Volontariato per i profughi: “Un segnale di distensione per i territori”
"I profughi in accoglienza - rivela Oliviero Forti - stanno intere giornate inattivi, in attesa della procedura di richiesta asilo. Sono loro stessi a chiederci di rendersi utili. La circolare del Ministero dell‘interno permette solo a chi vuole, su base volontaria, di prestarsi per opere di volontariato, come accade in altri Paesi"

«È un bel segnale di distensione da dare ai territori». È favorevole alla proposta di impiegare i profughi richiedenti asilo in lavori socialmente utili Oliviero Forti, responsabile dell‘ufficio immigrazione di Caritas italiana, precisando all’agenzia di stampa Sir che non si tratterebbe tecnicamente di lavoro ma di volontariato: «Ciò che invece – precisa Forti – ha creato un po’ di chiacchiere e di equivoci è il termine: “facciamoli lavorare”».
La proposta di giovedì del ministro dell‘interno Angelino Alfano si rifà, in realtà, ad una circolare del 27 novembre scorso inviata dal Viminale a tutte le prefetture, che invitava a superare l’inattività dei migranti nelle strutture di accoglienza tramite protocolli d’intesa con gli enti gestori per attività di volontariato di pubblica utilità, anche per favorire maggiori prospettive di integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, scongiurando un clima di contrapposizioni nei loro confronti.
La circolare era stata frutto di una esperienza della Caritas di Bergamo che aveva funzionato bene: «I profughi in accoglienza – rivela il responsabile dell’Ufficio immigrazione di Caritas Italiana – stanno intere giornate inattivi, in attesa della procedura di richiesta asilo. Sono loro stessi a chiederci di rendersi utili. La circolare del Ministero dell‘interno permette solo a chi vuole, su base volontaria, di prestarsi per opere di volontariato, come accade in altri Paesi e come accaduto in passato quando c’è stata l’emergenza neve a Bergamo».
Nelle strutture di accoglienza in Belgio, ad esempio, c’è un sistema di riattivazione delle persone, con una lista dei possibili lavori. Gli ospiti si rendono disponibili in cambio di un piccolo contributo: «In questo caso – sottolinea Oliviero Forti -, non avrebbe per noi nessun costo aggiuntivo: la Caritas o un altro ente fanno un accordo con l’ente locale per far lavorare gli immigrati, su base volontaria, con una assicurazione. È un vantaggio per tutti».
A suo dire, dunque, ci sarebbe molta disponibilità da parte degli ospiti: «Da un lato – il dirigente Caritas – serve a valorizzare il tempo che perderebbero poi a calmierare le situazioni di eventuale conflitto interno, perché dopo mesi senza fare niente si creano tensioni. In più hanno un alto valore sociale, perché molti di loro vogliono ripagare la generosità con cui si sentono accolti. Dobbiamo solo permettere loro di farlo».
Caritas italiana, tra l’altro, tempo fa aveva anche paventato l‘ipotesi di forme di autogestione interna, anche se non complete: «Tante attività – aggiunge il responsabile dell’Ufficio Immigrazione di Caritas Italiana – che adesso vengono appaltate all‘esterno, potrebbero farle gli ospiti. Non possiamo accoglierli e considerarli dei bambini incapaci: sia perché non lo sono, sia perché è ingiusto moralmente».
Favorevole al lavoro volontario anche la Fondazione Migrantes: «La circolare – osserva il direttore, monsignor Giancarlo Perego – può diventare una buona prassi e cambiare la normativa».
La stessa Fondazione Migrantes ha poi definito deludente il continuo atteggiamento di chiusura di alcune regioni verso l’accoglienza dei richiedenti asilo: «Che nasce – denuncia la Fondazione – da motivi elettorali in corso, da una confusione tra migrazione economica e migrazione forzata, dalla dimenticanza di una tradizione storica di accoglienza di profughi e rifugiati anche delle stesse Regioni».