Speranza: “Seminiamola nelle desolazioni del nostro tempo”
"La speranza cristiana – puntualizza Bergoglio - non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film. È la promessa del Signore da accogliere qui e ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia. Ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia"

Oggi, con l’apertura della porta santa nella basilica romana di San Giovanni in Laterano il Giubileo 2025 “Pellegrini di speranza” verrà aperto anche in tutte le Chiese locali – tra cui quella di Pescara-Penne – divenendo universale come previsto dalla bolla di indizione “Spes non confundit”.
Risuonano, a tal proposito, le parole pronunciate da Papa Francesco nell’omelia della santa messa seguita all’apertura della porta santa della basilica di San Pietro, la notte di Natale: «Con l’apertura della Porta Santa – spiega il Papa – abbiamo dato inizio a un nuovo Giubileo. Ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia».
A questo punto il Papa ha sottolineato il valore e l’importanza della speranza, attraverso l’annuncio del Natale: «Un angelo del Signore, avvolto di luce – afferma il Pontefice -, illumina la notte e consegna ai pastori la buona notizia: “Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Tra lo stupore dei poveri e il canto degli angeli, il cielo si apre sulla terra: Dio si è fatto uno di noi per farci diventare come lui, è disceso in mezzo a noi per rialzarci e riportarci nell’abbraccio del Padre. Questa è la nostra speranza. Dio è l’Emmanuele, è Dio-con-noi. L’infinitamente grande si è fatto piccolo; la luce divina è brillata fra le tenebre del mondo; la gloria del cielo si è affacciata sulla terra, nella piccolezza di un Bambino. E se Dio viene, anche quando il nostro cuore somiglia a una povera mangiatoia, allora possiamo dire: la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre. La speranza non delude. Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c’è speranza anche per te!».
E per Papa Bergoglio la speranza è un dono, da accogliere seguendo un modello ben preciso: «Per accogliere questo dono – spiega Francesco -, siamo chiamati a metterci in cammino con lo stupore dei pastori di Betlemme. Il Vangelo dice che essi, ricevuto l’annuncio dell’angelo, “andarono, senza indugio”. Questa è l’indicazione per ritrovare la speranza perduta, rinnovarla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo: senza indugio. E ce ne sono tante desolazioni nel nostro tempo. Pensiamo alle guerre, ai bambini mitragliati, alle bombe sulle scuole e sugli ospedali». Da qui l’esortazione del Papa: «Non indugiare – esorta il Santo Padre -, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia. Senza indugio, andiamo a vedere il Signore che è nato per noi, con il cuore leggero e sveglio, pronto all’incontro, per essere capaci di tradurre la speranza nelle situazioni della nostra vita».
E la speranza è un atteggiamento da costruire attivamente: «La speranza cristiana – puntualizza Bergoglio – non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film. È la promessa del Signore da accogliere qui e ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia. Ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia. Impariamo dall’esempio dei pastori. La speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità e la nostra compassione. Forse ci farà bene domandarci: io ho compassione, so patire-con? Pensiamoci».
Poi la citazione del libro “un bravo prete”, di don Alessandro Pronzato, da cui il Pontefice ha estrapolato un’invocazione: «“Signore – cita il Papa -, Ti chiedo qualche tormento, qualche inquietudine, qualche rimorso. A Natale vorrei ritrovarmi insoddisfatto. Contento, ma anche insoddisfatto. Contento per quello che fai tu, insoddisfatto per le mie mancate risposte. Toglici, per favore, le nostre paci fasulle e metti dentro alla nostra ‘mangiatoia’, sempre troppo piena, una brancata di spine. Mettici nell’animo la voglia di qualcos’altro”. La speranza cristiana è proprio il “qualcos’altro” che ci chiede di muoverci “senza indugio”. Non stare fermi, non dimentichiamo che l’acqua ferma è la prima a corrompersi».
Nel finale dell’omelia, Papa Francesco ha indicato a tutti i credenti la direzione per ritrovare la speranza: “A noi discepoli del Signore – ricorda il Papa – è chiesto di ritrovare in Lui la nostra speranza più grande, per poi portarla senza ritardi, come pellegrini di luce nelle tenebre del mondo. Questo è il Giubileo, questo è il tempo della speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare. Lo diventi per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù. A noi, tutti, il dono e l’impegno di portare speranza dove è stata perduta. Dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza. Il Giubileo si apre perché a tutti sia donata la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono».
Quindi una citazione del cardinale Martini: «“E guardando al presepe – riprende il Pontefice -, alla tenerezza di Dio che si manifesta nel volto del Bambino Gesù ci chiediamo: c’è nel nostro cuore questa attesa? C’è nel nostro cuore questa speranza? Contemplando l’amabilità di Dio che vince le nostre diffidenze e le nostre paure, contempliamo anche la grandezza della speranza che ci attende. Che questa visione di speranza illumini il nostro cammino di ogni giorno. Sorella, fratello, in questa notte è per te che si apre la “porta santa” del cuore di Dio. Gesù, Dio-con-noi, nasce per te, per noi, per ogni uomo e ogni donna. E con Lui fiorisce la gioia, con Lui la vita cambia, con Lui la speranza non delude».