Alcoa: quando non ci si sente ascoltati
Anche la Chiesa di Sardegna si affianca agli operai dell’Alcoa, da ieri a Roma tra proteste e speranze di chiarezza, non senza tensioni. A parlare è monsignor Ignazio Sanna. «La prima parola che si deve dire – afferma l’arcivescovo di Oristano – è indubbiamente quella della solidarietà perché sappiamo quanto sia importante il lavoro per una persona, per una famiglia. Il lavoro è identitario e se si perde il lavoro in qualche modo si perde la propria identità. Quindi solidarietà e comprensione per tutte queste persone che vedono tantissima incertezza nel loro futuro e la Chiesa che è sempre dalla parte dell’uomo, non può chiudere gli occhi davanti a questa realtà. Indubbiamente dobbiamo essere anche realisti».
La Sardegna torna sulle prime pagine dopo aver occupato le attenzioni dei media anche nel mese di agosto, quando i minatori della Carbosulcis si erano calati nei pozzi di Nuraxi Figus, a -373. «La Sardegna ha bisogno di una economia che dia lavoro – continua il presule – soprattutto ai giovani. Se vale quello che si dice a livello nazionale, che ai giovani si sta rubando il futuro, questo penso che sia particolarmente vero per i giovani della Sardegna. Un’altissima percentuale sono senza lavoro. Il che significa che se mancano queste forze che possono creare futuro e speranza, effettivamente non c’è prospettiva per la Sardegna. Abbiamo allora bisogno che si ritorni a produrre, ad avere la tranquillità e la serenità che dia alla gente la possibilità di vivere rispettando i propri sentimenti, i propri affetti e non avendo la preoccupazione del domani. Senza lavoro è un modo disumano di vivere».
I toni della protesta hanno raggiunto picchi di nervosismo e inquietudine, diversi i feriti, si rischia di «passare dalla parte del torto. Quando c’è esasperazione, non c’è più razionalità». L’arcivescovo, però, capisce bene che l’agitazione è dovuta alla mancanza di ascolto da parte del Governo: «le ragioni che si portano avanti sono più che valide – aggiunge Sanna – quindi occorre che ci sia una volontà politica chiara di ascoltare ma di ascoltare anche per trovare delle soluzioni, perché sarebbe troppo facile dire: non possiamo fare nulla, questo tipo di impresa non rende più o questo tipo di sviluppo non è più valido. Occorre invece andare avanti e dare realmente delle ragioni chiare di speranza a questa gente perché le forme di esasperazione sono altissime».