Unità dei cristiani: “Condividiamo i talenti alla ricerca del bene comune”
"Se vogliamo veramente cercare l'unità delle Chiese, l'unità della Chiesa - osserva monsignor Tommaso Valentinetti -, dobbiamo prima di tutto cercare l'unità interiore. Ognuno di noi deve ricercare la propria unità interiore e domandarsi “qual è il talento che il Signore mi ha dato?”, “qual è il dono dello Spirito che il Signore mi ha dato” e “quale talento e quale dono dello Spirito posso condividere spalancando le porte a tutto e a tutti?”, in modo tale che si edifichi finalmente questa casa comune"

Un invito affinché le Chiese cristiane spalanchino le porte, per condividere insieme i rispettivi doni e talenti da mettere a frutto in un cammino di rinnovata e rinvigorita evangelizzazione. Lo ha rivolto ieri sera l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, pronunciando l’omelia della veglia ecumenica – dal tema “Spalanchiamo tutti le nostre porte” – che si è tenuta nella Cattedrale di San Cetteo in apertura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio 2025) che cade nel millesettecentesimo anniversario della formulazione del Credo di Nicea (325 d.C.).
Alla veglia ecumenica ha partecipato anche Romeo Vlad, delegato del parroco della parrocchia ortodossa-rumena dei Santi Simeone il giusto e Anna profetessa di Pescara Padre Alin Iarca: «Inaugurando l’anno giubilare – ricorda il presule -, mi sono permesso di dire che la Chiesa aveva spalancato nuovamente il suo “utero”, con la porta santa che si apriva e con l’infinità di grazie che promanavano da questo gesto d’amore, che la Chiesa riservava a tutti i credenti in Cristo. La Chiesa ha aperto le porte ma, così come avete letto nel testo di questa veglia di preghiera, non è sufficiente che Santa Madre Chiesa apra le porte. Dobbiamo essere tutti quanti noi a spalancare le nostre porte. Chiederci innanzitutto quali sono le porte ancora chiuse, quali sono le situazioni e le realtà che non permettono che da una porta si possa entrare nell’altra, e dall’altra si possa tornare nella prima. Questo è vero sicuramente per le cosiddette Chiese separate, già mi dà un po’ di fastidio pensarle separate, ma per le altre Chiese. Abbiamo contemplato la storia, lo abbiamo detto all’inizio di questa veglia di preghiera, e forse contemplando la storia ci siamo resi conto dei tanti nostri peccati. Ma perché si possano spalancare le porte vicendevoli di chi non è dentro ancora pienamente la nostra casa, occorre che prima di tutto noi spalanchiamo le nostre porte, le porte del cuore, le porte dell’anima, le porte della mente. Se non discerniamo innanzitutto qual è il nostro carisma, qual è il dono che il Signore ci ha fatto, qual è il talento che il Signore ha riversato su di noi… Noi pensiamo di avere tutti i talenti o pensiamo che sia necessario solo qualche cosa dei doni che abbiamo ricevuto? Non è così».

