Dal momento in cui ho capito che c’era un Dio – lui era ateo naturalmente -, non ho potuto fare a meno che vivere per Lui. Allora parte per il deserto dell’Algeria, dove aveva vissuto come soldato, e si dedica all’amore per i fratelli dell’Islam. Ecco perché l’ho citato. Perché i fratelli dell’Islam, in questi tempi, stanno vivendo e vivono situazioni di guerra, di opposizione. E San Charles de Foucault è morto martire. Non è stato un martirio cruento il suo, quanto piuttosto accidentale. Lui stava in un accampamento, ad a un certo punto c’è stata l’invasione dei Tuareg e un colpo di fucile sparato da un soldato francese lo ha ucciso. Perciò sembrerebbe una vita inutile la sua, ma è una vita che dà significato anche a questo rapporto che dobbiamo avere con questo mondo, che è sicuramente molto complicato».

Il murales per i 25 anni della Casa famiglia Il samaritano

Al termine della santa messa, sullo sfondo del nuovo murales realizzato dall’artista Pardino Biello in occasione del venticinquennale della struttura, è stato il direttore della Caritas diocesana a fare il punto della situazione sulla Casa famiglia “Il samaritano”, dopo questi suoi primi 25 anni di attività, che attualmente ospita dieci utenti affetti da Hiv/Aids i quali vengono accolti e accurati da altrettante persone tra medici, infermieri e operatori: «Sicuramente – afferma Corrado De Dominicisè una grande gioia quella di poter celebrare questo anniversario. Poi, come ha ricordato anche l’arcivescovo nel corso della messa, all’inizio dell’Avvento. Quindi un tempo di preparazione, ma anche un tempo per cogliere i segni quotidiani della presenza del Signore nella nostra vita, in modo particolare nella vita di questa casa che compie 25 anni».

“LA CASA FAMIGLIA VERSO L’ACCREDITAMENTO ASL DEFINITIVO PER UN’ACCOGLIENZA MIGLIORE”

Corrado De Dominicis, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne

Un traguardo, quest’ultimo, in realtà segnato da una ripartenza verso un nuovo obiettivo: «Dopo l’emissione del fabbisogno regionale emanato dalla Regione Abruzzo – annuncia De Dominicis -, ci prepariamo ad eseguire dei lavori di ristrutturazione per passare all’accreditamento. Quindi una fase nuova per questa opera segno, convenzionata con la Asl di Pescara, che andrà verso l’accreditamento definitivo come “servizio regionale” secondo il fabbisogno emanato dalla Regione. Così andiamo incontro alla prospettiva di una stabilità ancora più definita, dentro delle indicazioni più precise. Ciò garantirà a tante persone che ne dovessero necessitare, speriamo sempre meno, di essere accolte. Perché poi la cosa importante è il clima di familiarità che si vive in questo tipo di strutture, che garantisce a persone anche con prospettive di vita basse di avere quell’affetto, quella amicizia, quella cura, quell’attenzione oltre alla professionalità da parte del reparto di Malattie infettive dell’ospedale civile di Pescara, dell’infermiera e degli operatori socio-sanitari presenti in struttura – che consentono di avere delle prospettive più lunghe. Quindi, laddove si interrompono i legami familiari, c’è sicuramente l’aspetto della medicina che progredisce, che porta a una maggiore aspettativa di vita alle persone con Hiv/Aids, con le relazioni che vanno a corroborare l’aspetto sanitario».

Da qui l’auspicio per il futuro: «Che ci sia – rilancia Corrado De Dominicis – una maggiore consapevolezza rispetto a questo tema, perché purtroppo i dati (solo in Italia nel 2023 si sono registrare 2.349 nuove diagnosi di infezione da Hiv, pari a un’incidenza di 4 nuove diagnosi per 100 mila residenti – Fonte: Ministero della salute) dicono che sono ancora tanti i contagi nel mondo. Quindi c’è ancora bisogno di parlarne e di farlo in ottica preventiva, per far sì che queste strutture da un lato possano essere sempre meno necessarie per due aspetti. Prima di tutto perché avremo meno contagiati e poi, perché si vada definitivamente a far cadere quello stigma che porta le persone le quali si imbattono in questa malattia a essere escluse dalla società, ma soprattutto – a volte – dalle loro famiglie. Quindi bisogna abbattere il muro di pregiudizio che c’è. Con l’Aids si può convivere. Oggi è una malattia che, grazie alla scienza che ha sviluppato gli antiretrovirali e tutto quello che è necessario per la vita quotidiana, permette una vita serena e una vita inclusiva all’interno della società».

About Davide De Amicis (4555 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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