“Politiche migratorie europee mettono a rischio la vita”
«Nella loro determinazione a isolare le proprie frontiere, l’Unione europea e i suoi Stati membri stanno mettendo a rischio la vita e i diritti dei rifugiati e dei migranti». Lo ha sottolineato Amnesty International in un nuovo rapporto pubblicato ieri, dal titolo “Il costo umano della Fortezza Europa: le violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti e dei rifugiati alle frontiere d’Europa”, che mostra come le politiche in materia d’immigrazione dell’Ue e le prassi di controllo delle frontiere impediscano ai rifugiati di accedere all’asilo nell’Ue e mettono a rischio le loro vite nel corso di viaggi sempre più pericolosi: «L’efficacia delle misure europee – spiega John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International – per arginare il flusso di immigrati irregolari e rifugiati è, nella migliore delle ipotesi, discutibile. Nel frattempo, il costo in vite umane e sofferenza è incalcolabile e viene pagato da alcune delle persone più vulnerabili del mondo».
L’Europa finanzia la propria politica in materia d’immigrazione con qualcosa come miliardi di euro. Milioni di euro vengono spesi ogni anno dagli Stati membri per recinzioni, sistemi di sorveglianza sofisticati e pattugliamento delle loro frontiere. L’Unione Europea e gli Stati membri stanno inoltre finanziando e cooperando con i Paesi vicini, come Turchia, Marocco e Libia, per creare una zona cuscinetto intorno all’Europa, nel tentativo di fermare migranti e rifugiati prima ancora che raggiungano i suoi confini. Inoltre, rifugiati e migranti che riescono comunque ad arrivare alle frontiere, rischiano di essere subito respinti indietro attraverso queste.
Amnesty, infatti, ha documentato respingimenti dagli agenti di frontiera in Bulgaria e, in particolare, in Grecia, dove la pratica è diffusa: «Secondo l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite – precisa John Dalhuisen – ci sono più persone sfollate oggi che in qualsiasi momento dopo la fine della seconda guerra mondiale. Incredibilmente, la risposta dell’Ue a questa crisi umanitaria è stata quella di aggravare la situazione».
Del resto, ogni anno centinaia di persone muoiono nel tentativo di raggiungere le sponde dell’Europa: «La responsabilità per la morte di coloro che cercano di raggiungere l’Unione Europea – conclude il direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International, per il quale gli Stati membri dell’Unione europea devono, finalmente, cominciare a mettere le persone prima delle frontiere – è una responsabilità collettiva. Altri Stati membri europei possono e devono seguire l’esempio dell’Italia e impedire alla gente di annegare in mare rafforzando gli sforzi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e nell’Egeo».
La tragedia che abbiamo sotto gli occhi è anche frutto della “esportazione della democrazia” in Iraq, Siria, Libia, delle “primavere arabe” in Egitto, Tunisia, Algeria e altrove… Chi ha finanziato queste rivoluzioni e proteste? Chi trae guadagni colossali sulla pelle dei popoli africani e musulmani? Chi intende applicare il Piano Kalergi e rendere forzatamente l’Europa un continente multietnico e privo di identità propria? I colpevoli dei morti in mare e non solo vanno cercati nella City e a Wall Street… non solo nelle politiche elaborate a Bruxelles e a Strasburgo…