E l’arcivescovo Valentinetti lo ha spiegato, facendo riferimento al brano della prima lettera ai Corinzi (12,1-11) letto poco prima: «Un testo – rileva l’alto prelato – che ci ha messo chiaramente nelle condizioni di capire che ognuno ha ricevuto un talento diverso e che siamo diversi. Non ci vuole una scienza esatta per poterlo capire. Che non tutte le parrocchie siano uguali, che non tutte le associazioni e i movimenti siano uguali, non ci vuole una scienza esatta per capirlo. E allora, rendendoci conto delle nostre diversità, scoprendo le nostre diversità, non in negativo, ma sapendo che sono un dono che ognuno ha ricevuto, che cosa ne vogliamo fare di questo dono? Lo vogliamo custodire in una scatola preziosa per contemplarlo all’infinito? O il dono che abbiamo ricevuto lo vogliamo mettere in comune? Ricordate la famosa parabola dei talenti… Dieci talenti, cinque talenti, un talento. Quel talento è finito sotterra. Ma forse tutte le volte che ci chiudiamo, tutte le volte che non spalanchiamo le nostre porte, non stiamo sotterrando il nostro talento? Eppure il talento, il dono dello Spirito, l’abbiamo ricevuto. Linguaggio di conoscenza, la fede, le guarigioni, i miracoli, la profezia, il discernimento degli spiriti, la varietà delle lingue sono tutti doni della Chiesa primitiva. Ma lo sforzo, anche necessario, in questo tempo è capire se questi doni sono uguali ancora oggi o se lo Spirito non ne stesse suscitando degli altri. Sempre da non andare a sotterrare, sempre da mettere in comune, sempre da avere la porta aperta perché qualcuno, dico una parola pesante, possa venirci a “rubare” il mio talento, il nostro talento. Volesse il cielo che finalmente ci rubassimo i talenti vicendevoli, perché avremmo capito che abbiamo bisogno gli uni degli altri, non in un furto sacrilego ma in una ricerca di un bene comune, in una ricerca di una Chiesa finalmente variegata nei suoi doni, nei suoi ministeri, nelle sue incombenze, nelle sue realtà e nelle sue dimensioni. Sempre in vista di una nuova evangelizzazione, sempre dentro questo cambiamento d’epoca che ci chiede ancora una volta di ripensare chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare».
E tutto questo per realizzare un unico, grande e fondamentale obiettivo: «Per incontrare il Risorto – spiega monsignor Tommaso Valentinetti -. Perché Lui è il fine ultimo della nostra capacità di spalancare le porte. Apriamo le nostre porte perché il Risorto possa entrare. La sera di Pasqua e otto giorni dopo, l’abbiamo ascoltato nella pagina del Vangelo (20,24-31), Gesù arriva in mezzo ai suoi discepoli a porte chiuse. Ma finalmente spalanca quelle porte. Le spalanca Lui e i discepoli lo seguono. Ce n’è uno che quella porta non la vuole spalancare e quando gli dicono “Abbiamo visto il Signore”, il suo cuore ha ancora la porta chiusa. “Se non metto il dito nei chiodi e la mano nel costato, non credo”. “Se non metto al sicuro i miei carismi, io non credo”. Questa è la storia. E invece Gesù appare e fa spalancare quell’ultima porta chiusa del cuore di Tommaso che proclama finalmente la sua fede: “Signore mio e Dio mio”. Vogliamo spalancare le porte del nostro cuore? Vogliamo spalancare le porte per comunicarci i doni che il Signore ci ha fatto? Dobbiamo avere il coraggio di andare al di là, di andare al di là per la ricerca del Risorto. Se non andiamo al di là, se rimaniamo ancora legati alle nostre piccole cosucce, ai nostri piccoli ordinamenti, alle nostre piccole situazioni, non andremo da nessuna parte. Oggi il mondo non ha bisogno di chiusure. Oggi il mondo ha bisogno di porte spalancate. L’evangelizzazione ha bisogno di porte spalancate. Non trinceriamoci dietro il “si è fatto sempre così”. Non trinceriamoci dietro “ma la mia parrocchia ha una storia”, “ma il mio movimento ha delle incombenze”. Non stiamo cercando il Risorto, stiamo cercando la nostra gloria. Tommaso voleva avere la sua gloria, voleva avere la sua soddisfazione, mettere la mano e le dita nelle piaghe gloriose del Cristo, ma quelle piaghe che provenivano dalla croce. E allora, carissimi fratelli, carissime sorelle, se vogliamo veramente cercare l’unità delle Chiese, l’unità della Chiesa, dobbiamo prima di tutto cercare l’unità interiore. Ognuno di noi deve ricercare la propria unità interiore e domandarsi “qual è il talento che il Signore mi ha dato?”, “qual è il dono dello Spirito che il Signore mi ha dato” e “quale talento e quale dono dello Spirito posso condividere spalancando le porte a tutto e a tutti?”, in modo tale che si edifichi finalmente questa casa comune».

Quindi l’auspicio e la preghiera finale: «Che lo Spirito Santo ci illumini – conclude l’arcivescovo di Pescara-Penne – e la Vergine Maria, la Madre dell’Unità, immagine e modello della Chiesa, ci prenda per mano per farci sentire la sua carezza e dolcezza materna e, guardandoci fissi negli occhi, ci possa far scoprire l’amore che Dio ha riversato nel nostro cuore. Amen».
Nella seconda parte della veglia ecumenica, un momento dal forte valore simbolico è stato lo scambio del segno della pace che monsignor Valentinetti ha voluto avere, invitando sull’altare i sacerdoti, nonché i rappresentanti delle parrocchie e delle associazioni o movimenti presenti.
Domani lunedì 20 gennaio alle 18.30, nel salone adiacente la chiesa dello Spirito Santo a Pescara, avrà luogo il secondo e ultimo appuntamento pescarese della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: la commemorazione del teologo valdese Paolo Ricca, moderata dall’arcivescovo Valentinetti, con gli interventi del teologo monsignor Giuseppe Lorizio e del teologo valdese Gianni Genre.
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