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Giubileo: “Un esercizio per ricomunicare la fede con la vita”

"La Chiesa - ricorda l'arcivescovo Valentinetti - vuole ripartorire tanti figli e tante figlie. Vuole essere pronta a spalancare ancora una volta attraverso il mistero della misericordia e della solidarietà le porte a tanti che forse sono lontani. Vuole spalancare il suo utero materno, perché possano essere rigenerati alla fede tanti fratelli e tante sorelle"

Lo ha affermato ieri sera l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la santa messa nella solennità di Maria Santissima madre di Dio nella parrocchia della Beata Vergine Maria Regina della pace a Pescara

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia della santa messa di Maria santissima madre di Dio

Come ogni anno anche ieri, primo gennaio 2025, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha presieduto la santa messa nella solennità di Maria Santissima Madre di Diononché Giornata mondiale della pace nella parrocchia della Beata Vergine Maria Regina della pace a Pescara. Una celebrazione eucaristica concelebrata dal parroco don Antonio D’Antonio e da don Giorgio Weghelin: «Rendimento di grazie al Signore per quanto abbiamo ricevuto nell’anno scorso – esordisce il presule aprendo la celebrazione – per la nostra vita, per la nostra famiglia. La preghiera perché questo anno sia per noi fonte di benedizione, ma sia anche fonte di pace, soprattutto per quelle nazioni che stanno vivendo momenti terribili di distruzione e di morte».

Quindi l’omelia, innescata dalla Parola di Dio, per riflettere innanzitutto sul valore della pace: «Benedetto sia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, perché ci ha benedetti con ogni benedizione dai cieli in Cristo – afferma l’arcivescovo Valentinetti -. Ci ha benedetti per l’anno che abbiamo trascorso, di cui rendiamo lode e ringraziamo, sia nel bene, sia nelle piccole e grandi difficoltà che la vita sempre riserva e, alla luce della pagina dei Numeri, chiediamo la benedizione per l’anno che si sta aprendo. “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Chiediamo questo dono per noi, il dono della pace. Si può vivere le grandi dimensioni della pace se si è nella pace, nell’interiore pace del cuore. Questa pace la chiediamo per noi, ma la chiediamo – anche alla luce del Magistero di Papa Francesco – per tutti i popoli della terra, in particolare per quelle nazioni che stanno vivendo momenti molto difficili e drammatici. Nel messaggio per la Giornata mondiale per la pace, Papa Francesco suggerisce che “finalmente tutto ciò che si spende in armamenti, possa essere devoluto per combattere la fame sulla terra”. Questa è la pace. Già San Paolo VI nella “Populorum progressio”, negli anni ‘60, diceva che “il grande nome dello sviluppo è la pace”. Se non c’è la pace, non c’è la possibilità dello sviluppo, non c’è la possibilità del benessere. E allora la nostra preghiera si fa intercessione potente e si fa impegno sociale, solidale. Perché non basta dire “voglio la pace”. Non basta dire “i popoli si mettano d’accordo nella concordia”. Così come ha detto il Presidente della Repubblica ieri sera (martedì sera nel tradizionale messaggio di fine anno, per chi legge), “la pace urla la sua necessità”. Ed è compito di tutti. È compito di una coscienza che chiede incessantemente ai potenti di questa terra che ci sia la vera pace».

Ma tutto questo, per l’arcivescovo di Pescara-Penne, è possibile solo una volta presa consapevolezza di una grande verità: «Una coscienza – sottolinea monsignor Valentinetti – che oggi è più che mai rinnovata da questa solennità, Maria Santissima Madre di Dio. Il bellissimo termine con cui i padri antichi l’avevano chiamata nella lingua greca, la “Theotókos”, Colei che è la madre della divinità, del Theos, Dio, madre di Dio. Perché il Figlio di Dio si è fatto carne nella sua persona. Ma in questo farsi carne nella sua persona, alla luce della lettera di San Paolo ai Galati, noi acquisiamo una figliolanza. Il Figlio è nato da donna, è nato sotto la legge, perché noi ricevessimo l’adozione a figli. Quindi in quel Figlio anche noi siamo figli. Siamo figli della Theotókos, della Madre che ha una verginità feconda, e siamo figli di Dio. Tutto questo grazie a quel sacramento che non ricordiamo nessuno di noi, che è il battesimo, che ci ha innestati sulla vita divina, sulla vita trinitaria. E grazie a tutto questo il nostro cuore continua a gridare “Abbà, Padre”. Ma siamo soli, siamo un po’ più soli di prima».

I fedeli nella parrocchia della Beata Vergine Maria Regina della pace

E proprio per questo la nostra figliolanza è da comunicare agli altri fratelli e sorelle: «L’altra sera (domenica 29 dicembre 2024) – ricorda l’arcivescovo -, aprendo il grande Giubileo nella nostra Cattedrale, ho usato un termine un po’ ardito. Ho detto che questo Giubileo, che ha le porte spalancate, è come dire che “l’utero materno” della Chiesa vuole tornare ad essere fecondo. , perché stiamo vivendo un po’ un tempo di sterilità. Sterilità di vocazioni, sterilità di presenze fruttuose alle Eucaristie domenicali, non piena coscienza della celebrazione dei sacramenti e dei divini misteri. Abbiamo tutti una grande responsabilità su questo. Io vescovo, i miei fratelli presbiteri, ma tutto il popolo santo di Dio. Perché la Chiesa vuole ripartorire tanti figli e tante figlie. Vuole essere pronta a spalancare ancora una volta attraverso il mistero della misericordia e della solidarietà le porte a tanti che forse sono lontani. Vuole spalancare il suo utero materno, perché possano essere rigenerati alla fede tanti fratelli e tante sorelle».

Ma affinché ciò avvenga, per monsignor Tommaso Valentinetti, è necessario produrre un cambiamento: «Occorre che come Chiesa, come comunità cristiana – esorta il presule -, cominciamo a pensare a diversi progetti pastorali. I progetti pastorali che abbiamo vissuto fino ad oggi ci hanno accompagnato ed erano cose buone, ma probabilmente non sono più adatti per questo cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. E allora ci conceda il Signore, attraverso l’intercessione di Maria, di riflettere attentamente a che cosa significa il Giubileo. Il Papa, stamattina (ieri mattina, per chi legge), l’ha detto ancora una volta. Non è semplicemente un esercizio di vita interiore o di vita spirituale. È un esercizio di solidarietà, è un esercizio di misericordia, è un esercizio di pace, è un esercizio di riconciliazione. Perché possiamo ricomunicare la fede a tanti fratelli e a tante sorelle non tanto se ci mettiamo l’etichetta “io sono cristiano”. Ma quanto con la vita marcare ancora una volta, l’ho già detto l’altra sera, la differenza cristiana. Ma questo si fa nella quotidianità, si fa nella semplicità delle azioni, si fa nella routine di tutti i giorni. È lì che si marca la differenza cristiana. Che il Signore ci conceda questa grazia, per l’intercessione della Madre celeste, e che possiamo camminare nella fede, nella grande speranza e soprattutto nella carità. Amen».

About Davide De Amicis (4573 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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