“Essere cristiano significa appartenere alla Chiesa”
«Essere cristiano significa appartenere alla Chiesa». Lo ha affermato, a più riprese, nella catechesi dell’udienza generale di ieri – in video-collegamento con l’Aula Paolo VI, dove prima di arrivare in piazza San Pietro gremita da 33 mila fedeli Francesco aveva salutato gli ammalati e i disabili – il Papa, che ha ripetuto ai fedeli nella seconda catechesi dedicata alla Chiesa, come fosse un promemoria: «Se il nome è “sono cristiano”, il cognome è “appartengo alla Chiesa”. Non cediamo mai alla tentazione di poter fare a meno degli altri, a poter fare a meno della Chiesa, alla tentazione di poterci salvare da soli, di essere cristiani da laboratorio, in quanto non si può amare Dio senza amare i fratelli, non si può amare Dio fuori della Chiesa, non si può essere in comunione con Dio senza essere in comunione con la Chiesa. Non possiamo essere buoni cristiani, se non insieme a tutti coloro che cercano di seguire Gesù, come un unico popolo».
A questo punto, il Santo Padre ha tracciato l’identikit della comunità ecclesiale: «La Chiesa – spiega il Pontefice – è una grande famiglia, nella quale si viene accolti e s’impara a vivere da credenti e da discepoli del Signore Gesù. Questo è la Chiesa. Si diventa cristiani insieme ad altre persone: nella Chiesa non esiste il fai-da-te, non esistono battitori liberi. Quante volte Benedetto – ricorda riferendosi al suo predecessore – ha descritto la Chiesa come un “noi”. Quante volte, invece, sentiamo dire: “Io credo in Dio ma la Chiesa non mi interessa”. E questo non va!».
Con questa esclamazione, il Papa ha voluto mettere tutti in guardia da tentazioni pericolose, dannose: «Sono – osserva Papa Francesco – “dicotomie assurde”, come diceva il grande Paolo VI. Certo, vivere e testimoniare insieme la fede è impegnativo, può diventare faticoso, ma il Signore ha affidato il suo messaggio di salvezza a delle persone umane, a tutti noi». Questa, tra l’altro, è stata una premessa per sottolineare poi che: «Nessuno – evidenzia il Papa – diventa cristiano da sé».
Con questo ammonimento il Pontefice, trattando il tema dell’appartenenza alla Chiesa, ha affermato: «Non si fanno – ammonisce il Santo Padre – cristiani in laboratorio. Il cristiano è parte di un popolo che viene da lontano, appartiene a un popolo che si chiama Chiesa, e questa relazione di Dio con il suo popolo ci precede tutti. Se noi crediamo, è perché altri prima di noi hanno ricevuto la fede e ce l’anno trasmessa: la fede l’abbiamo ricevuta dai nostri padri, dai nostri antenati. Quanti volti cari ci passano davanti agli occhi in questo momento – aggiunge il Papa, citando il volto dei nostri nonni, o di altri familiari che ci hanno insegnato la fede, ma anche del parroco, del prete, del catechista -. Io ricordo sempre il volto della suora che mi ha insegnato il catechismo: la ricordo sempre e ringrazio Dio per questa suora. Noi non siamo isolati, non siamo cristiani a titolo individuale: la nostra identità è appartenenza, siamo cristiani perché noi apparteniamo alla Chiesa».
Un’appartenenza che è espressa anche nel nome che Dio attribuisce a sé stesso, rispondendo a Mosè nell’episodio stupendo del Roveto ardente: «Lì – riflette Papa Bergoglio – Dio si definisce il Dio dei padri, il Dio che ha stretto un’alleanza con i nostri padri, e rimane sempre fedele al suo patto».
Infine, Papa Francesco ha rivolto un triplice saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, in conclusione dell’udienza generale del mercoledì con i fedeli, tornando sul significato della recente festa del Corpus Domini: «Cari giovani – conclude il Papa -, trovate sempre nell’Eucaristia il nutrimento della vostra vita spirituale. Voi, cari malati che siete collegati dall’Aula Paolo VI, offrite la vostra sofferenza e la vostra preghiera al Signore, perché continui a estendere il suo amore nel cuore degli uomini. E voi, cari sposi novelli, accostatevi all’Eucaristia con fede rinnovata, perché nutriti di Cristo siate famiglie animate da concreta testimonianza di vita». Quella di ieri, comunque, è stata l’ultima delle udienze generali del mercoledì, prima della pausa estiva, che riprenderanno in agosto.
Siamo tutti inseriti nel Corpo Mistico della Chiesa, di cui Cristo è il capo (Ef 1, 22-23; Col 1, 18), come membra vive in virtù del battesimo; senza di Lui siamo tralci secchi destinati al fuoco (Gv 15, 1-8). Sta a noi divenire meritevoli della vita eterna, nella consapevolezza dell’unità fra Chiesa militante, purgante e trionfante, e del prezzo di sangue versato per noi da Colui che, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso assumendo la condizione di servo (Fil 2,6-7).
Certo, lo studio della Parola di Dio è importante, perché “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4). Ma secoli di tradizione cattolica ci insegnano che la libera interpretazione individuale della Scrittura, non sorretta dalla gerarchia, sovente approda all’eresia o allo scisma.
….”io credo in Dio ma la Chiesa non mi interessa”…..è una triste realtà…….
Sarebbe utile evidenziare le ragioni per cui “molti” ragionano in questi termini…..
Certo, cristiani “non si nasce”….ma “si diventa” per decisione personale…..ovviamente lo studio della Parola di Dio gioca un ruolo importante….diversamente dalla tradizione…