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Scout: “Realizzate una catechesi che coinvolga le famiglie oltre ai ragazzi”

"Voi - ricorda l'arcivescovo Valentinetti - non siete in una parrocchia per esercitare solo le vostre attività, anche se molto spesso si è alla ricerca di parrocchie che possono dare ospitalità, ma per avere uno sguardo largo su quella parrocchia. Uno sguardo di servizio che è ad intra, per quel che riguarda la realtà dell'associazione, ed è ad extra per quello che riguarda il contesto in cui vivete"

Lo ha affermato martedì 25 febbraio l’arcivescovo Valentinetti presiedendo, nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Montesilvano, una messa in occasione del Thinking day

L'arcivescovo Valentinetti pronuncia l'omelia

È stata celebrata martedì sera, nella parrocchia di Sant’Antonio di Padova a Montesilvano, il Thinking day: la Giornata del pensiero scout che, ogni anno, si celebra in coincidenza con l’anniversario della nascita del fondatore dello scoutismo sir Baden Powell, avvenuta il 22 febbraio 1857.

La concelebrazione eucaristica

Nell’occasione l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha presieduto una santa messa, concelebrata dal vicario generale don Amadeo José Rossi e da diversi assistenti parrocchiali, in presenza dei capi scout delle sigle Agesci, Federazione scout d’Europa (Fse), Cisc (Confederazione italiana dello scoutismo cristiano) e Masci (Movimento adulti scout cattolici italiani).

Nell’omelia, il presule ha ripreso dapprima le parole del Vangelo (Mc 9,30-37): «Sembrerebbero ritagliate apposta per voi questa sera – sottolinea l’arcivescovo -, perché i concetti che vengono fuori sono quelli della responsabilità come capo e voi, suppongo, la maggior parte qui in Chiesa siete capi di unità. Secondo elemento che viene fuori dal testo evangelico è il servizio, come bisogna servire. E il terzo elemento è l’attenzione ai piccoli. Il bambino che viene preso e messo in mezzo e “chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome accoglie me”. Ecco, questi sono i tre elementi che si addicono al vostro cammino associativo e che questa sera mi inducono a riflettere».

Gli scout presenti nella parrocchia di Sant’Antonio

Dunque la prima riflessione è stata sull’essere capo: «Significa assumere una responsabilità – spiega l’arcivescovo Valentinetti -. Avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande, ma assolutamente Gesù rovescia questa concezione. Quest’ultima sicuramente ci interpella, perché la tentazione di assunzione di responsabilità – in nome di un gruppo, in nome di una associazione – molte volte non fa vedere il contesto più grande, non fa vedere il contesto più allargato. Invece è dentro questo contesto allargato che tutti voi siete capi. Il contesto allargato è innanzitutto la comunità parrocchiale dove svolgete il vostro servizio, ma ancor di più è la comunità diocesana, è la Chiesa in quanto tale, ed è la società. Perché dentro questo contesto allargato siete catalizzatori di una responsabilità che vi ha posti, un po’ per scelta vostra – credo che chi assume la responsabilità di capo ha preso un brevetto e dunque ha fatto una scuola -, ma questa assunzione di responsabilità vi deve portare ad avere questo sguardo largo. Voi non siete in una parrocchia per esercitare solo le vostre attività, anche se molto spesso si è alla ricerca di parrocchie che possono dare ospitalità, ma per avere uno sguardo largo su quella parrocchia. Uno sguardo di servizio che è ad intra, per quel che riguarda la realtà dell’associazione, ed è ad extra per quello che riguarda il contesto in cui vivete».

Parrocchie che, in questo periodo, non vivono un buon momento: «Oggi abbiamo delle comunità parrocchiali che faticano – constata l’arcivescovo di Pescara-Penne -. Abbiamo una decrescita della frequenza alla vita parrocchiale, non solo alla vita domenicale. Allora la dimensione di capire quale può essere il salto di qualità che siamo chiamati tutti quanti insieme a fare, non voi da soli dentro l’associazione, ma voi dentro l’associazione, nella parrocchia e ancor di più nella realtà diocesana e nella realtà sociale. Perché viviamo in un territorio, viviamo in una città, viviamo in un contesto reale di necessità, di impegni dentro cui dobbiamo avere il coraggio di guardare. E non solo guardare, ma anche esprimere. Capisco che è complicato e capisco che molte volte le vostre associazioni sono indicate come quelle che maggiormente prendono posizione. Ma, se è necessario, prendiamola la posizione, ma facciamolo nel rispetto, sempre in una dimensione dialogica, sempre in una dimensione di servizio. Non in una dimensione di condanna, non in una dimensione di primeggiare sugli altri, ma dentro una storia concreta. È un’assunzione di responsabilità come capi che non primeggiano, ma servono. Sono a servizio di questi contesti dentro cui mi sto muovendo con molta trepidazione».

La consegna dei fazzolettoni scout nell’offertorio

Quindi una riflessione sui piccoli che vengono affidati al cammino scout: «Il bambino – osserva monsignor Tommaso Valentinetti -, ma anche l’adolescente e il giovane. Io rendo grazie al Signore perché, nella grande crisi associativa giovanile, voi avete mantenuto un po’ il fronte. Siete quelli che avete mantenuto maggiormente il fronte della presenza giovanile. Ma attenti, anche qui, ad un’accoglienza bella in un rispetto della crescita, perché “chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome accoglie me e chi accoglie me non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato”, ma anche con una proposta non solo umana, ma anche di fede molto chiara, molto precisa, che non è assolutamente una fede integralistica, che non è assolutamente una fede moralistica, ma è una fede biblica, è una fede liturgica dentro cui ci ritroviamo ad abbracciare questi fratellini e queste sorelline, che ci sono stati affidati e ci sono state affidate, o che spontaneamente vengono a noi, per farli camminare nella fede».

Da qui la sfida che l’arcivescovo Valentinetti ha lanciato ai capi scout: «Non è facile – ammette il presule -, però voi avete una carta bella da giocare. In alcuni processi di rinnovamento della catechesi stiamo andando verso delle sperimentazioni. Ecco, mi piacerebbe conoscere qualche sperimentazione di catechesi vissuta da voi, ma sperimentazione seria, dove il coinvolgimento è non solo del ragazzo, ma anche della famiglia, perché mettiamoci bene in mente che o sfondiamo questa porta dell’andare alla realtà familiare – perché possa passare un contenuto umano prima di tutto e poi di fede in seconda battuta – o sennò il nostro lavoro dopo un po’ svanisce. Questa è una realtà con cui dobbiamo fare i conti. Ma una sperimentazione custodita, pensata molto attentamente, con la collaborazione dei vostri assistenti, dei vostri parroci, in dimensione anche intraparrocchiale. Sto puntando molto in alto questa sera, mi rendo conto, ma devo farlo perché è il mio dovere di pastore indicarvi la strada. Chiaramente può essere molto di aiuto al cammino di fede di questi ragazzi che vi sono stati affidati».

La foto di gruppo finale

Infine la preghiera di affidamento: «Lo Spirito Santo ci illumini – conclude monsignor Valentinetti -, illumini me nello starvi vicino e nell’accompagnarvi, illumini i vostri assistenti – una rappresentanza è presente questa sera qui – illumini tutti quanti voi e ci raccomandiamo tantissimo veramente anche all’intercessione di Maria. Amen».

About Davide De Amicis (4631 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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