“Sparire perché rimanga Cristo”
"Anche oggi – aggiunge il Pontefice - non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto. Questo è il mondo che ci è affidato nel quale, come tante volte ci ha insegnato Papa Francesco, siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore"

È stata molto intensa e solenne la prima messa pro Ecclesia presieduta stamani da Papa Leone XIV nella Cappella Sistina, indossando la casula donata dall’allora cardinale arcivescovo de L’Aquila Giuseppe Petrocchi a Papa Francesco per la sua visita nel capoluogo abruzzese dell’agosto 2022, concelebrando con i cardinali che ieri pomeriggio l’hanno eletto.
Nell’omelia, il Papa ha contribuito a far conoscere l’idea alla base del suo Magistero: «Gesù – afferma il Pontefice – ci ha mostrato un modello di umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Questa la risposta di Pietro a Gesù, che è stata al centro dell’omelia: «Pietro – osserva il Santo Padre -, nella sua risposta, coglie entrambe queste realtà. Il dono di Dio e il cammino da percorrere per lasciarsene trasformare, dimensioni inscindibili della salvezza, affidate alla Chiesa perché le annunci per il bene del genere umano. Affidate a noi, da Lui scelti prima che ci formassimo nel grembo materno, rigenerati nell’acqua del battesimo e, al di là dei nostri limiti e senza nostro merito, condotti qui e di qui inviati, perché il Vangelo sia annunciato a ogni creatura. In particolare, Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, affida questo tesoro a me perché, con il Suo aiuto, ne sia fedele amministratore a favore di tutto il Corpo Mistico della Chiesa. Così che essa sia sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo. E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto attraverso la santità dei suoi membri, di quel “popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa”», come riporta la Prima Lettera di Pietro.
In seguito Leone XIV ha indagato il rapporto attuale che intercorre tra le donne e gli uomini di questo tempo e la fede in Cristo, partendo dalla domanda posta da quest’ultimo “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?: «Non è una questione banale – spiega il Papa -, anzi riguarda un aspetto importante del nostro ministero. La realtà in cui viviamo, con i suoi limiti e le sue potenzialità, le sue domande e le sue convinzioni».

Per Leone XIV sono due le possibili risposte a questa domanda: «C’è prima di tutto la risposta del mondo – approfondisce il Sommo Pontefice -, che considera Gesù una persona totalmente priva d’importanza, al massimo un personaggio curioso, che può suscitare meraviglia con il suo modo insolito di parlare e di agire. E così, quando la sua presenza diventerà fastidiosa per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiama, questo mondo non esiterà a respingerlo e a eliminarlo. L’altra possibile risposta alla domanda di Gesù è quella della gente comune, per cui il Nazareno non è un ciarlatano. È un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste, come altri grandi profeti della storia di Israele. Per questo lo seguono, almeno finché possono farlo senza troppi rischi e inconvenienti. Però lo considerano solo un uomo, e perciò, nel momento del pericolo, durante la Passione, anch’essi lo abbandonano e se ne vanno, delusi. Due atteggiamenti che incarnano idee che potremmo ritrovare facilmente – magari espresse con un linguaggio diverso, ma identiche nella sostanza – sulla bocca di molti uomini e donne del nostro tempo».
Da qui la denuncia del Papa: «Anche oggi – afferma Leone XIV – non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito. Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco».
Criticità dovute anche ad una secolarizzazione di fatto in atto nel mondo: «Anche oggi – aggiunge il Pontefice – non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto. Questo è il mondo che ci è affidato nel quale, come tante volte ci ha insegnato Papa Francesco, siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore. Perciò, anche per noi, è essenziale ripetere “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. È essenziale farlo prima di tutto nel nostro rapporto personale con Lui, nell’impegno di un quotidiano cammino di conversione. Ma poi anche, come Chiesa, vivendo insieme la nostra appartenenza al Signore e portandone a tutti la Buona Notizia», come riporta la Lumen Gentium.
Una Buona notizia da portare secondo uno stile preciso: «Sparire perché rimanga Cristo – auspica il Papa -, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo. Un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità. Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria, Madre della Chiesa. Dico questo prima di tutto per me, come Successore di Pietro, mentre inizio la mia missione di Vescovo della Chiesa che è in Roma, chiamata a presiedere nella carità la Chiesa universale, secondo la celebre espressione di sant’Ignazio di Antiochia. Egli, condotto in catene verso questa città, luogo del suo imminente sacrificio, scriveva ai cristiani che vi si trovavano: “Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo” (Lettera ai Romani, IV, 1). Si riferiva all’essere divorato dalle belve nel circo – e così avvenne –, ma le sue parole richiamano in senso più generale un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo. Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria, Madre della Chiesa».
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