Arruolare martiri sotto il segno della speranza
Restare nella speranza. Questo il tema della giornata dedicata alla preghiera e al digiuno in memoria dei missionari martiri che la Chiesa celebrerà domani. Un appuntamento annuale non rituale, se si pensa che lo scorso anno sono stati 23 gli operatori pastorali uccisi in vari Paesi del mondo. «Il tema della speranza – scrive don Gianni Cesena, direttore nazionale della Fondazione Missio – è stato rivisitato spesso nell’ultimo decennio con esplicito riferimento al nostro continente europeo: lo si è fatto per segnalare che la speranza sembra lasciare i nostri paesi e le nostre città, che i giovani rischiano sempre più di consegnarsi all’attimo fuggente privo di futuro, che le stesse comunità cristiane si ripiegano al loro interno senza annunciare più il futuro di Dio, che solo può illuminare il presente». «Arruolare i martiri sotto il segno della speranza – sottolinea invece don Cesena – è certamente un’impresa ardita: il martire è per definizione colui che vede interrotta in maniera brusca una parabola di vita, spesso un’esistenza densa di sapienza, di amore, di dono di sé. Il martire in ogni caso porta con sé uno scandalo, come una prova fatale che Dio propone a lui, ai suoi amici, alla comunità che assiste attonita alla sua eliminazione. Se è un missionario pare che la missione stessa si blocchi».
Anche la diocesi di Pescara si è attivata per l’annuale appuntamento con una veglia di preghiera organizzata dall’ufficio missionario nella parrocchia di San Gabriele Arcangelo in Collecorvino stazione (Pe), alle 20.30 di giovedì 24 marzo.
«Ogni anno – spiega don Tonino Di Tommaso, direttore dell’Ufficio missionario di Pescara – cerchiamo di essere in una comunità diversa del territorio diocesano, sarebbe bello, però, che sia nelle parrocchie che negli istituti religiosi si potessero ricordare i martiri missionari. Il pensiero che ci sono fratelli sparsi nel mondo che espongono alla morte la loro vita per la fedeltà del Vangelo, può risvegliare in tutti lo zelo missionario e il coraggio per affrontare le inevitabili difficoltà nella nostra testimonianza».